Firmato il decreto della ministra Fedeli sulla sperimentazione che accorcia il percorso di studi: il liceo si svolgerà in 4 anni in 100 classi italiane dal 2018. Fioccano però le critiche: gli studenti italiani più specializzati, ma meno pronti ad affrontare un pensiero critico

Nel cuore delle vacanze scolastiche ecco la notizia-bomba: il diploma delle scuole superiori in 4 anni. Quello che aveva tentato di fare senza successo il ministro Berlinguer (che però era riuscito a ridurre l’Università nel 3+2) e la ministra Moratti adesso viene portato avanti dalla ministra Valeria Fedeli che l’altro ieri ha firmato il decreto per il Piano nazionale di sperimentazione. Ma non è una novità. Il liceo “breve” era già stato introdotto dalla ministra Maria Chiara Carrozza nel 2013 e anche dalla ministra Stefania Giannini. La differenza è che adesso riguarderà 100 classi (anziché le 60 del precedente decreto) e circa 2500 studenti.Le scuole statali e paritarie potranno partecipare al bando del Miur dal 1 al 30 settembre e si potrà attivare una sola classe per scuola partecipante.

Non sarà una scuola facile quella “ridotta”. Si parla di “elevato livello di innovazione” nel rimodulare i piani di studio, di un aumento di ore, dell’insegnamento Clil cioè una materia in lingua straniera e nell’alternanza scuola lavoro (400 ore nel triennio dei tenici e 200 dei licei) da svolgersi d’estate e non in orario scolastico. Ci sarà una Commissione tecnica che valuterà le domande pervenute e un Comitato scientifico farà il punto sul Piano di innovazione. L’esame di Stato sarà identico e anche il programma delle varie discipline rimarrà invariato, sarà quindi necessario rimodulare il calendario scolastico. Undici istituti superiori, 6 pubblici e 5 paritari, tra cui il Visconti di Roma, il San Carlo di Milano e l’Esedra di Lucca hanno già portato a termine un primo percorso quadriennale sperimentale iniziato nell’anno scolastico 2012/2013 e stanno effettuando una valutazione del percorso.

La volontà, sostiene il Ministero, è quella di mettersi al passo con l’Europa, dove generalmente i ragazzi finiscono la scuola un anno prima rispetto agli studenti italiani. In realtà però non tutti i Paese europei hanno adottato questo sistema scolastico e il quadro dell’istruzione europea è variegato: ci sono Paesi, tra cui quelli del Nord, in cui gli studenti finiscono a 19 anni e altri in cui la scuola media si prolunga fino ai 15/16 anni e i ragazzi terminano a 18 anni (sul modello anglosassone). Viene da chiedersi se abbia senso anticipare di un anno l’ingresso nel mondo del lavoro in un mercato del lavoro che penalizza, più di tutti gli altri, i giovani tra i 15 e i 24 anni e in cui il tasso di disoccupazione giovanile tocca soglie sempre più alte. Con il decreto della ministra Fedeli inoltre si dovrebbe comprimere in 4 anni il programma che si svolge in 5: in questo modo lo studente dovrà dedicare sempre più ore al proprio percorso scolastico e potrebbe essere costretto ad abbandonare qualsiasi interesse non in linea con il proprio percorso di studi.

Cresce anche la preoccupazione sui tagli a posti di lavoro: diminuendo di un anno il percorso di studi si ridurrebbe infatti anche il corpo docenti. La riduzione di un anno della scuola avvantaggerebbe poi gli studenti che provengono da famiglie abbienti con genitori laureati che sono in grado di garantire ai figli esperienze, cultura e conoscenze e che garantirebbero ai figli la possibilità di potersi dedicare completamente al proprio percorso scolastico, senza nemmeno avere la possibilità di poter svolgere un lavoro estivo retribuito (dato che con il “liceo breve” l’alternanza scuola lavoro si dovrebbe svolgere d’estate). Come sostiene l’Usb, la didattica sarebbe poi improntata a garantire una maggiore professionalizzazione, con l’aumento delle ore di laboratorio e dell’alternanza scuola-lavoro, creando giovani cittadini specializzati, magari più pronti ad affrontare il mercato del lavoro, ma sempre meno capaci di avere un pensiero critico.