Tracce di diserbante scoperte nelle urine di donne in gravidanza che non vivono in zone agricole. Il glifosato può essere cancerogeno ed è presente nei cibi più comuni.La nuova inchiesta de Il Salvagente raccontata dal direttore del mensile

Nessuno è al sicuro. Questo è il titolo che abbiamo scelto per il Salvagente in edicola questo mese per un’inchiesta destinata a far rumore. Partiamo per una volta dalle conclusioni. Non serve vivere vicino ai campi transgenici degli Stati Uniti, respirare le nubi tossiche di pesticidi sparse dagli aerei dei fazederos brasiliani o dei latifundistas argentini. Il glifosato, l’erbicida più utilizzato nella storia dell’umanità è più vicino di quanto tutti noi possiamo pensare e per questo nessuno può sentirsi escluso o al sicuro. Non lo sono, purtroppo, neppure le donne in gravidanza. Neppure se vivono in una grande città italiana – Roma – e non certo in una zona agricola del nostro Paese.
È questa la conclusione delle analisi condotte da Il Salvagente su 14 donne incinte che volontariamente si sono sottoposte allo screening. Tutte, con il prezioso aiuto dell’associazione A Sud, sono state coinvolte nella nostra ricerca e ci hanno consegnato un campione delle loro urine che abbiamo spedito in Germania per le analisi del caso.
Le conclusioni sono sconcertanti: le 14 gestanti sono risultate immancabilmente positive alla ricerca di glifosato nelle loro urine. Tutte, insomma, ne avevano tracce nell’organismo, con quantitativi che vanno da 0,43 nanogrammi per millilitro di urina fino a 3,48 nanogrammi. Tanti? Pochi?
Patrizia Gentilini per una vita oncologa ed ematologa in prima linea in ospedale e ora nel Comitato scientifico di Medici per l’Ambiente-Isde Italia, è categorica: «Non dovrebbe esserci, per nulla, neppure in tracce». L’oncologa spiega: «Non c’è da stare tranquilli, ma non c’è da stupirsi: recentemente è stata pubblicata una indagine di biomonitoraggio condotta in Danimarca su 143 madri e 116 bambini in età scolare. In un sottogruppo di 27 soggetti è stato dosato anche il glifosato ed è stato ritrovato in tutti i 27 campioni con una concentrazione media di 1 ng/ml. I dati delle gestanti di Roma andranno valutati e commentati anche alla luce della scheda anamnestica che è stata raccolta per ogni caso, e se andassimo a cercare anche nel cordone ombelicale certamente lo troveremmo anche lì, ma il messaggio che già ne scaturisce è chiaro e lampante: le sostanze tossiche sono dentro i nostri corpi e passano dalla madre al feto, potendo condizionare non solo la salute nell’età infantile ma anche nell’età adulta, tanto che si parla ormai di una “origine fetale delle malattie dell’adulto”».
Ma da dove arriva l’erbicida che abbiamo trovato negli organismi delle donne incinte romane?
La risposta, purtroppo, è allo stesso tempo semplice e inquietante: da ciò che portiamo in tavola. E, anche in questo caso, nessuno può ritenersi al sicuro. Lo avevamo ipotizzato già un anno fa, quando decidemmo di portare in laboratorio biscotti, corn flakes, fette biscottate, farine e pasta. Trovando spesso questa presenza sgradita nei prodotti finiti di grandi marchi del “Made in Italy”. E lo hanno testimoniato analoghe ricerche indipendenti in tutto il mondo rintracciando la molecola in miele, birra, prodotti per la prima infanzia, perfino garze sterili, tamponi e salvaslip. Una “roulette russa” a cui è difficile sottrarsi, anche quando si è convinti di curare con estrema attenzione l’alimentazione. Un pericolo reale, almeno secondo una parte importante della comunità scientifica, da anni impegnata a denunciarne gli effetti sulla salute.
A pesare, come un macigno, c’è la conclusione a cui è arrivato nel marzo del 2015 lo studio più esteso mai realizzato al mondo, quello dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Oms. La Iarc, al termine di una ricerca condotta da 17 esperti, ha definito il glifosato «probabile cancerogeno per l’uomo», classificandolo in classe 2A in compagnia di sostanze come bitume, acrilammide, anabolizzanti.
Purtroppo non è tutto…

L’editoriale è tratto dal numero di Left in edicola

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