Era il 30 luglio 1937 e il dittatore lanciò la sua campagna di arresti ed esecuzioni contro gli oppositori. Oggi si erigono statue e le sue immagini si trovano su tazzine e magliette in vendita sulle bancarelle

Mentre negli Stati Uniti le statue dei generali confederati sudisti vanno giù, in Russia vanno su quelle di Stalin. Ad Ovest abbattute, ad Est erette. L’uomo che uccise milioni di russi, condannandoli all’esilio, al carcere o all’esecuzione, che ordinò purghe massive contro oppositori politici, semplici sospetti, innocenti, vive un nuovo momento di gloria, come uomo bastione contro i fascismi.

Dieci nuove statue di Stalin sono riapparse in Russia dal 2012, insieme a un suo ritratto nella metro della capitale, Mosca, e una placca commemorativa all’accademia statale giudiziaria, che ha fatto discutere i cittadini. Le sue foto su magneti, tazze, magliette monopolizzano le bancarelle dei venditori ambulanti sulla strada dell’Arbat. È nei libri in libreria. Nei bar, sui bicchierini della vodka. I russi non lo avevano dimenticato: Stalin era stato solo spostato in un angolo della storia, poco visibile, insieme ai garofani rossi – sempre più presenti – sulla sua tomba in Piazza Rossa.

Il Levada center, il centro sondaggi più affidabile in Russia, ha registrato nel febbraio 2017 che il 46% dei russi prova ammirazione, rispetto e simpatia per Stalin, ed erano solo il 37% a marzo 2016. Il 39% dei russi – dice sempre il Levada – crede che le deportazioni e repressioni massive siano state un crimine, nel 2012 ci credeva il 51%.

Stalin, insomma, sta tornando ad essere l’eroe che sconfisse i nazisti nella Seconda guerra Mondiale, omaggiato di nuovo dai vecchi nostalgici sovietici e da una novella generazione di nazionalisti, proprio durante l’ottantesimo anniversario dall’inizio di quello che è passato alla storia come il “Grande terrore”. Era il 30 luglio 1937 quando il leader georgiano, con la sua polizia segreta, lanciò una campagna che portò all’arresto di 1.5 milioni di persone, alla morte di 700mila, oggi sopravvissuti solo in quegli archivi che nessuno legge più. Il trentennio di Stalin è finito nel 1953. Milioni di persone morirono in campi di lavoro o di fame. C’è chi ha calcolato 15 mln di morti, chi addirittura 30, ma la cifra non è ancora certa nonostante il lavoro incessante degli storici (ma gli esseri umani non sono numeri – tranne che per i nazifascisti – cambierebbe qualcosa se anche fossero stati “solo” 5?, ndr).

Articolo aggiornato alle ore 12 del 31 agosto 2017