Che tenero personaggio è il Matteo Salvini capofila della Lega Nord (che è anche “Centro”, “Sud” e “Isole comprese” pur di rimediare qualche voto in più): issatosi sulla montagna dei paladini in difesa dell’Italia passa tutto il giorno con la calcolatrice in mano per fare da conto degli spicci che ci costano tutti quelli che hanno un’epidermide che si discosta dalla sua e veleggia fiero sulla sua promessa di “fare pulizia”, di “mandarli tutti a casa” (sì, lo so, l’abbiamo già sentita) e di combattere chiunque distragga risorse “degli italiani” che devono andare “prima agli italiani” (anche se, in qualche caso, lo slogan cambia con “prima i lombardi” in Lombardia, “prima i veneti” nel Veneto e “prima quelli che hanno il cognome che inizia con s” nelle sue riunioni di condominio).
Insomma Salvini vorrebbe essere il custode del “tesoretto italiano”, unico affidabile (secondo lui) sulla piazza. E allora mettiamoci le mani dentro le capacità di tesoreria di Matteo e del suo partito: il 24 luglio il tribunale di Genova ha condannato per truffa ai danni dello Stato il fondatore della Lega Nord, Umberto Bossi, e l’ex tesoriere del partito, Francesco Belsito, oltre ad altri tre dipendenti del partito e due imprenditori coinvolti nello scandalo dei rimborsi falsi che nel 2012 coinvolse la Lega. Ma c’è dell’altro: il tribunale ha deciso di procedere alla confisca di 49 milioni di euro al partito, come risarcimento per i rimborsi ingiustamente riscossi nel periodo 2008-2010. 49 milioni di euro. Semplificando: la Lega Nord ha indebitamente incassato, grazie a rendiconti irregolari, 49 milioni di euro, soldi degli italiani. Mica le coop o i buonisti, no: la Lega Nord.
Farebbe già ridere così (Salvini che si straccia le vesti per la notizia falsa dei 35 euro ai rifugiati e intanto sta seduto su un malloppo degno della Banda Bassotti) se non fosse che Matteo, che ama da sempre interpretare tutte le parti in commedia, in queste ore si sta sperticando in un’autodifesa che ha del patetico. Il contrappasso del gladiatore che diventa pecorella da fuori dà sempre una certa soddisfazione, del resto.
Prima parla di “sentenza politica” (“ci vogliono eliminare”, tuona dalle pagine di tutti i quotidiani) confermando la tesi per cui improvvidamente si giudica un reato in base a chi lo compie e poi, addirittura, riesce a parlare di un danno economico di cui la Lega Nord “è vittima”. Capito? Un po’ come i ladri che si lamentano di essersi presi un ceffone, come scriverebbe un Sallusti qualsiasi. Anche se proprio la Lega si è “dimenticata” di costituirsi parte civile al processo. Sbadati che sono. In compenso chiede “buonsenso”. Salvini. Buonsenso.
Poi va oltre: dall’alto della sua purezza (perché chi vuole pulizia deve per forza considerarsi pulito, evidentemente) si è preoccupato di “nascondere” i soldi come una Ong qualsiasi (come scriverebbe un Feltri qualunque). Il meccanismo lo spiega benissimo Bechis su Libero di ieri:
«Grazie a un’ idea avuta un paio di anni fa e che è diventata un fatto compiuto proprio durante il 2016: i flussi finanziari della Lega non sono più centralizzati, ma sono diventati federali e posseduti dalle strutture regionali o parzialmente regionali che hanno propria autonomia giuridica (alcune nate anche solo recentemente) e finanziaria e che quindi assai difficilmente potrebbero essere coinvolte nei sequestri».
Serve aggiungere altro?
Buon giovedì.