Nonostante l'entusiasmo del segretario Pd Renzi e del ministro del Lavoro Poletti, la disoccupazione giovanile è ancora al 35%

«Renzi può dire quello che vuole, ma più che occupazione si è creata precarietà», commenta così Maurizio Brotini, segretario Cgil Toscana il fiume di reazioni positive che i dati Istat sull’occupazione hanno generato. I dati raccolti dall’istituto segnalano infatti che gli occupati superano per la prima volta dalla crisi del 2008 i 23 milioni: in un anno si sono creati 294mila posti di lavoro in più. A luglio 2017, 23.063 persone risultano essere occupate, nonostante il tasso di disoccupazione a luglio sia salito all’11,3% con un aumento dello 0,2 punti percentuali da giugno.

Subito sono scattate le reazioni positive da parte del governo. Matteo Renzi scrive: «+918mila posti lavoro da febbraio 2014 a oggi. Il milione di lavoro lo fa il Jobs Act», mentre il Ministro del lavoro Giuliano Poletti esulta: «si tratta di un altro passo nella giusta direzione, che ci avvicina ai livelli pre-crisi». Ma Maurizio Brotini ammonisce: «il lavoro che si è creato è tutto a termine. Ad esempio nel gennaio-giugno 2016-17 ci sono state 1 milione 563mila cessazioni a tempo indeterminato e 2 milioni 351mila a tempo determinato e abbiamo avuto 149mila di differenziale tra assunzioni e cessazioni a tempo indeterminato. Sono quindi cessati 790mila contratti a tempo indeterminato e son stati attivati 640mila contratti a tempo indeterminato, quindi siamo a meno 149mila».

«Sostanzialmente – continua Brotini – non si crea occupazione stabile, ma si ridistribuisce al ribasso l’occupazione che già c’è». Il contratto a tempo determinato viene infatti favorito dalle aziende, dato che sono stati eliminati gli incentivi per i contratti a tempo indeterminato. «Ovviamente per il datore di lavoro è più conveniente continuare a fare contratti a tempo determinato – dice Brotini – una volta questi ultimi si potevano considerare un ingresso nel mondo del lavoro, ma ora non è più così: ci sono milioni di persone che lavorano da anni continuativamente con il rinnovo di contratti a tempo determinato».

Un dato preoccupante tra quelli raccolti dall’Istat è quello riguardante la disoccupazione giovanile, che tocca il tasso del 35,5%.  Brotini a questo proposito è deciso: «Non si crea lavoro per i giovani, non c’è un turnover dei lavoratori: non si crea ricambio, le persone non vanno in pensione e non si assumono giovani lavoratori. E se gli unici contratti che vengono offerti, specialmente ai giovani, sono a tempo determinato non cresce l’occupazione, cresce solo il lavoro povero e di conseguenza i precari».

Sul tema del lavoro sempre più dequalificato e a termine aveva scritto Simone Fana il 29 luglio su Left.