“Ma come si fa”
“Non merita di avere figli”
“Basta buonismo…un bimbo di 16 mesi che aveva tutto il diritto di vivere la propria vita non c’è più…Questa povera creatura chissà quanto avrà pianto prima di spegnersi piano piano…chissà quanto ha sofferto…non esiste dimenticarsi il proprio figlio in macchina…in questi casi dico solo una cosa: ERGASTOLO!!!”
“Chi si dovrebbe vergognare e l’assassina in prima persona. Non meritava di essere madre”
“Era talmente persa tra le sue cose che la bimba era l’ultimo suo pensiero”
“Nessuno vi prega di mettere figli al mondo se poi non riuscite ad occuparvene”
“La (scritto così, senza “h” nda) voluto lei secondo me se aveva un appuntamento dal parrucchiere non se lo dimenticava”
E qualcuno commenta: “brava, l’ho pensato anch’io, magari parlava al telefono”
“Sì magari la signora non si distraeva se non era a bere un caffè con il collega”
Sono solo alcuni dei commenti che sono piovuti dal “tribunale dell’uomo qualunque su facebook” su Ilaria Naldini, la madre che ad Arezzo ha perso la figlia piccola soffocata nella sua auto lasciata sotto al sole. Il tribunale del popolo ha vomitato i suoi insulti: gente che prima di andare a dormire, dopo una giornata di lavoro ha pensato bene di utilizzare un lutto e un dolore come anti stress alla propria giornata. Hanno messo a letto i loro di figli, dato il bacio della buonanotte alla moglie e poi hanno pensato di passare per un secondo sul cadavere di una bambina e sulla ferita di una madre per sputare un po’ di veleno prima di spegnere tutto e mettersi a dormire.
Una dose giornaliera di rabbia e sangue nel moderno Colosseo dei social dove nessuno ti chiede il conto del giudizio di pancia (o anche un po’ più giù) sparato a palle incatenate. A posto così: anche oggi la dose quotidiana di rabbia è stata ingerita. E migliaia di persone continuano a credere che sia un buon sciroppo contro le proprie piccole o grandi disperazioni quotidiane.
Prima era Riina, oggi è “la madre sbadata” e domani ci sarà sempre qualcuno contro cui scagliarsi.
Buon venerdì.