«Tra vent’anni saremo all’avanguardia nella scienza medica. Stiamo lavorando per questo e fa parte della rivoluzione» dice a Left Aleida Guevara March, primogenita del Che, attivista e pediatra

Oggi gli Stati Uniti hanno un presidente che mette a rischio l’esistenza della umanità. A Cuba non ci aspettiamo nulla di positivo da parte sua». Figlia di rivoluzionari dal nome pesantissimo, Aleida Guevara March, ne ha ereditato la vitalità e un profondo senso di rifiuto contro le ingiustizie e le diseguaglianze provocate dai fautori e dai seguaci del capitalismo. Non solo. Dalla madre ha preso il nome di battesimo, mentre da Ernesto “Che” Guevara ha ereditato l’interesse per la salute delle persone, le più deboli in particolare, facendone la propria identità professionale. Attivista e medico pediatra, Aleida è la prima dei quattro figli del Che e della March che insieme entrarono a L’Avana l’8 gennaio del 1959. Sei mesi dopo si sposarono e il 24 novembre del 1960 nacque lei. Nell’ambito delle celebrazioni per il cinquantenario dell’omicidio del Che, avvenuto in Bolivia il 9 ottobre 1967, Aleida Guevara March è stata invitata in Italia per un ciclo di conferenze organizzate dall’associazione Amicizia Italia-Cuba. Left l’ha incontrata e le ha rivolto alcune domande.

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Salute e istruzione per tutti sono due punti fermi della Rivoluzione cubana. Cuba “esporta” scoperte scientifiche e insegnanti, come modello.

Essere rivoluzionari è anche quello che ho appena descritto: saper sentire sulla propria pelle qualsiasi ingiustizia, commessa contro qualsiasi persona, in qualsiasi parte al mondo. Tra vent’anni Cuba potrà diventare uno dei Paesi più importanti al mondo riguardo il progresso scientifico in medicina. Stiamo lavorando per questo, e fa parte della rivoluzione.

Cosa significa per lei la parola “rivoluzione”?

C’è questo articolo intitolato Militanti pubblicato su un nuovo giornale cubano . Una frase ha immediatamente catturato la mia attenzione (e mostrando le pagine aperte inizia a leggere, ndr): “Siamo militanti perché abbiamo imparato una volta – ed è bastato con una volta – che l’impossibile è possibile. E perché sappiamo che possiamo perdere ma non essere sconfitti, che niente è capace di vincere l’ostinazione di un uomo o una donna che credono nei loro ideali, perché anche sapendo che possediamo solo una vita, non ci arrendiamo. Siamo militanti perché non ci vergogniamo dei sogni dei nostri nonni, dei nostri genitori, dei nostri figli, perché non cediamo, perché sentiamo irrimediabilmente il dolore altrui come nostro, perché sappiamo che la nostra tristezza è possibile quando gli altri sono tristi e che la vera solitudine è quella di chi rinuncia ad amare.

Il testo integrale dell’intervista ad Aleida Guevara March è disponibile su Left in edicola


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