Il volto dell'eroina di colore che lottò contro lo schiavismo e per il voto delle donne doveva finire su una banconota da venti dollari. Il presidente non vuole ma la sua decisione è antistorica

È una donna, è nera, è una rivoluzionaria ed è morta. Ma può ancora fermare Trump.

Harriet Tubman nel 1822 era una schiava. La fuga dai padroni, poi la solidarietà che diede agli altri schiavi nell’Underground Railroad Movement, – un movimento di liberazione clandestina per i neri degli Stati Uniti-, cementarono la sua leggenda. In seguito diventò una spia dell’esercito nordista, ma morì mentre combatteva un’altra lotta: quella compiuta per permettere alle donne di votare, nel 1913, quando era già un mito della battaglia per i diritti e per l’uguaglianza.

Il suo volto, per decisione dell’amministrazione Obama e dell’allora segretario al Tesoro Jack Lew, doveva finire sulla banconota più diffusa in America, quella da venti dollari. Ma la faccia di Harriet Tubman, eroina di colore che ha lottato contro lo schiavismo, non starà nel portafogli degli americani, perché l’attuale segretario americano del Tesoro Steve Mnuchin ha detto che a metterla sulle banconote nemmeno ci pensa, «perché abbiamo altro su cui focus on, altre questioni a cui prestare attenzione».

La diatriba va avanti da tempo, ma il Washington Post, uno dei suoi ultimi editoriali l’ha titolato così: “Non rinunciate a Harriet Tubman”. Si sta erodendo la nostra democrazia, «rappresentare un membro simbolo di metà della nostra popolazione sarebbe stata un’idea rivoluzionaria. L’inversione della decisione di mettere Harriet Tubman sulle banconote da venti è un perfetto esempio dell’amministrazione Trump che distrugge i nostri valori fondamentali. L’aggiunta di un volto di donna sulle nostre banconote non era semplicemente una direttiva dell’allora presidente Barack Obama. C’è stata una lunga campagna nazionale, audizioni pubbliche svolte dal Dipartimento del Tesoro. Gli Americani avevano fatto la loro scelta per i 20 dollari».

Per un presidente che ha fatto leva sui più brutali istinti dell’uomo bianco tra il suo elettorato, sui pensieri più xenofobi e misogini della massa impoverita, trovarsi davanti al volto della donna che ha fatto un pezzo della storia nera americana, sarebbe stata quanto meno una beffa storica. Oggi Abraham Lincoln vale cinque dollari, Alexander Hamilton dieci banconote verdi. Negli Stati Uniti in piena guerra delle statue e dei simboli, dove si uccide per mantenere in piazza i marmi dei generali sudisti e dove si decapitano quelli di Cristoforo Colombo, i venti dollari di Harriet non varrebbero più solo venti dollari.

Sarebbero un simbolo, un tributo da pagare, in questo preciso momento storico, ad una delle figure più eroiche, che ha plasmato la storia dei neri e delle donne d’America. Intanto, al suo posto, sui venti dollari, rimane invece Andrew Jackson: settimo presidente americano, latifondista, a suo tempo possidente di terreni e schiavi, propagatore di idee populiste, “difensore dell’uomo comune”. In pochi lo conoscono, in pochi lo amano. Tra quei pochi c’è ovviamente il presidente Donald Trump.