Non solo in Angola. Zone economiche speciali, smart city, distretti industriali, parchi turistici e aree residenziali stanno spuntando in tutto il continente sub sahariano.

Un sorridente Xi Jinping stringe le mano di un operaio. Sullo sfondo della fotografia campeggia uno dei tanti striscioni rossi a caratteri bianchi che riportano slogan motivazionali e di osanna ai progressi compiuti dalla Cina in questo o quel campo. In una seconda immagine, il leader comunista passa in rassegna una fila di lavoratori, tutti con il caschetto in testa. Le foto non sono però state scattate in qualche cantiere della Repubblica popolare. Lo striscione lascia pochi dubbi: tre caratteri compongono il nome Ange la, ossia Angola. È l’estate del 2010 e il futuro capo di Stato cinese, allora ancora vicepresidente, ma già quasi successore in pectore di Hu Jintao alla guida del Partito comunista e della Cina, visitava i cantieri di Kilamba Kiaxi, cittadina satellite della capitale Luanda che nelle previsioni dovrà ospitare fino a 200mila angolani, confermando gli investimenti per 3,5 miliardi di dollari.
«Organizzata e tranquilla, la vita è totalmente diversa dalla congestione della capitale. Libera da rumore e inquinamento, sicura e pulita», recita la presentazione del progetto sul sito ufficiale Kilamba.info. Il progetto è considerato uno dei modelli della cooperazione sino-angolana: alla costruzione hanno contribuito 50 grandi aziende di Stato cinese e 400 piccole e medie imprese. Almeno ufficialmente sul piano occupazionale….

L’inchiesta di Andrea Pira prosegue su Left in edicola


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