In occasione della grande mobilitazione della Cgil contro “il ritorno dei voucher” abbiamo chiesto a una scrittrice di talento di raccontarci la sua esperienza e quella di tanti suoi coetanei
Mia mamma avvicina le ciliegie e mi invita a prenderne ancora. Le ha divise per tipologia in distinte ciotole. Ci sono le bianchine, i duroni, le marasche. Da una parte ci sono quelle ammaccate, più mature, senza gambo, quelle insomma che vanno mangiate prima delle altre. È un lavoro preciso per non buttare via nulla e allo stesso tempo per individuare il proprio gusto. Quando è il momento di cogliere, non si può rimandare. «Vanno prese sennò se le mangiano gli uccelli”. Mentre assaporavo le prime ciliege scampate a storni e cornacchie, mamma ha fatto la domanda sui voucher. «Prima li levano, poi li rimettono. Non ho capito nulla. Cosa è successo?”. Vorrei solo prendermi la ciotola di ciliege e scappare. Le vorrei dire che potrebbe sfogliare il giornale, cercare su internet, darsi una mossa. Le vorrei dire che sono stanca di dare spiegazioni, che si deve lottare e basta, che si dovrebbe fidare delle cose giuste. La fiducia e i principi, tanto ti deve bastare. No. Mia mamma non molla. Non dice niente, ma dice tutto. Ora me lo spieghi perché io mi sono fatta il mazzo per te, ho riserve doc di sudore di decine di anni di fabbrica valide a rinfacciartele per tutto il resto della tua vita. Cosa ti si è fatto studiare a fare? Per capire prima di me, no? Me lo spieghi visto che ci avevi anche fatto firmare per il referendum della Cgil e poi non siamo andati a votare. Me lo spieghi anche perché sei stata proprio tu a raccontarmi dei voucher e io non sapevo neanche esistessero e mi hai preso in giro e s’è finito per litigare perché noi eravamo gli stronzi garantiti dalla pensione e tu la giovane precaria senza futuro. Ero già incavolata con questi voucher perché a metterci contro fra di noi non mi pareva normale. Dopo dieci anni di contratti a progetto, collaborazioni occasionali, contratti a termine, notule, diritti d’autore, varie spiegazioni, era arrivato il voucher e avevo fatto l’errore di mostrarne uno a mia mamma. Sono degli scontrini talmente sottili che temi di perdere o che si scoloriscano, uguali a quelle della Snai. Un voucher come una scommessa. Pensavo commentasse, bello schifo e si accontentasse. Invece no. «Come funziona?” Lei vuole sapere. Ha la quinta elementare, ma fa parte di quei mezzadri puzzolenti che nella fabbrica han trovato anche la capacità di leggersi ogni rigo della busta paga e di attrezzarsi a sapere per difendersi. Una nozione piccola, ma precisa come un martello. Sono stata pagata a voucher per dei corsi che ho tenuto. Non avevano sostituito il nero, ma un contratto a termine. L’avevo sfidata, mia mamma. Vuoi sapere? Bene, ti racconto. Sai come si riscuotono? Cerchi i tabacchi abilitati. Intanto qua da noi non ci sono, li ho scovati in città. Ho individuato i punti. Con in tasca due voucher, fiduciosa ero entrata. – No sono le 8.00 e la macchinetta l’accendiamo solo alle 8.30. (Me ne andai perché perdevo il treno). – No mi spiace non abbiamo tutti i soldi, posso pagarne solo uno. – No, oggi non funziona la macchinetta. – Eccoli ( con fare scocciato perché gli portavo via tempo e soldi e inceppavo la fila e il suo lavoro ). I tentativi grotteschi si sono ripetuti e avrei voluto dar fuoco a ogni scritta sali e tabacchi che vedevo a giro. Odiavo quella specie di scontrini custoditi come fossero diamanti. «Devi patire anche per riscuoterli” aveva detto mamma. Assegni familiari, malattie, ferie e permessi, maternità, disoccupazione, che insomma non c’erano le tutele, era stato facile spiegarglielo. Al mio primo certificato di malattia per un contratto vero, a termine, a 35 anni, avevo pianto. Lei mi aveva guardata sdegnata. «É il minimo e vi siete fatti fregare così”. Mi aveva rinfacciato tutti gli scioperi fatti e gli scatti di anzianità a cui aveva rinunciato pur di assumere. Io gli avevo detto che dal pacchetto Treu in poi, proprio la sua generazione, pure a sinistra, voleva convincerci di cedere per rispondere meglio al mercato. Eccolo il mercato. Parlaci te. «Questi nuovi? Perché rimetterli? Saranno differenti?” Una domanda dietro l’altra, come le ciliege. Ho preso una bianchina. «Intanto c’è la questione democratica. Si doveva votare il 28 maggio, ma il governo ha deciso di abolire voucher e ripristinare la solidarietà su appalti facendo così decadere il confronto alle urne. Appena passata la paura del voto, il governo li reintroduce senza confronto col sindacato”. Bel discorso, dice mia mamma. La scorrettezza la capisce al volo. Allora prendo un durone e gli tolgo un gambo. «Li chiamano libretto familiare, ma non sono rivolti solo alle famiglie. Possono infatti utilizzarli le imprese sotto i 5 dipendenti. Questa soglia riguarda l’80 per cento delle imprese italiane, non una manciata. In più i 5 dipendenti sono a tempo indeterminato. La soglia può salire? Un’azienda con 10 interinali, 5 a progetto e 5 indeterminati può utilizzare i voucher? Par di sì. Non ti pare un incentivo a precarizzare i lavoratori?”. Mia mamma tiene fra le mani il gambo e la ciliegia. La polpa dove sta? «Questa volta non dovrebbe essere un buono tabacchi, ma dovrebbe attivarsi da una piattaforma online dell’Inps. Si aumenta il netto: da 7,5 a 10 euro a buono. Per l’impresa passerebbe da costare 10 a 12 euro. Ti fanno credere di guadagnare di più. Di più cosa? Intanto rimane che non hai ferie, permessi e malattia. Non è un contratto e per di più rischia di sostituire gli altri, quelli con le tutele. Si taglia persino sull’assicurazione infortuni: dal 7 per cento a poco più del 2. Il tetto di utilizzo è di 5000 euro l’anno, ma sale a 6250 per studenti, pensionati e disoccupati. Non possono provenire dallo stesso datore di lavoro buoni oltre 2500 euro, ma a ore sarebbero di più: 280, ovvero vanno oltre i 3000. Insomma sulle soglie c’è parecchia confusione. Su controlli e sanzioni, che dire? Una piccola perla: per la pubblica amministrazione pare che debbano essere utilizzati per eventi spot, eccezionali, ma non sono previste sanzioni. Dunque possono superare tetti e ore di utilizzo? Voragini” «Bah. Poi possono prendere più lavoratori e stare sotto la soglia e allo stesso tempo sono pure più ricattabili” dice mia mamma mentre mette in fila altre ciliege. Io prendo una marasca. «Boeri dice che i nuovi voucher sono come il reddito minimo garantito”. «Garantito da chi? Svuotati i capannoni, messi i robot, ci paga Boeri per non far nulla? Questo è volerci convincere che i gambi sono meglio delle ciliege” dice mia mamma. Guardo le ciotole. Penso alla varietà dei contratti precari che ha superato la varietà di ciliege. Penso a tutti i contratti nazionali. Penso alla fatica di difenderli dai continui becchi, da decenni di riforme del mercato del lavoro. Tagli e sacrifici. I diritti? Ciuccia il nocciolo, è buono lo stesso. Non si può rimandare, le ciliege vanno colte. Con mia mamma, abbiamo cominciato a prenderne a manciate e a fare a gara a chi sputa i noccioli più lontano.