La sua vita è stata dedicata al dialogo quando questa parola sembrava perdersi nel clamore delle armi. Mairead Corrigan Maguire ha praticato la non violenza negli anni in cui in Irlanda del Nord la violenza era pane quotidiano. Ha praticato e non predicato. Nel fuoco di quel conflitto che sembrava infinito, lei, cattolica nordirlandese, dette vita con Betty Williams, protestante, alla Community of Peace People, un’organizzazione a favore della pace in Ulster, dimostrando che l’appartenenza religiosa e le spinte irredentiste o quelle lealiste non portavano inevitabilmente a imbracciare le armi gli uni contro gli altri. Insieme alla Williams, vinse il premio Nobel per la Pace nel 1976. La sua lotta per i diritti umani nasce anche da una dolorosa storia personale: tre suoi nipoti furono investiti e uccisi da un’auto, alla guida c’era un militante del Provisional Irish Republican Army, che era stato colpito dal fuoco di un soldato. Mairead Corrigan Maguire è anche presidente della Nobel Women’s Initiative, la fondazione che unisce le donne con questo prestigioso riconoscimento («Le donne sanno unire al meglio idealità e concretezza»).
«Da cittadina europea – afferma la Nobel per la Pace in questa intervista esclusiva concessa a Left – mi ribello a chi costruisce i muri, a chi riduce una immane tragedia umanitaria a un problema di ordine pubblico. Mi ribello in nome di quei valori umanistici che sono alla base della civiltà europea e che oggi vengono calpestati. Ho visitato i campi di accoglienza dei profughi siriani in Libano e Giordania, due piccoli Paesi che, insieme, ospitano più di due milioni di rifugiati. Due milioni su una popolazione complessiva che, tra Giordania e Libano, non supera i 14 milioni di abitanti. Nei miei incontri non c’è stato nessuno che ha usato la parola “invasione”, nessuno. Mentre in Europa di questa parola si abusa per giustificare frontiere blindate e respingimenti forzati. Di fronte a questo scempio, occorre una rivolta morale, l’esercizio del diritto-dovere all’indignazione. Non siamo in questo all’anno zero. L’Europa della solidarietà è molto più vasta, ricca, plurale, di quanto si pensi. Dobbiamo dare voce a chi non ne ha, e battersi perché venga finalmente adottato il diritto d’asilo europeo».
Quella del 2017 rischia di passare alla storia come l’estate dei respingimenti, oltre che del sanguinoso attentato nel cuore di Barcellona. Muri e terrore sono il segno dei tempi?
Ne sono parte, ma non sono il tutto. Guai ad arrendersi ai seminatori di odio, a quanti concepiscono le diversità come una minaccia e l’altro da sé come un nemico. Molto si discute…
«L’Europa che respinge i migranti in fuga da morte certa dovrebbe avere paura di sé». E sulle politiche Ue: «Mi ribello a chi riduce una immane tragedia umanitaria a un problema di ordine pubblico»