Gentile Direttore,
leggo con un certo sconcerto quanto la sua testata, che peraltro seguo spesso con interesse, scrive a riguardo della proposta di Legge urbanistica della Regione Sardegna. La superficialità che contraddistingue tutto il pezzo è evidente fin dalle prime righe, con La Pelosa – la più nota spiaggia di Stintino – data nella mai esistita provincia di Alghero. Se obbligo di chi svolge la professione giornalistica è verificare la notizia, basta questo per capire che non si comincia bene. E si va avanti peggio, inseguendo il sentito dire e facendolo, appunto, “nella maniera più scriteriata e autolesionistica possibile”.
Nel dettaglio: cosa significa “incrementando oltre misura i servizi ricettivi”? La norma prevede limiti espliciti ed è stata già resa pubblica la volontà di migliorare il testo con anche l’introduzione di ulteriori vincoli per limitare eventuali eccessi di cubatura per le strutture più grandi. È un punto messo in chiaro ripetutamente sia dal sottoscritto che dal Presidente Pigliaru, che ben lo spiega nell’intervista pubblicata dal quotidiano L’Unione Sarda il 2 agosto: “il 25% era previsto dalle intese definite già prima di Cappellacci, ma siamo pronti a ragionarci. La mia idea – dice il Presidente – è che non sia troppo per una struttura piccola. Potrebbe esserlo per quelle grandi. Ho già proposto che la Giunta presenti un emendamento per introdurre un tetto massimo all’incremento volumetrico. Si può anche pensare che, oltre una certa dimensione, gli incrementi di cubatura siano pari a zero”. Per ricordare, appena più sotto, che nessun ampliamento sarà ammesso per chi abbia già utilizzato il 25% concesso dal Piano casa della Giunta Cappellacci.
E in base a quali fonti è possibile sostenere che “a distanza di undici anni dalla Legge salvacoste Soru la Sardegna rischia di diventare terreno per nuove urbanizzazioni”? E’ falso. La norma lo vieta esplicitamente e lo ribadisce il Presidente nella stessa intervista. “Sia chiaro che non si potrà costruire nessun nuovo albergo nei 300 metri. Permettiamo di rendere più moderne le strutture già esistenti, per favorire la destagionalizzazione.” Su questo punto il vostro autore cita un post Facebook, ma prendendone solo una parte e tralasciando il seguito, in cui viene illustrato, in mancanza di una normativa adeguata, lo scenario peggiore: “strutture ricettive che invecchiano e che, pur continuando a occupare la fascia dei 300 metri, saranno sempre meno in grado di produrre lavoro e benessere per il territorio.” Tutto qua il nodo. La Sardegna si apre al turismo negli anni ’50 – ’60, con tanto cemento riversato con disinvoltura sulle coste. Il risultato, dopo oltre cinquant’anni, sono strutture vecchie, obsolete, talvolta cadenti, che non solo sono presenti nel paesaggio, ma lo feriscono contribuendo a impoverirlo. Da qui la necessità di riqualificare. Per restare “in provincia di Alghero” (!), è istruttivo leggere l’articolo sul tema pubblicato (l’8 agosto, ndr) dal quotidiano La Nuova Sardegna, che porta esempi concreti e chiarisce dubbi.
E infine, niente e nessuno può cambiare arbitrariamente il Piano Paesaggistico della Sardegna, di cui tutti i princìpi vengono confermati. Se sono necessari una verifica e un adeguamento, come stabilisce il Codice Urbani, li si deve fare secondo le procedure previste dalle stesse norme che hanno istituito il Ppr, e resta l’obbligo della co-pianificazione degli interventi tra Regione e Ministero dei Beni culturali, Ambientali e del Turismo: cose che ne rendono impossibile l’aggiramento.
Insomma, basterebbe approfondire prima di cedere ad una faciloneria che sostituisce alla doverosa, corretta informazione, la disinformazione confusa e strillata che danneggia i lettori, chi ne è vittima e chi la ospita. L’invito per il futuro è a dimostrare sempre la veridicità delle affermazioni fatte, magari leggendo la proposta di legge, e magari, prima ancora, il manuale di geografia. Sono le basi. Quando non si fa, come in questo caso, “appaiono certi i disastri”. Ne vale davvero la pena?
Cristiano Erriu
Assessore degli Enti Locali, Finanze e Urbanistica
Regione Autonoma della Sardegna
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Gent.mo Assessore,
ho seguito con molto interesse i diversi passaggi che hanno portato all’approvazione da parte della giunta regionale guidata da Francesco Pigliaru del ddl Urbanistica. Con non minore interesse ho letto il testo per ora definitivo e il vivace dibattito che ne è seguito. In attesa degli emendamenti da Lei anticipati che, ne sono certo, modificheranno il testo nelle parti più lacunose, mi sono limitato all’esistente, approvato.
Recentemente, parlando del ddl, ha detto che esso contempera «le esigenze della tutela ambientale e della sostenibilità sociale ed economica, tenendo conto delle legittime aspettative delle comunità locali che non possono accontentarsi della contemplazione dei luoghi» (Ansa del 20 luglio 2017). A ben guardare nel testo queste sue affermazioni sembrano contraddette in diverse parti. Che dire dell’art. 43 che permette, nel caso di “progetti di particolare rilevanza economica e sociale”, un accordo tra investitori e governo regionale, in deroga al Piano Paesaggistico? Non crede che quella generica dicitura, “particolare rilevanza economica e sociale”, possa diventare il passepartout per operazioni edilizie nelle quali il vantaggio sarà unicamente del costruttore di turno? Che dire, ancora, dell’art. 31 che consentirebbe agli alberghi esistenti di aumentare i volumi del 25%?
Possibile che sia solo la disinformazione a guidare le preoccupate proteste di Lipu Sardegna, Italia Nostra Sardegna, Fai Sardegna, WWF Sardegna e Forum Nazionale Salviamo il Paesaggio? Possibile che la convocazione del governatore Pigliaru, da parte del Pd, al Senato sia solo colpa di quel che Lei definisce un “attacco sensazionalistico”, “frutto di superficiale disinformazione”? Possibile che anche la denuncia dell’avvocato Stefano Deliperi, presidente del Gruppo d’intervento giuridico (Grig), che per primo ha lanciato l’allarme sugli effetti nefasti del ddl urbanistica, sia scaturita da “superficialità”? Bisogna quindi pensare che gli avvocati del Grig, che hanno già catalogato “ben 495 strutture turistico-ricettive della fascia costiera che potrebbero approfittare dell’articolo 31”, abbiano preso un abbaglio? Qualche dubbio, credo, sia legittimo.
La circostanza che in nome della volontà di rilanciare il turismo si possano sacrificare i caratteri distintivi di tanti luoghi, non mi convice. L’idea che per incrementare i flussi dei turisti sia necessaria una qualità alta e che quindi si possa derogare dal sostanziale rispetto del paesaggio è autolesionistica. Nonostante tutto, aldià di proprietà e limiti, mare, coste e territori sono Beni Comuni. Non si tratta di “accontentarsi della contemplazione dei luoghi”, ma piuttosto della conservazione di quegli elementi che fanno della Sardegna una terra speciale. Una regione da visitare e nella quale vivere. Continuo a sperare che la Sua terra sia ancora la casa di Fortunato Ladu, il pastore di Desulo, se non erro in provincia di Nuoro, che alcuni mesi fa scrisse a Bill Gates per chiedere aiuto. Per chiedere che mister Microsoft salvaguardasse le piccole realtà.
Probabilmente per evitare l’Sos di Ladu e lo sfregio del paesaggio basterebbe una conoscenza diretta dei luoghi. Una conoscenza capillare, ma “complessa”. E’ difficile, faticoso, ma ne vale la pena.
Manlio Lilli
Link all’articolo di Mario Lilli su Left che ha dato origine al confronto: