Da Genova a L'Aquila, fino a Sesto San Giovanni, la "Stalingrado" d'Italia, gli elettori bocciano il Pd. La sinistra unita con liste civiche vince solo a Padova. La destra targata Berlusconi-Salvini dilaga nelle regioni rosse. M5s vince a Carrara, mentre Pizzarotti conquista di nuovo Parma

Gli italiani hanno lasciato i loro Comuni nelle mani del centrodestra targato Berlusconi-Salvini, ma hanno rifiutato con uno schiaffo sonante la politica del partito democratico di Matteo Renzi. Il segretario appena eletto con primarie plebiscitarie è stato “respinto” in modo netto dagli elettori. Il Pd  ha perso Genova, dopo aver perso in precedenza la Regione Liguria. Una sconfitta fondamentale che provocherà reazioni a catena, dentro e fuori il partito. L’ennesima, dopo che alle comunali del 2016, il Pd aveva perso sia Roma che Torino. Ma è stata una frana generale per il partito democratico, soprattutto nelle aree “rosse”.
E’ stata anche la domenica della grande astensione, visto che la media dei votanti è meno del 50 per cento – i primi dati parlano di un 47 % rispetto al 58,9% del primo turno. A Trapani l’affluenza minima, circa il 30%, ha consegnato la città nelle mani del commissario, visto che c’era un solo candidato.

E al di là del caldo afoso forse ci sono altre ragioni che spiegano un allontanamento dalle urne così clamoroso.
Oltre alla sfiducia degli oltre 4 milioni di cittadini chiamati a esprimersi su 111 Comuni di cui 22 capoluoghi di provincia, gli elettori di sinistra non hanno creduto al partito democratico. Perché è davvero  il centrosinistra la principale vittima di questo turno elettorale. Nelle 22 città capoluogo 13 erano amministrate dal centrosinistra, 4 dal centrodestra, tre da liste civiche e due erano retti da commissari. Ebbene, ovunque ha dilagato il centrodestra, anche là, come L’Aquila dove il candidato del centrosinistra Di Benedetto si era presentato dopo il primo turno con un notevole risultato, il 47%. E invece ieri la débacle. Lo stesso sindaco uscente Cialente non riusciva a spiegarsi una tale sconfitta. La destra unita ha vinto anche a Sesto San Giovanni, la “Stalingrado” d’Italia, la città “rossa” per eccellenza. Nella città lombarda era arrivato anche Walter Veltroni a tenere un comizio, una delle rare uscite dei big del partito, visto che anche lo stesso Renzi si è defilato dalla campagna elettorale, forse presagendo il clima ostile. La destra, stando ai risultati delle prime ore dello scrutinio, ha vinto anche a La Spezia, a Oristano, a Como, a Piacenza, Pistoia, Rieti, Monza, Alessandria, Catanzaro. E anche a Verona dove Renzi aveva invitato i suoi a votare per la lista civica dell’ex sindaco Tosi con Patrizia Bisinella.
Per quanto riguarda il M5s ha vinto, nelle città, solo a Carrara dove De Pasquale ha battuto il candidato del centrosinistra. A Parma il successo è andato in maniera netta all’ex M5s Pizzarotti che si è presentato con una sua lista civica. E a proposito di liste “dal basso”, successo di Massaro alla guida di una coalizione di sinistra a Belluno, mentre la lista padovana di Lorenzoni, una delle sorprese del primo turno, ha appoggiato il candidato del centrosinistra Giordani facendolo vincere su Bitonci del centrodestra. Insomma, là dove il centrosinistra ha stabilito un’alleanza con forze di sinistra ce l’ha fatta. Ma sembrano esperienze sporadiche, locali, più che decise dall’alto. Esperienze di sinistra unita e civica. Giordani lo dice, appena dopo il risultato: “Non voglio più divisioni o liti. Il nostro può essere un esperimento politico interessante da esportare anche a livello nazionale”. Il Pd di Matteo Renzi ha perso in tutte le città dell’Emilia Romagna, a Sesto San Giovanni, a L’Aquila. Al Sud è andata meglio per il centrosinistra, a Taranto e a Lecce, e sembra quasi che sia accaduto più per l’influenza di Emiliano che di Renzi.

A questo punto il Pd di Matteo Renzi appare sempre più isolato in un suo dammatico arroccamento che ha dimostrato l’assenza di rapporto con la realtà dei territori. Non solo. Il Pd paga anche le scelte a livello nazionale, sia del governo Renzi che del suo erede Gentiloni. Dalla riforma costituzionale già sonoramente respinta al mittente al pasticcio della legge elettorale fino ad arrivare al ripristino dei voucher. Insomma, una serie di eventi che alla sinistra non è piaciuta per niente. Al di là del peso degli “scissionisti” del Mdp, sembra proprio che sia stata la base del Pd, la “pancia” del partito, che non ha risposto al suo segretario.

La destra ha sfruttato questa debolezza e ha stravinto mettendo insieme la Lega e Forza Italia, mentre il M5s rimane l’incognita. Ha vinto solo in otto comuni, ma cosa hano fatto gli elettori pentastellati? Avranno seguito l’indicazione di Grillo di astenersi o invece hanno dato il loro voto al centrodestra?

Una laurea in Filosofia (indirizzo psico-pedagogico) a Siena e tanta gavetta nei quotidiani locali tra Toscana ed Emilia Romagna. A Rimini nel 1994 ho fondato insieme ad altri giovani colleghi un quotidiano in coooperativa, il Corriere Romagna che esiste ancora. E poi anni di corsi di scrittura giornalistica nelle scuole per la Provincia di Firenze (fino all'arrivo di Renzi…). A Left, che ho amato fin dall'inizio, ci sono dal 2009. Mi occupo di: scuola, welfare, diritti, ma anche di cultura.