L’artista iraniana, Leone d’argento, Shirin Neshat torna al Festival del cinema di Venezia con un film sulla leggendaria voce di Oum Kulthum. Left l’ha incontrata per parlare di questa sua nuova opera e della sua ricerca che fonde scrittura e immagine.
Aida di Verdi mancava da quarant’anni dal festival di Salisburgo. Con Riccardo Muti sul podio, la regista e artista visiva Shirin Neshat ne ha fatto un potente racconto per immagini, contro ogni guerra. Ora il suo “viaggio” in Egitto prosegue con Looking for Oum Kulthum che sarà presentato il 2 settembre alla 74° Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Da un lato il melodramma occidentale, dall’altro la musica monodica araba e una voce leggendaria. Due tradizioni forti e quanto mai differenti?
Per un caso fortuito, devo dire, mi sono trovata a lavorare simultaneamente su due progetti “egiziani”, un’opera e un film, ma il confronto è stato stimolante. Nell’Aida c’è l’antico Egitto, nel film c’è quello moderno con la storia della più grande cantante araba. Non essendo araba ma iraniana è stata una grossa sfida. Ma è stato emozionante mettere in discussione il mio modo di leggere e interpretare, provare a cimentare la mia visione in questi due progetti, che, per quanto molto diversi fra loro, riguardano entrambi la musica.
Come è stato per lei lavorare su quest’opera verdiana?
Il fatto più insolito per me è stato trovarmi a lavorare con un libretto preesistente e dalla storia piuttosto controversa. Ma ad affascinarmi è stata l’atmosfera assolutamente senza tempo (tanto più evocativa oggi) che Verdi è riuscito a conferire alla sua musica nel 1870. Una partitura avvincente, direi, anche se mi ci è voluto un po’ per apprezzarne il gusto.
Anche lei ha fatto qualcosa di analogo, raccontando al cinema la cantante egiziana Oum Kulthum?
Non volevo fare un film biografico in senso tradizionale, volevo raccontare una storia personale, interrogando le mie “fissazioni” e curiosità riguardo a questa leggendaria figura di donna e artista. Dopo tutto, Oum Kulthum è stata un vero fenomeno: una donna che è emersa dal contado in una società religiosa dominata dagli uomini, riuscendo a diventare la più grande artista del XX secolo nel mondo arabo. Ancora oggi, a 40 anni dalla sua morte, rimane la cantante più celebrata e popolare non solo in Egitto, ma in tutto il Medio Oriente. La sua voce ha toccato i cuori di milioni di persone, indipendentemente da sesso, razza, religione, estrazione sociale. Ho cercato di ripercorrerne la storia e l’eredità, ma con lo sguardo di una donna iraniana che ha affrontato le proprie sfide come artista contemporanea e donna mediorientale.
La voce di Oum fu una sorta di collante della lotta per l’indipendenza e un veicolo di panarabismo. L’arte ha questo potere straordinario?…. ( l’intervista prosegue su Left in edicola).