In un anno più o meno 700 comandanti piloti hanno lasciato Ryanair per andarsi a prendere un posto di lavoro presso le compagnie concorrenti. Per frenare l'emorragia il capo della compagnia irlandese, Michael Hickey, ha spedito a tutti i piloti della compagnia una lettera con cui li invita per quanto possibile a "rinunciare" a dei giorni di permesso nelle prossime settimane (anche per ridurre il "taglio" di voli che sta facendo infuriare i clienti in tutto il mondo) e prova a lisciarli offrendo bonus dai 6 ai 12.000 euro oltre alla promessa di restare almeno per un anno. E la parola "bonus" suona, ancora una volta, in tutto il suo vuoto sciocco: qui si tratta semplicemente di una crema (che bene venga) all'interno di una compagnia che si è spinta a proporre contratti di lavoro dove dei diritti venivano negati in nome della "politica aziendale": i piloti Ryanair, per dire, non prevedono né ferie né malattie. E questo estremo tentativo rappresenta semplicemente due aspetti che forse sarebbe bene tenere a mente anche qui da noi, anche e soprattutto in previsione della prossima campagna elettorale. Primo: i lavoratori, tutti, lavorano dove vengono rispettati e pagati dignitosamente e anche se questo può disturbare i padroni continueranno a cercare sempre un approdo più dignitoso. I voli cancellati da Ryanair in questi giorni non sono banalmente "ferie non pagate" come insistono a dire i vertici dell'azienda ma sono piuttosto il collasso di una società che insiste a voler essere low cost facendo pagare ai lavoratori il prezzo del presunto "risparmio". E qui tocchiamo anche il secondo punto: se qualcosa costa poco è perché c'è qualcuno che sta pagando l'abbattimento dei costi e quel qualcuno sono sempre i dipendenti e i collaboratori. E forse varrebbe la pena ricordarsene perché la ricaduta poi, con tutti i suoi diversi giri, arriva in testa a noi anche se continuiamo a disinteressarcene. Sì, anche su di noi. E per questo ci dovrebbe essere una soglia, nel reddito ma anche nel costo orario del lavoro, sotto cui non ci si può permettere di andare. Ed è un compito della politica, questo. Buon mercoledì.

In un anno più o meno 700 comandanti piloti hanno lasciato Ryanair per andarsi a prendere un posto di lavoro presso le compagnie concorrenti. Per frenare l’emorragia il capo della compagnia irlandese, Michael Hickey, ha spedito a tutti i piloti della compagnia una lettera con cui li invita per quanto possibile a “rinunciare” a dei giorni di permesso nelle prossime settimane (anche per ridurre il “taglio” di voli che sta facendo infuriare i clienti in tutto il mondo) e prova a lisciarli offrendo bonus dai 6 ai 12.000 euro oltre alla promessa di restare almeno per un anno.

E la parola “bonus” suona, ancora una volta, in tutto il suo vuoto sciocco: qui si tratta semplicemente di una crema (che bene venga) all’interno di una compagnia che si è spinta a proporre contratti di lavoro dove dei diritti venivano negati in nome della “politica aziendale”: i piloti Ryanair, per dire, non prevedono né ferie né malattie. E questo estremo tentativo rappresenta semplicemente due aspetti che forse sarebbe bene tenere a mente anche qui da noi, anche e soprattutto in previsione della prossima campagna elettorale.

Primo: i lavoratori, tutti, lavorano dove vengono rispettati e pagati dignitosamente e anche se questo può disturbare i padroni continueranno a cercare sempre un approdo più dignitoso. I voli cancellati da Ryanair in questi giorni non sono banalmente “ferie non pagate” come insistono a dire i vertici dell’azienda ma sono piuttosto il collasso di una società che insiste a voler essere low cost facendo pagare ai lavoratori il prezzo del presunto “risparmio”.

E qui tocchiamo anche il secondo punto: se qualcosa costa poco è perché c’è qualcuno che sta pagando l’abbattimento dei costi e quel qualcuno sono sempre i dipendenti e i collaboratori. E forse varrebbe la pena ricordarsene perché la ricaduta poi, con tutti i suoi diversi giri, arriva in testa a noi anche se continuiamo a disinteressarcene. Sì, anche su di noi. E per questo ci dovrebbe essere una soglia, nel reddito ma anche nel costo orario del lavoro, sotto cui non ci si può permettere di andare. Ed è un compito della politica, questo.

Buon mercoledì.