Mentre il fronte è compatto con Pd, Si e Mdp, il M5s ha dichiarato di astenersi. E la destra farà opposizione. E' in gioco il destino di un milione di giovani italiani non riconosciuti come tali. Presidio davanti a Palazzo Madama

L’Italia è casa loro, parlano e pensano in italiano, la storia che hanno studiato è quella del Bel paese, però non sono italiani. Sono più di un milione, sono la generazione dei cittadini a metà.
Oggi finalmente arriverà in Aula il ddl sullo ius soli che riconosce la cittadinanza italiana ai figli di stranieri nati in Italia o arrivati da piccoli.
La senatrice Doris Lo Moro (Mdp), relatrice del provvedimento in commissione Affari costituzionali del Senato,  si è mostrata abbastanza ottimista sull’esito: “Il disegno di legge sullo ius soli arriverà in Aula anche senza relatore e sarà approvato”, ha detto il 13 giugno in conferenza stampa insieme con Loredana De Petris (Sinistra italiana) e Giorgio Pagliari (Pd). Sullo Ius soli, insomma, si è creato al Senato un “patto” allargato tra Pd e le forze a sinistra del Pd. Il M5s invece ieri sera ha annunciato l’astensione che al Senato in pratica equivale al voto contrario. E naturalmente il centro destra è compatto nel voto contrario.

Il disegno di legge “Disposizioni in materia di cittadinanza” che prevede la modifica della I.92 del 1991, è rimasto fermo per molto tempo al Senato, in Commissione Affari costituzionali, dopo che nell’ottobre 2015 era stato votato alla Camera. Nonostante Pierluigi Bersani durante la campagna elettorale del 2012-13 avesse dichiarato che la legge sulla cittadinanza sarebbe stata una delle norme da realizzare nei primi cento giorni del programma del Pd di Italia bene comune, alla fine è caduta nell’oblio e per due anni non se n’è più parlato.

“Speriamo che questa volta finalmente questa questione non venga usata solo per fini politici, ma venga pensata a livello umano perché ci sono 800mila bambini che stanno aspettando i propri diritti, vogliono essere riconosciuti per quello che sono e vorremmo che almeno per questa volta le forze politiche mettessero da parte le proprie lotte, capendo che si tratta di giovani e bambini nati o cresciuti in Italia”. Esordisce così Youness Warhou, 23 anni, tra i fondatori del movimento Italiani senza cittadinanza, molto attivo in questo ultimo periodo.
Youness continua: “Siamo molto positivi perché da quando è nato il movimento si è compiuto un enorme passo in avanti. Quando nell’ottobre 2013 abbiamo organizzato il primo flash mob c’era un silenzio mortale e sembrava che la legge fosse stata abbandonata del tutto. Invece da quando abbiamo cominciato a far sentire la nostra voce le cose sono cambiate”.

Quello sullo ius soli è un provvedimento necessario per l’integrazione delle cosiddette seconde/terze generazioni di immigrati. Ragazzi, laureati e lavoratori, che non possono veramente fare parte del nostro Paese, che vivono un presente a metà e un futuro che si prospetta nero. “Non mi piace usare il termine seconda generazione – fa notare Youness Warhou -. Noi infatti non abbiamo compiuto un’immigrazione vera e propria, per essere definiti immigrati di seconda generazione, anzi, siamo persone che fanno parte del territorio. Siamo nati qui o anche se siamo venuti perché immigrati, lo abbiamo fatto in maniera non decisa da noi perché eravamo minorenni, siamo stati portati dai nostri genitori”.

Per avere riconosciuto uno status che gli dovrebbe spettare di diritto, gli italiani senza cittadinanza si devono infatti imbarcare in un’odissea che sembra non avere mai fine. “Oggi se viviamo qui e facciamo parte di questo tessuto sociale, vorremmo essere riconosciuti come parte integrante della società e non più come vittime di alcuni partiti politici che non hanno nessun piano se non criticare e discriminare i ragazzi di nuova generazione sfruttando quella che è la situazione attuale a livello mondiale”, continua Youness mettendo in evidenza la partita politica che si gioca sul loro destino.

Intanto loro, gli italiani senza cittadinanza, i sacrifici li hanno fatti e continuano a farli: c’è chi ha rinunciato agli studi universitari a 19 anni per cercare lavoro, per dimostrare allo stato italiano di essere attivo nel Paese; c’è chi ha scelto di studiare, e che una volta laureato a pieni voti, si sente chiedere costantemente il test d’italiano; c’è chi considera l’Italia come “una madre che non mi vuole come figlio”. Lo hanno raccontato Fioralba Duma, Tezetà Abraham e Bruno Leka, italiani senza cittadinanza che aspettano una risposta dalla politica. C’erano anche loro, come rappresentanti dell’Associazione Italiani senza cittadinanza alla conferenza stampa del Senato il 13 giugno, insieme alla senatrice Doris Lo Moro. Hanno raccontato le loro vite, simili a tante altre, di giovani sconosciuti che però sono a tutti gli effetti cittadini italiani.

E le cose, per fortuna, cambiano. Youness infatti aggiunge: “Nelle ultime elezioni amministrative hanno votato nuovi cittadini, nuovi giovani che sono nati o cresciuti in Italia e che hanno ottenuto la cittadinanza. Hanno potuto essere rappresentativi di quelle che sono le loro comunità e le loro città, hanno segnato una novità portando i loro valori, valori che vengono ignorati dalla nostra società. Noi ci ritroviamo sempre dalla parte dell’oppresso  che non ha possibilità di esprimersi, che non ha neanche la possibilità di esprimersi o di votare, di decidere sulle questioni del proprio paese. Questo è rilevante per noi e per la società italiana”.

Cosa accadrà oggi? Lo Moro e gli altri senatori il 13 giugno in conferenza stampa hanno detto di puntare all’approvazione del testo uscito dalla Camera senza modifiche, temendo un altro stop. O si va al voto o “si insabbia e non se ne parla più”, hanno detto.

Quello di oggi, 15 giugno, potrebbe essere un evento storico, un provvedimento da tempo sospeso che potrebbe ridare speranza a tutti quei bambini che crescono in Italia sentendosi “diversi”. Oppure potrebbe essere l’ennesima sconfitta di chi vuole difendere i diritti civili di chi adesso ne è privo.

Oggi comunque a presidiare Palazzo Madama alle 12:30 vi saranno anche i rappresentati della campagna “Italia sono anch’io”, di cui fanno parte tra gli altri Cgil, Arci, Legambiente, Comunità di Sant’Egidio. Tra il settembre 2011 e il marzo 2012 vennero raccolte più di 200mila firme per due proposte di legge di iniziativa popolare, una, appunto sulla riforma della cittadinanza e un’altra sul diritto di voto alle amministrative per i cittadini stranieri residenti. Ma come abbiamo visto in questi anni, sono rimaste nel silenzio.