Da Kunduz all'Europa sulle spalle del figlio e del nipote. Adesso non si può muovere né parlare. Ma l'agenzia svedese ha respinto la sua domanda d'asilo: «L'età non conta»

È sopravvissuta alle guerre. Alla fame. Alle bombe. Al suo Paese: l’Afghanistan. La sua città: Kunduz. Poi al viaggio nel deserto. E in Europa è stata portata sulle spalle di suoi figlio, di 67 anni, e suo nipote, 19 anni, attraverso montagne e foreste, insieme ad altri 17 dei suoi parenti. Bibihal Uzbeki ha 106 anni e la sua domanda d’asilo è stata rifiutata dal governo svedese.

È la rifugiata più anziana del mondo e ora le dicono di dover tornare indietro, verso una casa che non ha più.

La sedia a rotella gliel’hanno data solo in Germania, ha detto suo figlio Muhammadhulla, che l’ha trasportata sulle spalle per giorni e chilometri. In Svezia ormai non può più parlare né camminare. A stento si muove. La famiglia si è appellata ai giudici della Corte dei Migranti dopo il rifiuto, ci saranno vari stadi d’appello ma riprocessare la richiesta potrebbe richiedere molto, troppo tempo. «L’età non è di per sé una ragione d’asilo» ha fatto sapere l’agenzia della migrazione svedese, commentando il caso, che ha decretato che deve tornare in Afghanistan o in qualsiasi altro Paese disposto ad accoglierla.

L’anziana – di cui hanno parlato i giornali di tutto il mondo nel 2015, quando è stata intervistata nel capo di Opatovac in Croazia – faceva parte di quel flusso umano che arrivava da Siria, Afghanistan, Iraq, attraverso quella rotta balcanica verso il sogno nordico in un’Europa che adesso dice che no, non c’è posto, né più tempo, per lei, che a 106 anni ancora sogna di vivere.

Sulla Svezia oggi e il rapporto con gli immigrati leggi intervista allo scrittore Jonas Hassen Kemiri