C'era anche Amira del debuttante Luca Lepone al Salento Finibus Terrae Film Festival Internazionale Cortometraggio, che si svolge in Puglia fino al 9 luglio. Il corto, interpretato da Alice Attala e dal violinista siriano Alaa Arsheed, è stato scritto e prodotto insieme a Paola Randi, con Recplay di Roberta Putignano e Vincenzo De Marco e Oz Film Produzioni Cinematografiche di Francesco Lopez. Amira, vincitore del Progetto MigrArti 2016 promosso dal MiBACT, è stato di recente premiato alla 73esima Mostra del Cinema di Venezia, in ex aequo con Babbo Natale di Alessandro Valenti, ed  stato proiettato alla Multicinema galleria di Bari il 2 luglio. Come ogni giorno, alla stessa ora, una giovane donna dai lunghi capelli neri cammina velocemente lungo le strade di una grande città. La donna, incinta, ha fretta di arrivare a quello che sembra essere il luogo di un incontro che, una volta raggiunto, diviene lo spazio prescelto per una particolare danza, incomprensibile ai più. La gente le passa accanto, ma non comprende il linguaggio universale del suo corpo, che racconta della speranza e della possibilità di un rapporto che è puro sentire, quando migliaia di chilometri diventano, grazie a quella danza, pochi centimetri. Amira è una storia d’amore. Una storia di cui si fanno portavoce il vento, la danza e le note di una musica raffinata, curata dallo stesso regista insieme a Giordano Corapi. Amira è la vita che verrà. Ma Amira è, soprattutto, un corto di rara bellezza. Le inquadrature nette, perfette, quasi geometriche, ricordano i dipinti di Hopper, gli spazi antononiani, l’architettura del Bauhaus. Tanto grigio. Il grigio di una grande città. Tanto monotono andirivieni. E poi lei, una giovane donna, uno squarcio di sole, di poesia, dove poesia non c’è più. O dove semplicemente non la si sente più. Una pennellata prepotente di giallo-arancio, come la lunga stola che le incornicia il viso e le avvolge parte del corpo. Posa a terra la borsa. Nel grigio. E poi inizia la danza. Delle braccia, degli occhi, la danza di mani che camminano sul volto. È la danza di un tempo lontano. Nessuno sembra accorgersi della sua poesia. Stacco. Luogo indefinito, spazi aperti, quasi desertici. Un uomo corre sulla sua bici. Non pedala semplicemente. Corre. Forse c’è qualcuno ad aspettarlo. Forse una donna. Forse un incontro d’amore. Giunge in una stanza in una casa non più abitata. Siede su un tavolo polveroso e guarda fuori, dall’apertura di un muro vittima di una bomba. Siede e suona. Come se il violino che tiene tra le mani fosse il corpo di una donna. Siede e suona. E lei, da lontano, ascolta. E danza. Luca Lepone nasce a Roma nel 1976. Appassionato di fotografia, cinema e musica, a 23 anni inizia il suo percorso come aiuto regista, per poi diventare filmaker, montatore, regista e sceneggiatore. Amira è il suo primo cortometraggio.

C’era anche Amira del debuttante Luca Lepone al Salento Finibus Terrae Film Festival Internazionale Cortometraggio, che si svolge in Puglia fino al 9 luglio. Il corto, interpretato da Alice Attala e dal violinista siriano Alaa Arsheed, è stato scritto e prodotto insieme a Paola Randi, con Recplay di Roberta Putignano e Vincenzo De Marco e Oz Film Produzioni Cinematografiche di Francesco Lopez.
Amira, vincitore del Progetto MigrArti 2016 promosso dal MiBACT, è stato di recente premiato alla 73esima Mostra del Cinema di Venezia, in ex aequo con Babbo Natale di Alessandro Valenti, ed  stato proiettato alla Multicinema galleria di Bari il 2 luglio.

Come ogni giorno, alla stessa ora, una giovane donna dai lunghi capelli neri cammina velocemente lungo le strade di una grande città. La donna, incinta, ha fretta di arrivare a quello che sembra essere il luogo di un incontro che, una volta raggiunto, diviene lo spazio prescelto per una particolare danza, incomprensibile ai più.
La gente le passa accanto, ma non comprende il linguaggio universale del suo corpo, che racconta della speranza e della possibilità di un rapporto che è puro sentire, quando migliaia di chilometri diventano, grazie a quella danza, pochi centimetri.

Amira è una storia d’amore. Una storia di cui si fanno portavoce il vento, la danza e le note di una musica raffinata, curata dallo stesso regista insieme a Giordano Corapi. Amira è la vita che verrà.
Ma Amira è, soprattutto, un corto di rara bellezza. Le inquadrature nette, perfette, quasi geometriche, ricordano i dipinti di Hopper, gli spazi antononiani, l’architettura del Bauhaus. Tanto grigio. Il grigio di una grande città. Tanto monotono andirivieni. E poi lei, una giovane donna, uno squarcio di sole, di poesia, dove poesia non c’è più. O dove semplicemente non la si sente più. Una pennellata prepotente di giallo-arancio, come la lunga stola che le incornicia il viso e le avvolge parte del corpo. Posa a terra la borsa. Nel grigio. E poi inizia la danza. Delle braccia, degli occhi, la danza di mani che camminano sul volto. È la danza di un tempo lontano. Nessuno sembra accorgersi della sua poesia. Stacco. Luogo indefinito, spazi aperti, quasi desertici. Un uomo corre sulla sua bici. Non pedala semplicemente. Corre. Forse c’è qualcuno ad aspettarlo. Forse una donna. Forse un incontro d’amore. Giunge in una stanza in una casa non più abitata. Siede su un tavolo polveroso e guarda fuori, dall’apertura di un muro vittima di una bomba. Siede e suona. Come se il violino che tiene tra le mani fosse il corpo di una donna. Siede e suona. E lei, da lontano, ascolta. E danza.

Luca Lepone nasce a Roma nel 1976. Appassionato di fotografia, cinema e musica, a 23 anni inizia il suo percorso come aiuto regista, per poi diventare filmaker, montatore, regista e sceneggiatore. Amira è il suo primo cortometraggio.