Con il dossier Piccoli schiavi invisibili, appena pubblicato da Save the children, si fa luce sull’inquietante fenomeno dello sfruttamento di bambini e adolescenti in Italia. Attraverso un’analisi dettagliata dei dati raccolti negli ultimi tre anni e grazie alle parole delle vittime stesse, emerge un approfondito quadro di un fenomeno in crescita: quello dei minori soli, vittime invisibili della tratta. I dati del ministero dell’Interno confermano che il flusso migratorio di minori non accompagnati è in costante crescita: nel 2015 i minori soli sbarcati in Italia sono stati 12.360, nel 2016 invece sono stati ben 25.846 e nei primi mesi del 2017 i migranti arrivati in totale sono 60.228, tra cui 6.156 donne (2.800 nigeriane) e 8.312 minori stranieri non accompagnati.
Nel 2017 i 10 principali Paesi di provenienza dei minori non accompagnati sono: Guinea (14,7%), Bangladesh (14%), Costa d’Avorio (11,8%), Gambia (11,8%), Nigeria (7%), Senegal (6%), Mali (5%), Somalia (5%), Eritrea (4%) e Siria (3%).
Per la maggior parte dei minori non accompagnati, la spirale dello sfruttamento comincia sin dall’inizio della traversata e la parte peggiore solitamente coincide con la prima fase di ingresso in Italia. Spesso le vessazioni e i maltrattamenti hanno inizio sin dalla partenza verso l’Europa e continuano poi ininterrottamente in tutte le fasi della traversata. Nei Paesi di destinazione – Italia, Francia, Spagna, Paesi Bassi – la presenza di mercati illegali favorisce lo sfruttamento dei minori, che viene portato avanti da organizzazioni criminali, attive tanto sul fronte della tratta che in quello del traffico di esseri umani. Per la stragrande maggioranza, le vittime di sfruttamento sono bambini e adolescenti in fuga da guerre, violenza, povertà e crisi umanitarie. Una volta arrivati in Europa, questi ragazzi non trovano canali d’accesso sicuri e legali, e l’unica scelta possibile per loro diventa quella di affidarsi ai trafficanti.
Secondo i dati raccolti dal Dipartimento per le Pari Opportunità, nel 2016 le vittime di tratta inserite in protezione sono state complessivamente 1.172, di cui 107 uomini, 954 donne e 111 minori. Tra i minori, nell’ 84% dei casi si tratta di ragazze (93 femmine e 18 maschi). Il 50,45% è vittima di sfruttamento sessuale, lo 0,9% di minori è coinvolto in matrimoni forzati, il 3,6% nell’accattonaggio, il 5,41% è sfruttato sul lavoro e il 9,91% è coinvolto in azioni illegali come lo spaccio di droga. Più della metà delle vittime è di origine nigeriana (59,5% totale, 67% minori).
Purtroppo a livello nazione e internazionale – si legge nel Rapporto – mancano strumenti adatti a fornire una stima accurata del fenomeno, infatti questi dati non includono la maggioranza delle vittime della tratta che restano fuori dal sistema di protezione nazionale, dato che sono difficilmente raggiungibili dalle istituzioni.
Nel 2016 i minori arrivati via mare dalla Nigeria sono stati 3.040. Secondo il rapporto di Save the children, la maggior parte delle minorenni nigeriane giunte in Italia sono destinate alla tratta: le vittime sono sempre più giovani, povere e scarsamente scolarizzate. Si tratta prevalentemente di ragazze tra i 15 e i 17 anni, con una quota crescente di bambine tra i 13 e i 14 anni. L’adescamento solitamente proviene da persone di loro conoscenza che propongono alle ragazze un lavoro ben retribuito in Europa. Molte ragazze inoltre sono vittime delle cosiddette “Italos”: ex prostitute sopravvissute ad anni di schiavitù in Italia, tornate in Nigeria vantando successi e promuovendo l’idea di intraprendere il viaggio verso l’Europa. Le bambine e ragazze nigeriane solitamente arrivano in Europa attraverso un viaggio che prevede questo percorso: Kano (Nigeria), Zinder (Niger), Agadez (Niger), Dirkou (Niger), Sabha (Libia) e Tripoli (Libia). Da Tripoli spesso le vittime vengono spostate verso i porti libici di Zuara, Zarzis e Sabratah. Le ragazze vengono solitamente vendute durante il passaggio dal Niger alla Libia: qui cominciano ad essere sfruttate sessualmente in case chiuse fino a quando non avranno guadagnato abbastanza da poter pagare ai trafficanti l’oneroso viaggio verso l’Italia. Chi rifiuta di prostituirsi viene vessata e picchiata, e i trafficanti cominciano ad estorcere denaro ai parenti rimasti in Nigeria. Per evitare violenze ed estorsioni verso di loro e dei parenti rimasti nel paese d’origine, le ragazze, anche una volta giunte in Italia, lavorano in condizioni di schiavitù per lunghi periodi di tempo: dai 3 ai 7 anni. La vita di strada lascia segni fisici e traumi psicologici che difficilmente le vittime riescono a superare.
Le ragazze rumene rappresentano il secondo gruppo più numeroso nella prostituzione per strada, che avviene sia nei centri cittadini sia in zone periferiche ad un prezzo che si aggira intorno ai 50 euro. Nonostante nel 2015 la Romania sia stato uno dei Paesi europei in maggiore crescita, non c’è stata un’equa distribuzione della ricchezza fra la popolazione e quindi molte ragazze disoccupate decidono comunque di emigrare. Molte di loro diventano vittime della tratta e dello sfruttamento: la maggioranza hanno tra i 16 e 17 anni e provengono da contesti molto poveri e da aree marginali del Paese, da distretti come Bacau, Galati, Braila, Neamt e Suceava. Le minori provengono spesso da orfanotrofi oppure sono affidate a terzi, e in assenza di una figura genitoriale sono soggetti estremamente facili da manipolare e da convincere. Le ragazze in Romania vengono spesso adescate da amiche coetanee o uomini adulti che si guadagnano la loro fiducia, dando loro la speranza di poter abbandonare il contesto di assoluta povertà in cui vivono con la promessa di avere un lavoro ben retribuito e un futuro migliore in Europa. Solitamente il viaggio viene pagato dal fidanzato, le ragazze raggiungono l’Italia con mezzi privati e una volta arrivate vivono in appartamenti abitati da connazionali. Gli sfruttatori danno inizio alle violenze, sia fisiche che psicologiche, con sistematiche minacce di morte, sin dall’arrivo in Italia.
Ci troviamo di fronte a bambini e adolescenti, invisibili e sfruttati, che aumentano di giorno in giorno: i programmi di protezione e aiuto continuano a essere drammaticamente insufficienti in Italia e in Europa: un’Europa che assiste indifferente alla silenziosa tratta di questi schiavi del terzo millennio.