Scrittori si raccontano al microfono di Radiolibri. Parlano dei loro lavori e dei loro sogni. Delle loro inquietudini e delle loro letture. Interviste molto off e non paludate. Una missione sotto copertura, nell'Italia del 1953. È il tema dell'opera di Carlo Lucarelli, che segna il ritorno in scena del commissario De Luca. Ospitiamo qui l'intervista che ha rilasciato alla web radio RadioLibri (qui nella versione audio) Intrigo italiano segna il ritorno in libreria dopo quasi vent'anni del commissario Achille De Luca, l'artefice di questo ritorno è ovviamente il suo papà, il suo creatore, Carlo Lucarelli, al quale do il benvenuto al microfono di RadioLibri. Allora, 20 anni di silenzio non sono pochi. Avevamo lasciato “il nostro” in via delle Oche nel 1996. Che cosa ti ha portato a farlo tornare tra noi? Non è che l'abbia mai abbandonato eh, perché i personaggi hanno una vita che non è quella dei loro autori. Sono vent'anni, ma in realtà non sono passati vent'anni per De Luca. Sono passati tre anni, tre o quattro anni. Dal ‘48 dove l'ho lasciato al ‘53 dove lo ritroviamo, insomma. Il punto è che ho trovato un'altra storia che lui mi poteva raccontare e quando si sono formate - da una serie di coincidenze - una trama che mi sarebbe piaciuto raccontare, un pezzo d'Italia che mi sarebbe piaciuto vedere e una persona che me la poteva raccontare - che era lui - ecco che lui è arrivato, e me l'ha raccontata. Hai parlato della trama. Velocissimamente: essendo un noir, non diciamo troppo. Però per gli ascoltatori diamo una breve indicazione. De Luca è a Bologna ovviamente, tra gli anni ‘53 e ‘54, e indaga sull'omicidio di una donna trovata senza vita nel “trappolone”, la garçonnière diciamo del marito, dove l'uomo si comportava da scapolo, sennonché lo stesso marito aveva perso la vita 2 mesi prima. Giusto? Non diciamo altro. Anzi aggiungiamo una cosa: che lui indaga sotto falsa identità con la collaborazione - o su mandato - dei servizi. Ho detto troppo? No. Questo è il cuore di tutta la vicenda. De Luca che indaga come al solito senza avere il potere di farlo come vorrebbe lui. Cosa ti ha portato in quegli anni, tra il ‘53 e il ‘54. Sono passati 3-4 da dove avevamo lasciato il protagonista. Beh sono anni importanti, anni in cui l'Italia sta cercando di darsi un'identità e sono anni di d'identità molto forti. C'è la guerra fredda, quindi “o di qua o di là”, e sono anni confusi in cui ci sono le radici di tante cose che siamo diventati dopo, che siamo anche adesso. E poi sono anni molto molto belli da raccontare. Bologna soprattutto in quegli anni lì era una curiosissima città piena di navigli per esempio, navigabile. Con le lavanderie che lavano i panni in mezzo alla città, una cosa adesso impensabile. Un sacco di neve durante l'inverno, la musica che sentiva canticchiare dappertutto, marce di mondine alla festà dell'Unità. Insomma era una città talmente strana, bella. E quegli anni lì sono anni così, anni che sembrano di fioritura, ma che sotto sotto nascondono tantissimi intrighi. Infatti, è una Bologna molto musicale, quella che alterna il liscio al Jazz. Che tipo di ricerca c'è proprio dietro a questo libro. Insomma gli anni ‘53 - ‘54 non li hai vissuti tu. No infatti, sono di un pochino dopo. Ho fatto una ricerca, soprattutto attraverso i settimanali. Ho usato questo sistema. Sono andato a cercarmi tutti i settimanali, giorno per giorno, settimana per settimana, di quello che volevo raccontare. E poi ho cominciato a sfogliarli e da lì ho visto... mi sono documentato meglio sulle notizie che allora la gente riteneva più importanti, che non sono quelle che magari noi col senno di poi, con la storia, abbiamo considerato veramente importanti. Poi ci sono tantissimi dettagli meravigliosi: le pubblicità, quello che si ascoltava alla radio, il dove si attraversava la strada, con le strisce pedonali naturalmente non c'erano, fino al ‘59 non esistono, quindi la gente saltellava - come vediamo nei film - da un capo all'altro della strada con lo scampanellio dei tram che a momenti li investivano. Ecco, ho cercato di fare questo tipo di ricerca, che è una ricerca soprattutto di gesti quotidiani. Ecco De Luca toglie una mano dalla tasca e prende qualcosa. Cosa? Cosa c'era in un settimanale del 1953 quel giorno lì a Bologna? Di certo non prende un cellulare, chiaro. No certo, spero di non aver fatto questi errori. No assolutamente l’“uomo del mistero” indaga questa volta nel mistero di quello che fu la nostra Italia. Che italia era quella di quegli anni, non soltanto Bologna? È una Italia che sta cercando di capire, una Italia ancora in guerra, perché è appena iniziata la guerra fredda naturalmente. E una curiosa Italia che si vuole ricostruire, che vuole pensare ad altro, vuole dimenticarsi della guerra, è l'Italia che aspetta il boom economico che in certi posti - come Bologna per esempio - già è quasi arrivato. Però allo stesso tempo è una Italia curiosa, un’Italia che a molti non piace. Vorrebbero cambiarla e siccome non la possono cambiare con mezzi democratici, vorrebbero cambiarla con mezzi sotterranei. Infatti le radici dei cosiddetti misteri italiani - che poi in realtà sono segreti italiani, che a me è capitato di raccontare tante volte - stanno in quegli anni lì, nell'attività di sottogoverno di tanti personaggi che tramano nell'ombra, come succede negli intrighi italiani. Carlo, il commissario De Luca non è il tuo unico personaggio seriale, ne hai creati diversi: l’ispettore Coliandro, l'ispettore Grazia Negro. Perché così tanti e non soltanto uno. Ognuno di loro rappresenta una parte di te forse? Questo non lo so, io non la vado a cercare, perché mi interessa poco di raccontare a me stesso. Ognuno di loro è in grado di raccontarmi una storia che altri non potrebbero raccontare. Io ho cominciato con il commissario De Luca, ho scritto i primi due romanzi con lui che viveva nell’Italia dell'immediato dopoguerra, della guerra, eccetera, e poi, quando mi è venuta in mente una storia che potesse raccontare la Bologna della Uno bianca - per esempio -, quella che stavo vivendo negli anni 90, non me la poteva raccontare lui. E allora ecco che è arrivato Coliandro. Poi Bologna ha cominciato a diventare quella più inquieta, strana, di Almost Blue - che è un altro dei miei romanzi - e Coliandro non era in grado di raccontarla, e De Luca era troppo vecchio. Perciò è arrivata Grazia Negri. E così via. Ho raccontato l'Italia coloniale ed è arrivato il capitano Colaprico con il suo assistente Ogba, e così via. Tutte le volte che mi viene in mente un'idea io mi chiedo: chi me la racconta questa? Ecco, poi si rimane più affezionati ovviamente ad alcuni personaggi rispetto ad altri. Alcuni personaggi hanno una vita, Coliandro è diventato un personaggio televisivo - lo dico senza senza rimpianto - nel senso che vive lì soprattutto. De Luca invece è ancora quello lì, che mi racconta quell’Italia lì, un po' vecchia, che però è sempre quella di oggi. Quindi non ti senti un infedele. No, non mi sono ancora sposato con nessuno dei miei personaggi (ride). Sono persone che incontrò. Come quando prendi il treno e tutte le mattine incontri un tizio che ti racconta una cosa. Poi magari la sera sei da un'altra parte e parli con altre persone. Infatti tu in diverse interviste - anche recentemente - hai detto che i tuoi personaggi vivono in qualche modo di una vita propria, prendono loro sopravvento quando cominci a scrivere Sì, questo lo dicono in molti scrittori ed è vero, perché magari cominci con un'idea… avevo un'idea per questo romanzo, pensavo che De Luca avrebbe fatto alcune cose, poi mi sono accorto che se ne chiedeva di altre. Si è innamorato - per dire - che è una cosa che non mi sarei mai aspettato quando ho cominciato a scrivere il romanzo, ed è diventato un pezzo importante dello svolgimento della storia, che ovviamente non dico, però è stata una sorpresa ad un certo punto vedere che ansimava e aveva i rossori da adolescente quel personaggio lì. Mi ha molto colpito. Quindi non posso dire di chi si innamora. No. Oddio, o forse si. No vabbè ormai mi ha detto di no, quindi non vado oltre. Il titolo Intrigo italiano richiama un po' “intrigo internazionale”. È un richiamo voluto? Sì, perché all'inizio lo avevo pensato come “Intrigo internazionale”, poi mi sono accorto che non è vero, molte delle cose che succedono in Italia succedono per motivi molto italiani. E questo è un intrigo veramente tutto italiano. I soggetti sono anche i servizi segreti, sono tutti lì con degli interessi che sono interessi nazionali. Per gli ascoltatori che ancora non l'hanno letto, il libro, De Luca indaga - l'abbiamo detto poco fa - sull'omicidio di una donna il cui marito è morto da pochi mesi e lo fa sotto falsa identità insieme ai servizi. Ci deve essere sempre il mistero in qualche modo nei tuoi libri, vero? Certo si, è la cosa che mi piace di più raccontare. C’è un mistero nella storia internazionale di cronaca - ovviamente - che vorresti indagare e soprattutto comprendere e portare alla luce, alla verità Internazionale non so, nazionale ce ne sono tanti, ne abbiamo raccontato tanti, di misteri. Mi hanno insegnato a parlare di segreti e non di misteri, anche se a me piace di più la parola mistero. Però sono segreti, nel senso che la verità c'è da qualche parte, sta in un cassetto e molte volte lo sappiamo già anche noi. Solo che non si può dire proprio fino in fondo, perché ci mancano le carte giudiziarie. E a livello nazionale io ho sempre scelto Bologna (come caso che vorrei portare alla luce nda), la strage di Bologna. Vorrei sapere chi sono i mandanti, e perché c'è stato il depistaggio. E perché è stata fatta quella strage lì. Siamo negli anni 80, il 2 agosto 1980. È una scelta perché anche gli altri misteri sono altrettanto importanti. A livello internazionale vorrei sapere se veramente - come è girato su internet e come abbiamo raccontato scherzando anche noi una volta - se veramente Elvis Presley uccise Kennedy. È una teoria che gira. Ovviamente è una cosa pazzesca. Però voglio dire, il mistero di Kennedy… sapere esattamente cosa è successo scioglierebbe molti dei misteri anche successivi. Perchè l’importante dei misteri è capire i meccanismi, non tanto “chi è stato”. Quando capisci il meccanismo capisci che può essere riprodotto. Perché come dici tu, spesso si intuiscono le cose, ma non si hanno le carte giudiziarie per provarlo. Questo è il problema. Ho raccontato tanti misteri in televisione e non sai quanta roba c’è che avrei voluto dire e che non ho potuto dire. Intanto però, è un dato di fatto, si può leggere, se ne può parlare, si può dire: Intrigo italiano, edito da Einaudi, è il nuovo romanzo di Carlo Lucarelli con protagonista il commissario De Luca.    

 Scrittori si raccontano al microfono di Radiolibri. Parlano dei loro lavori e dei loro sogni. Delle loro inquietudini e delle loro letture. Interviste molto off e non paludate. Una missione sotto copertura, nell’Italia del 1953. È il tema dell’opera di Carlo Lucarelli, che segna il ritorno in scena del commissario De Luca. Ospitiamo qui l’intervista che ha rilasciato alla web radio RadioLibri (qui nella versione audio)

Intrigo italiano segna il ritorno in libreria dopo quasi vent’anni del commissario Achille De Luca, l’artefice di questo ritorno è ovviamente il suo papà, il suo creatore, Carlo Lucarelli, al quale do il benvenuto al microfono di RadioLibri.

Allora, 20 anni di silenzio non sono pochi. Avevamo lasciato “il nostro” in via delle Oche nel 1996. Che cosa ti ha portato a farlo tornare tra noi?
Non è che l’abbia mai abbandonato eh, perché i personaggi hanno una vita che non è quella dei loro autori. Sono vent’anni, ma in realtà non sono passati vent’anni per De Luca. Sono passati tre anni, tre o quattro anni. Dal ‘48 dove l’ho lasciato al ‘53 dove lo ritroviamo, insomma. Il punto è che ho trovato un’altra storia che lui mi poteva raccontare e quando si sono formate – da una serie di coincidenze – una trama che mi sarebbe piaciuto raccontare, un pezzo d’Italia che mi sarebbe piaciuto vedere e una persona che me la poteva raccontare – che era lui – ecco che lui è arrivato, e me l’ha raccontata.
Hai parlato della trama. Velocissimamente: essendo un noir, non diciamo troppo. Però per gli ascoltatori diamo una breve indicazione. De Luca è a Bologna ovviamente, tra gli anni ‘53 e ‘54, e indaga sull’omicidio di una donna trovata senza vita nel “trappolone”, la garçonnière diciamo del marito, dove l’uomo si comportava da scapolo, sennonché lo stesso marito aveva perso la vita 2 mesi prima. Giusto? Non diciamo altro. Anzi aggiungiamo una cosa: che lui indaga sotto falsa identità con la collaborazione – o su mandato – dei servizi. Ho detto troppo?
No. Questo è il cuore di tutta la vicenda. De Luca che indaga come al solito senza avere il potere di farlo come vorrebbe lui.
Cosa ti ha portato in quegli anni, tra il ‘53 e il ‘54. Sono passati 3-4 da dove avevamo lasciato il protagonista.
Beh sono anni importanti, anni in cui l’Italia sta cercando di darsi un’identità e sono anni di d’identità molto forti. C’è la guerra fredda, quindi “o di qua o di là”, e sono anni confusi in cui ci sono le radici di tante cose che siamo diventati dopo, che siamo anche adesso. E poi sono anni molto molto belli da raccontare. Bologna soprattutto in quegli anni lì era una curiosissima città piena di navigli per esempio, navigabile. Con le lavanderie che lavano i panni in mezzo alla città, una cosa adesso impensabile. Un sacco di neve durante l’inverno, la musica che sentiva canticchiare dappertutto, marce di mondine alla festà dell’Unità. Insomma era una città talmente strana, bella. E quegli anni lì sono anni così, anni che sembrano di fioritura, ma che sotto sotto nascondono tantissimi intrighi.
Infatti, è una Bologna molto musicale, quella che alterna il liscio al Jazz. Che tipo di ricerca c’è proprio dietro a questo libro. Insomma gli anni ‘53 – ‘54 non li hai vissuti tu.
No infatti, sono di un pochino dopo. Ho fatto una ricerca, soprattutto attraverso i settimanali. Ho usato questo sistema. Sono andato a cercarmi tutti i settimanali, giorno per giorno, settimana per settimana, di quello che volevo raccontare. E poi ho cominciato a sfogliarli e da lì ho visto… mi sono documentato meglio sulle notizie che allora la gente riteneva più importanti, che non sono quelle che magari noi col senno di poi, con la storia, abbiamo considerato veramente importanti.
Poi ci sono tantissimi dettagli meravigliosi: le pubblicità, quello che si ascoltava alla radio, il dove si attraversava la strada, con le strisce pedonali naturalmente non c’erano, fino al ‘59 non esistono, quindi la gente saltellava – come vediamo nei film – da un capo all’altro della strada con lo scampanellio dei tram che a momenti li investivano. Ecco, ho cercato di fare questo tipo di ricerca, che è una ricerca soprattutto di gesti quotidiani. Ecco De Luca toglie una mano dalla tasca e prende qualcosa. Cosa? Cosa c’era in un settimanale del 1953 quel giorno lì a Bologna?
Di certo non prende un cellulare, chiaro.
No certo, spero di non aver fatto questi errori.
No assolutamente l’“uomo del mistero” indaga questa volta nel mistero di quello che fu la nostra Italia. Che italia era quella di quegli anni, non soltanto Bologna?
È una Italia che sta cercando di capire, una Italia ancora in guerra, perché è appena iniziata la guerra fredda naturalmente. E una curiosa Italia che si vuole ricostruire, che vuole pensare ad altro, vuole dimenticarsi della guerra, è l’Italia che aspetta il boom economico che in certi posti – come Bologna per esempio – già è quasi arrivato. Però allo stesso tempo è una Italia curiosa, un’Italia che a molti non piace. Vorrebbero cambiarla e siccome non la possono cambiare con mezzi democratici, vorrebbero cambiarla con mezzi sotterranei. Infatti le radici dei cosiddetti misteri italiani – che poi in realtà sono segreti italiani, che a me è capitato di raccontare tante volte – stanno in quegli anni lì, nell’attività di sottogoverno di tanti personaggi che tramano nell’ombra, come succede negli intrighi italiani.
Carlo, il commissario De Luca non è il tuo unico personaggio seriale, ne hai creati diversi: l’ispettore Coliandro, l’ispettore Grazia Negro. Perché così tanti e non soltanto uno. Ognuno di loro rappresenta una parte di te forse?
Questo non lo so, io non la vado a cercare, perché mi interessa poco di raccontare a me stesso. Ognuno di loro è in grado di raccontarmi una storia che altri non potrebbero raccontare. Io ho cominciato con il commissario De Luca, ho scritto i primi due romanzi con lui che viveva nell’Italia dell’immediato dopoguerra, della guerra, eccetera, e poi, quando mi è venuta in mente una storia che potesse raccontare la Bologna della Uno bianca – per esempio -, quella che stavo vivendo negli anni 90, non me la poteva raccontare lui. E allora ecco che è arrivato Coliandro. Poi Bologna ha cominciato a diventare quella più inquieta, strana, di Almost Blue – che è un altro dei miei romanzi – e Coliandro non era in grado di raccontarla, e De Luca era troppo vecchio. Perciò è arrivata Grazia Negri. E così via. Ho raccontato l’Italia coloniale ed è arrivato il capitano Colaprico con il suo assistente Ogba, e così via. Tutte le volte che mi viene in mente un’idea io mi chiedo: chi me la racconta questa? Ecco, poi si rimane più affezionati ovviamente ad alcuni personaggi rispetto ad altri. Alcuni personaggi hanno una vita, Coliandro è diventato un personaggio televisivo – lo dico senza senza rimpianto – nel senso che vive lì soprattutto. De Luca invece è ancora quello lì, che mi racconta quell’Italia lì, un po’ vecchia, che però è sempre quella di oggi.
Quindi non ti senti un infedele.
No, non mi sono ancora sposato con nessuno dei miei personaggi (ride). Sono persone che incontrò. Come quando prendi il treno e tutte le mattine incontri un tizio che ti racconta una cosa. Poi magari la sera sei da un’altra parte e parli con altre persone.
Infatti tu in diverse interviste – anche recentemente – hai detto che i tuoi personaggi vivono in qualche modo di una vita propria, prendono loro sopravvento quando cominci a scrivere
Sì, questo lo dicono in molti scrittori ed è vero, perché magari cominci con un’idea… avevo un’idea per questo romanzo, pensavo che De Luca avrebbe fatto alcune cose, poi mi sono accorto che se ne chiedeva di altre. Si è innamorato – per dire – che è una cosa che non mi sarei mai aspettato quando ho cominciato a scrivere il romanzo, ed è diventato un pezzo importante dello svolgimento della storia, che ovviamente non dico, però è stata una sorpresa ad un certo punto vedere che ansimava e aveva i rossori da adolescente quel personaggio lì. Mi ha molto colpito.
Quindi non posso dire di chi si innamora.
No. Oddio, o forse si.
No vabbè ormai mi ha detto di no, quindi non vado oltre. Il titolo Intrigo italiano richiama un po’ “intrigo internazionale”. È un richiamo voluto?
Sì, perché all’inizio lo avevo pensato come “Intrigo internazionale”, poi mi sono accorto che non è vero, molte delle cose che succedono in Italia succedono per motivi molto italiani. E questo è un intrigo veramente tutto italiano. I soggetti sono anche i servizi segreti, sono tutti lì con degli interessi che sono interessi nazionali.
Per gli ascoltatori che ancora non l’hanno letto, il libro, De Luca indaga – l’abbiamo detto poco fa – sull’omicidio di una donna il cui marito è morto da pochi mesi e lo fa sotto falsa identità insieme ai servizi. Ci deve essere sempre il mistero in qualche modo nei tuoi libri, vero?
Certo si, è la cosa che mi piace di più raccontare.
C’è un mistero nella storia internazionale di cronaca – ovviamente – che vorresti indagare e soprattutto comprendere e portare alla luce, alla verità
Internazionale non so, nazionale ce ne sono tanti, ne abbiamo raccontato tanti, di misteri. Mi hanno insegnato a parlare di segreti e non di misteri, anche se a me piace di più la parola mistero. Però sono segreti, nel senso che la verità c’è da qualche parte, sta in un cassetto e molte volte lo sappiamo già anche noi. Solo che non si può dire proprio fino in fondo, perché ci mancano le carte giudiziarie. E a livello nazionale io ho sempre scelto Bologna (come caso che vorrei portare alla luce nda), la strage di Bologna. Vorrei sapere chi sono i mandanti, e perché c’è stato il depistaggio. E perché è stata fatta quella strage lì. Siamo negli anni 80, il 2 agosto 1980. È una scelta perché anche gli altri misteri sono altrettanto importanti. A livello internazionale vorrei sapere se veramente – come è girato su internet e come abbiamo raccontato scherzando anche noi una volta – se veramente Elvis Presley uccise Kennedy. È una teoria che gira. Ovviamente è una cosa pazzesca. Però voglio dire, il mistero di Kennedy… sapere esattamente cosa è successo scioglierebbe molti dei misteri anche successivi. Perchè l’importante dei misteri è capire i meccanismi, non tanto “chi è stato”. Quando capisci il meccanismo capisci che può essere riprodotto.
Perché come dici tu, spesso si intuiscono le cose, ma non si hanno le carte giudiziarie per provarlo.
Questo è il problema. Ho raccontato tanti misteri in televisione e non sai quanta roba c’è che avrei voluto dire e che non ho potuto dire.

Intanto però, è un dato di fatto, si può leggere, se ne può parlare, si può dire: Intrigo italiano, edito da Einaudi, è il nuovo romanzo di Carlo Lucarelli con protagonista il commissario De Luca.