La risposta all'appello di Anna Falcone e Tomaso Montanari. «Io non escludo nessuno ma dei paletti programmatici ci vogliono, altrimenti gli italiani pensano ad un’accozzaglia», dice il leader di Mdp

Onorevole Bersani è uscito l’appello “Un’alleanza popolare per la democrazia e l’uguaglianza” firmato da Anna Falcone e Tomaso Montanari. È rivolto a tutti i movimenti, partiti, semplici cittadini. Dall’altra parte c’è Campo progressista di Giuliano Pisapia in cantiere il 1 luglio. In questa situazione oggi si sente più che mai l’esigenza di una sinistra unita. Lei che ne pensa?
L’esigenza per me è quella di una sinistra di governo. Una sinistra che non si ponga il problema di portare i suoi valori dal cielo alla terra a me non interessa. Benissimo quindi l’unità della sinistra purché si abbia la capacità di inserire questa esigenza in un contesto ampio e aperto.
Che cosa significa in concreto?
Io penso, dati storici alla mano, che in Italia una sinistra di governo possa esprimersi solo nelle forme di un centrosinistra plurale dove si può trovare una sintesi dei temi classici della sinistra. Cioè: l’uguaglianza, la dignità del lavoro, il tema dell’ambiente, il civismo, le sensibilità solidali di origine laica e religiosa. Insomma, questa è la forma in cui può esprimersi una sinistra di governo. Se non c’è tutto questo, vincono sempre gli altri. E visto che per particolari ragioni storiche noi siamo un Paese molto segnato dall’individualismo e dalla scarsa fiducia nella dimensione dello Stato, naturaliter, prevale la destra. La sinistra quindi per vincere deve fare la fatica di comporsi, di federarsi. Del resto, l’unica volta che la sinistra ha vinto è stata così.
Ma scusi Bersani lei pensa che ai promotori dell’appello non vada bene quello che lei ha appena detto?
Non lo so… ma vedo che si sottovaluta questo tema. Ma quando dico federiamoci, sia chiaro che non escludo nessuno, anche se bisogna mettere qualche paletto concettuale e programmatico in modo che gli italiani capiscano. Altrimenti una federazione o un’alleanza che sia, può sembrare un’accozzaglia e non va bene. Allora, al di là del fatto che è facile condividere i principi di equità e i contenuti di quell’appello, bisogna pensare anche ad altro. Primo punto, l’Europa: e qui voglio sapere se i federati di fronte a quello che ci si presenterà – tra l’effetto Trump e altri scenari internazionali – vorranno esserci oppure no? Io ci voglio essere. Secondo punto, il problema della crescita e del risanamento. A me non sta bene che il debito pubblico sia una questione degli altri, dell’Europa ecc. No, è una questione che riguarda i nostri figli.
E quindi bisogna intervenire, e come?
Come fece l’Ulivo: si deve riuscire a aumentare gli investimenti riducendo il debito e portandolo al 99 per cento. L’Italia è nei guai. C’è bisogno di rigore, serietà, priorità negli investimenti. Per tutto il resto, come la giustizia fiscale, non ci sono problemi nel trovarsi d’accordo, ma su questi punti bisogna superare il concetto di “sinistra desiderante”. E poi mi lasci dire un’altra cosa a proposito di quelli del Comitato del No al referendum di cui si parla nell’appello. Se trovo persone che sui temi sull’uguaglianza sono d’accordo con me e hanno votato Sì, a me vanno bene lo stesso, sia chiaro.



L’intervista a Pierluigi Bersani prosegue sul numero di Left in edicola
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Una laurea in Filosofia (indirizzo psico-pedagogico) a Siena e tanta gavetta nei quotidiani locali tra Toscana ed Emilia Romagna. A Rimini nel 1994 ho fondato insieme ad altri giovani colleghi un quotidiano in coooperativa, il Corriere Romagna che esiste ancora. E poi anni di corsi di scrittura giornalistica nelle scuole per la Provincia di Firenze (fino all'arrivo di Renzi…). A Left, che ho amato fin dall'inizio, ci sono dal 2009. Mi occupo di: scuola, welfare, diritti, ma anche di cultura.