Chissà in quanti alla lettura dei versi dell’analisi del testo, per l’esame di maturità del 2017, quello del #Nopanic e ricette Miur, avranno sgranato gli occhi, ricercando il nome dell’autore, con la mente, in un anfratto del libro di testo. A voler essere proprio contemporanei, tralasciando appunto i classicissimi, ci si poteva aspettare, un rimando struggente a Svevo, forse un Montale, o ancora si poteva azzardare Eco, ma Giorgio Caproni proprio no. La ministra Fedeli, dal canto istituzionale, consigliava di andarsi a rivedere i filmati che il Miur aveva realizzato, con tanto di intervento di Alessandro Borghese, a proposito di ricette, che già facevano temere, per le tracce, (e non come clamorosamente scritto “traccie") una scelta culinaria. Invece la buona notizia è che alla ribalta c’è la letteratura del Dopoguerra, di un autore che vide la sua maturità negli anni Sessanta, con una poesia tratta da "Versicoli" quasi ecologici, che fa parte di la raccolta postuma dell’autore, intitolata Resa Amissa del 1991. Ai rocamboleschi versi di Gadda, o alla pura cronaca di un Vittorini, è stato preferito un poeta che già parlava di “ecologia”: «Non uccidete il mare, la libellula, il vento. Non soffocate il lamento (il canto!) del lamantino. Il galagone, il pino: anche di questo è fatto l’uomo. E chi per profitto vile fulmina un pesce, un fiume, non fatelo cavaliere. L’amore finisce dove finisce l’erba e l’acqua muore. Dove sparendo la foresta e l’aria verde, chi resta sospira nel sempre più vasto paese guasto: Come potrebbe tornare a essere bella, scomparso l’uomo, la terra». Molte le riflessioni sull’uomo e il suo agire, si portano esempi da prima pagina come l’Ilva e il movimento No Tav, dai quali provano spesso  a distrarci con  traffici bancari e altri imbrogli del palazzo, mentre l’erba, scriveva Caproni, già sparisce e il pianeta oggi si fa guasto con l’America che si rimangia l’adesione ai protocolli sul clima e la Cina che soffoca nello smog. Al di là della tragica attualità, è la poesia che resta, regalandoci la possibilità di riscoprire un autore come Giorgio Caproni.  Livornese, classe 1912 fu letterato, ma anche musicista, imbracciando un violino.  Capì che la letteratura era il suo diletto, provando meraviglia per le opere antiche, rifuggendo, invece, ogni insegnamento religioso. Alla sua Livorno, «malata di spazio nella sua mente» preferì, negli anni Venti, Genova, dove proseguì la sua formazione, nutrendosi di Shopenhauer, Machado, Lorca. Si appassionò a tutti i suoi contemporanei: da Ungaretti a Montale, non tralasciando Cardarelli. Fu critico, traduttore e, soprattutto, poeta, tra le sue opere Ballo a Fontanigorda, Il passaggio di Enea, raccolta quest’ultima che riguarda la sua esperienza di combattente durante la seconda guerra mondiale, pubblicata a ridosso degli anni Sessanta. Caproni nulla tralascia interrogandosi sui ciò che lo circondava con reiterata pazienza, imprevedibile garbo, sempre con stile ricercato. Morirà a Roma nel gennaio del 1990. Per sapere di lui, del suo amore per Livorno, che si coglie nei suoi versi, c'è un cortometraggio dal titolo Il cappotto di lana, per la regia di Luca Dal Canto, che abbiamo raggiunto al telefono per farci svelare l’idea di realizzare un corto sul suo concittadino. Oggi, quando hai sentito le tracce dell’esame, avrai fatto un sobbalzo. Sono felice perché Caproni è uno dei più grandi poeti del Novecento, se lo meritava! Coincidenza incredibile poi è che il protagonista del cortometraggio, Lorenzo Aloi, proprio quest’anno fa la maturità e quindi mi sono immaginato il suo stupore, alla lettura dei temi. Quando è nata l’idea di realizzare questo cortometraggio? Quasi per caso, nel 2012, per celebrare i cento anni dalla nascita di Caproni, il Comune di Livorno ha organizzato un piccolo festival. Io lavoro in questo settore, faccio l’aiuto regista nel cinema e come filmaker indipendente realizzo, oltre a spot, cortometraggi, perché mi piace scrivere e spero prima o poi di fare un lungometraggio. In questa occasione, insieme ad Anita Galvano, che è la sceneggiatrice, chiamati dal Comune, abbiamo deciso di scrivere una storia ispirata all’autore: il corto trae spunto da una sua poesia, ma è una storia inventata da noi, è una fiaba, una commedia di formazione. Al di là del festival in cui fu presentato, negli anni successivi il corto ha girato parecchio in tutta Europa, ottenendo più di cinquanta selezioni, in festival internazionali, vincendo sedici premi. Il protagonista ha vinto quattro premi come miglior attore. Nessuno ci avrebbe mai scommesso, soprattutto perché temevamo che fuori Livorno non fosse neanche compreso, anche se il mio obiettivo era far conoscere il poeta e la sua, la mia, città. A Livorno è vivo il ricordo di Caproni? Poco, come gran parte della cultura e della storia di Livorno, nel senso che Caproni è recente, ma ci sono anche artisti come Modigliani, Mascagni, Fattori, ma sono solo quelli del Novecento. Purtroppo, a Livorno si fa poco non solo per questi personaggi, ma per la cultura, in generale; è una città che non riconosco più. Mi ricordo che quando ero adolescente, una ventina di anni fa (lui è del 1981 ndr), la mia città era più viva da un punto di vista culturale, aveva un’identità forte, c’era l’orgoglio di essere livornesi. Non ci sono state più iniziative per il poeta, quindi. In realtà, quest’anno, a gennaio, l’assessorato alla Cultura, per il giorno del suo compleanno, ha organizzato un altro micro festival in suo onore, ma sempre a livello locale, che non guarda al di fuori della città. Il difetto di Livorno è che pur avendo spunti, non osa uscire al di fuori e promuovere i propri personaggi. In questo momento, a cosa stai lavorando? Sto realizzando un progetto fotografico sui luoghi di Modigliani, tra Livorno e Parigi. Ho immortalato 45 luoghi dove Modigliani ha vissuto, lavorato, appunto tra le due città, soprattutto per vedere come sono cambiati questi luoghi in oltre cento anni di storia, anche per scoprire le trasformazioni urbanistiche delle due città perché, purtroppo, molti di quei luoghi oggi sono edifici abbandonati o diventati banche. Probabilmente, a ottobre sarà a Bordeaux con un libro catalogo con foto e racconto della vita intensa e geniale dell’artista. Sempre su di lui, sto sviluppando un documentario, che sarà prodotto in Francia. Per la Maturità hanno attinto a temi ecologici, quali sono i tuoi versi preferiti? “Anima mia, fa’ in fretta. Ti presto la bicicletta, ma corri”, che, a mio dire, sintetizza la poetica caproniana fatta anche di nostalgia e riflessione sulla fugacità della vita.

Chissà in quanti alla lettura dei versi dell’analisi del testo, per l’esame di maturità del 2017, quello del #Nopanic e ricette Miur, avranno sgranato gli occhi, ricercando il nome dell’autore, con la mente, in un anfratto del libro di testo. A voler essere proprio contemporanei, tralasciando appunto i classicissimi, ci si poteva aspettare, un rimando struggente a Svevo, forse un Montale, o ancora si poteva azzardare Eco, ma Giorgio Caproni proprio no. La ministra Fedeli, dal canto istituzionale, consigliava di andarsi a rivedere i filmati che il Miur aveva realizzato, con tanto di intervento di Alessandro Borghese, a proposito di ricette, che già facevano temere, per le tracce, (e non come clamorosamente scritto “traccie”) una scelta culinaria. Invece la buona notizia è che alla ribalta c’è la letteratura del Dopoguerra, di un autore che vide la sua maturità negli anni Sessanta, con una poesia tratta da “Versicoli” quasi ecologici, che fa parte di la raccolta postuma dell’autore, intitolata Resa Amissa del 1991. Ai rocamboleschi versi di Gadda, o alla pura cronaca di un Vittorini, è stato preferito un poeta che già parlava di “ecologia”: «Non uccidete il mare, la libellula, il vento. Non soffocate il lamento (il canto!) del lamantino. Il galagone, il pino: anche di questo è fatto l’uomo. E chi per profitto vile fulmina un pesce, un fiume, non fatelo cavaliere. L’amore finisce dove finisce l’erba e l’acqua muore. Dove sparendo la foresta e l’aria verde, chi resta sospira nel sempre più vasto paese guasto: Come potrebbe tornare a essere bella, scomparso l’uomo, la terra». Molte le riflessioni sull’uomo e il suo agire, si portano esempi da prima pagina come l’Ilva e il movimento No Tav, dai quali provano spesso  a distrarci con  traffici bancari e altri imbrogli del palazzo, mentre l’erba, scriveva Caproni, già sparisce e il pianeta oggi si fa guasto con l’America che si rimangia l’adesione ai protocolli sul clima e la Cina che soffoca nello smog. Al di là della tragica attualità, è la poesia che resta, regalandoci la possibilità di riscoprire un autore come Giorgio Caproni.  Livornese, classe 1912 fu letterato, ma anche musicista, imbracciando un violino.  Capì che la letteratura era il suo diletto, provando meraviglia per le opere antiche, rifuggendo, invece, ogni insegnamento religioso. Alla sua Livorno, «malata di spazio nella sua mente» preferì, negli anni Venti, Genova, dove proseguì la sua formazione, nutrendosi di Shopenhauer, Machado, Lorca. Si appassionò a tutti i suoi contemporanei: da Ungaretti a Montale, non tralasciando Cardarelli. Fu critico, traduttore e, soprattutto, poeta, tra le sue opere Ballo a Fontanigorda, Il passaggio di Enea, raccolta quest’ultima che riguarda la sua esperienza di combattente durante la seconda guerra mondiale, pubblicata a ridosso degli anni Sessanta. Caproni nulla tralascia interrogandosi sui ciò che lo circondava con reiterata pazienza, imprevedibile garbo, sempre con stile ricercato. Morirà a Roma nel gennaio del 1990.
Per sapere di lui, del suo amore per Livorno, che si coglie nei suoi versi, c’è un cortometraggio dal titolo Il cappotto di lana, per la regia di Luca Dal Canto, che abbiamo raggiunto al telefono per farci svelare l’idea di realizzare un corto sul suo concittadino.
Oggi, quando hai sentito le tracce dell’esame, avrai fatto un sobbalzo.
Sono felice perché Caproni è uno dei più grandi poeti del Novecento, se lo meritava! Coincidenza incredibile poi è che il protagonista del cortometraggio, Lorenzo Aloi, proprio quest’anno fa la maturità e quindi mi sono immaginato il suo stupore, alla lettura dei temi.
Quando è nata l’idea di realizzare questo cortometraggio?
Quasi per caso, nel 2012, per celebrare i cento anni dalla nascita di Caproni, il Comune di Livorno ha organizzato un piccolo festival. Io lavoro in questo settore, faccio l’aiuto regista nel cinema e come filmaker indipendente realizzo, oltre a spot, cortometraggi, perché mi piace scrivere e spero prima o poi di fare un lungometraggio. In questa occasione, insieme ad Anita Galvano, che è la sceneggiatrice, chiamati dal Comune, abbiamo deciso di scrivere una storia ispirata all’autore: il corto trae spunto da una sua poesia, ma è una storia inventata da noi, è una fiaba, una commedia di formazione. Al di là del festival in cui fu presentato, negli anni successivi il corto ha girato parecchio in tutta Europa, ottenendo più di cinquanta selezioni, in festival internazionali, vincendo sedici premi. Il protagonista ha vinto quattro premi come miglior attore. Nessuno ci avrebbe mai scommesso, soprattutto perché temevamo che fuori Livorno non fosse neanche compreso, anche se il mio obiettivo era far conoscere il poeta e la sua, la mia, città.
A Livorno è vivo il ricordo di Caproni?
Poco, come gran parte della cultura e della storia di Livorno, nel senso che Caproni è recente, ma ci sono anche artisti come Modigliani, Mascagni, Fattori, ma sono solo quelli del Novecento. Purtroppo, a Livorno si fa poco non solo per questi personaggi, ma per la cultura, in generale; è una città che non riconosco più. Mi ricordo che quando ero adolescente, una ventina di anni fa (lui è del 1981 ndr), la mia città era più viva da un punto di vista culturale, aveva un’identità forte, c’era l’orgoglio di essere livornesi.
Non ci sono state più iniziative per il poeta, quindi.
In realtà, quest’anno, a gennaio, l’assessorato alla Cultura, per il giorno del suo compleanno, ha organizzato un altro micro festival in suo onore, ma sempre a livello locale, che non guarda al di fuori della città. Il difetto di Livorno è che pur avendo spunti, non osa uscire al di fuori e promuovere i propri personaggi.
In questo momento, a cosa stai lavorando?
Sto realizzando un progetto fotografico sui luoghi di Modigliani, tra Livorno e Parigi. Ho immortalato 45 luoghi dove Modigliani ha vissuto, lavorato, appunto tra le due città, soprattutto per vedere come sono cambiati questi luoghi in oltre cento anni di storia, anche per scoprire le trasformazioni urbanistiche delle due città perché, purtroppo, molti di quei luoghi oggi sono edifici abbandonati o diventati banche. Probabilmente, a ottobre sarà a Bordeaux con un libro catalogo con foto e racconto della vita intensa e geniale dell’artista. Sempre su di lui, sto sviluppando un documentario, che sarà prodotto in Francia.
Per la Maturità hanno attinto a temi ecologici, quali sono i tuoi versi preferiti?
“Anima mia, fa’ in fretta. Ti presto la bicicletta, ma corri”, che, a mio dire, sintetizza la poetica caproniana fatta anche di nostalgia e riflessione sulla fugacità della vita.