Il matrimonio fra il segretario del Pd e leader di FI è cosa già fatta. È una boccata d’aria: «Aiuterà tanti adolescenti a vederci chiaro», dice Luciano Canfora. Il professore plaude anche allo sbarramento: «Così Fratoianni e Pisapia si rassegneranno a non avere il primato»

Pare che l’intesa tra Pd, Cinquestelle, Forza Italia e Lega sulla nuova legge elettorale alla tedesca sia raggiunta. Una riforma che, con il passare dei giorni, diventa sempre di più il terreno su cui tessere le trame di quella che ormai in Europa è nota come la politica delle grandi intese, dei grandi centri, delle larghe coalizioni. Al di là dei vari aggiustamenti tecnici prodotti dagli emendamenti il risultato è quello di annoiare e allontanare il cittadino medio che, sempre più stanco di una politica che si riduce a “inciuci di palazzo”, si allontana dall’agone politico perdendo di vista il nocciolo sostanziale della questione in ballo. E allora, per cercare di comprendere meglio e per non farsi confondere o addormentare dai continui ripensamenti, cambi di rotta, aggiustamenti di tiro, abbiamo raggiunto al telefono un esperto di precisione filologica e chiarezza espositiva: il professor Luciano Canfora.
«Prima di tutto bisogna vedere se è davvero il modello tedesco, cioè il proporzionale con lo sbarramento al 5 per cento» ci risponde subito il professore che, se davvero fosse così, si dichiara contento in parte, vista la sua ostinata simpatia per il sistema proporzionale contro le alchimie maggioritarie.
«Non ho mai accettato questo criterio assolutamente iniquo della “governabilità” – aggiunge – perché questo vuol dire in maniera elegante: “sono minoranza, ma fingo di essere maggioranza”, quindi un assurdo, la negazione del principio del suffragio universale.
Sulla questione dello sbarramento il classicista sfodera subito la lente da storico e filologo e va alle origini di un sistema che fu inventato nella Germania Federale raccontandoci:
Fu instaurato nel 1953, nelle prime elezioni fatte nel ’49 non c’era ancora. Fu inventato per mettere fuori dal Parlamento, e dopo poco addirittura fuori legge, il Partito comunista tedesco, piccolo partito della Germania Occidentale il cui Segretario si chiamava Max Reimann. La Corte suprema, l’equivalente della nostra Corte costituzionale, mise fuori legge il Partito l’anno successivo nel 1954 dicendo che era un partito anti tedesco, anti patriottico, eversivo, i cui principi erano in contrasto con la costituzione. Allora “sbarramento” fu giustificato ipocritamente con la motivazione “non possiamo fare come nella Repubblica di Weimar dove la frantumazione dei partiti creò le premesse del nazismo!”. Ma era un’idiozia perché a Weimar i partiti in tutto erano 5-6 mica 35 o quanti sono i nostri oggi!
Dunque in origine era tutt’altro che democratica la motivazione dello sbarramento?
Non c’è una motivazione né logica, né politica dello sbarramento perché bisognerebbe dire che se un partito non supera una certa soglia quegli elettori non esistono, sono delle non-persone e non possono avere rappresentanza in Parlamento. Questa cosa non sta in piedi sul piano logico e, sul piano politico, è una sopraffazione. Siccome la lunga epoca del maggioritario ha devastato i cervelli e drogato le persone, non si coglie che il fatto che si torni al proporzionale è un bene e lo sbarramento passa quasi inosservato.
Come spiega le “scene isteriche” che ci regala il teatrino della politica nostrana di questi giorni?



L’intervista a Luciano Canfora prosegue sul numero di Left in edicola
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