Alcuni anni fa, a una celebrazione del 25 Aprile, incontrai un partigiano ultraottantenne che si lamentava del fatto che le commemorazioni fossero divenute ormai ritualistiche, e che lo spirito della Liberazione non fosse più così diffuso all’interno della popolazione, specialmente quella più giovane. Bene: paragonata alla situazione del 25 Aprile, quella del 20 Settembre è comunque incomparabilmente peggiore. Non solo le celebrazioni sono organizzate da un numero veramente limitato di amministrazioni ma, soprattutto, nella situazione attuale, ci farebbe un enorme piacere sostenere che «lo spirito del Venti Settembre non è più così diffuso all’interno della popolazione». Perché presupporrebbe, quantomeno, un’estesa informazione sulla ricorrenza. Purtroppo, la desolante realtà è che la stragrande maggioranza della popolazione non sa nemmeno cosa accadde il 20 settembre del 1870. E questa “lacuna” (eufemismo), si badi bene, coinvolge anche la popolazione più colta. Per fare giusto un esempio: giorni fa, un attivista laico aduso a consegnare di persona le proprie lettere al quotidiano cittadino ha dovuto amaramente constatare che, all’interno della redazione, quasi nessuno sapesse cosa è successo 147 anni fa. Questa lacuna, aspetto altrettanto grave, ha pesanti ripercussioni sulla realtà attuale. Non si sa, ad esempio, che c’era un papa, Pio IX, che governava uno Stato da vero e proprio monarca: lacuna grave soprattutto oggi, quando le gerarchie ecclesiastiche danno ai nostri politici consigli interessati in materia di governo. Non si sa nemmeno che quello Stato era uno dei più inefficienti e illiberali d’Europa: lacuna grave soprattutto oggi, quando le gerarchie ecclesiastiche danno consigli ai nostri politici in materia di economia e diritti umani. E non si sa che quel papa era risolutamente contrario all’Unità d’Italia: lacuna grave soprattutto oggi, quando la Conferenza Episcopale Italiana rivendica le radici cristiane del Paese. Non si sa neppure che quel papa negava i diritti civili a tutti i cittadini non cattolici (ebrei, protestanti e non credenti): lacuna grave soprattutto oggi, quando il cardinal Ruini definisce «una splendida lezione» un discorso che ha rischiato di creare uno scontro di civiltà con l’islam. Infine, non si sa che quel papa si espresse contro la democrazia, la libertà di espressione e la libertà religiosa: lacuna grave soprattutto oggi, quando la Chiesa cattolica rivendica spazi sempre più ampi di intervento, dai mezzi di informazione alle grandi questioni bioetiche, con ciò scivolando pericolosamente verso una configurazione in senso “etico” dello Stato. È triste constatare come si sia caduti in basso. Ma la disinformazione, del resto, coinvolge anche la conoscenza della storia stessa della laicità. Pochi sanno che il concetto occidentale di laicità è nato in Italia, con Dante e Marsilio. E quasi nessuno, nello stesso mondo laico, è al corrente che anche il concetto di libertà religiosa ha un’origine italiana: ma i nomi di Lelio e Fausto Sozzini non sono inseriti nei libri di testo scolastici, non sono citati nei tanti incontri interculturali, non sono nemmeno ricordati dalla toponomastica dei municipi (forse perché dedicare strade agli eretici è ancora oggi alquanto problematico). Tutto questo per dire che c’è un gigantesco problema di memoria storica. Vi è certamente, in tutto questo, una gravissima responsabilità della classe politica: che, da sola, non sarebbe però bastata a creare un baratro così profondo. Probabilmente le gerarchie ecclesiastiche hanno operato efficacemente. Forse si è sopravvalutata troppo la (presunta?) laicità del popolo italiano. Ma quel che è sicuro è che, per invertire la tendenza, non possiamo limitarci solo a pur doverose rivendicazioni e celebrazioni: dobbiamo anche operare concretamente, giorno per giorno, per la concreta applicazione del supremo principio costituzionale della laicità dello Stato. Raffaele Carcano, Uaar.it

Alcuni anni fa, a una celebrazione del 25 Aprile, incontrai un partigiano ultraottantenne che si lamentava del fatto che le commemorazioni fossero divenute ormai ritualistiche, e che lo spirito della Liberazione non fosse più così diffuso all’interno della popolazione, specialmente quella più giovane.

Bene: paragonata alla situazione del 25 Aprile, quella del 20 Settembre è comunque incomparabilmente peggiore. Non solo le celebrazioni sono organizzate da un numero veramente limitato di amministrazioni ma, soprattutto, nella situazione attuale, ci farebbe un enorme piacere sostenere che «lo spirito del Venti Settembre non è più così diffuso all’interno della popolazione». Perché presupporrebbe, quantomeno, un’estesa informazione sulla ricorrenza. Purtroppo, la desolante realtà è che la stragrande maggioranza della popolazione non sa nemmeno cosa accadde il 20 settembre del 1870.

E questa “lacuna” (eufemismo), si badi bene, coinvolge anche la popolazione più colta. Per fare giusto un esempio: giorni fa, un attivista laico aduso a consegnare di persona le proprie lettere al quotidiano cittadino ha dovuto amaramente constatare che, all’interno della redazione, quasi nessuno sapesse cosa è successo 147 anni fa.

Questa lacuna, aspetto altrettanto grave, ha pesanti ripercussioni sulla realtà attuale.

Non si sa, ad esempio, che c’era un papa, Pio IX, che governava uno Stato da vero e proprio monarca: lacuna grave soprattutto oggi, quando le gerarchie ecclesiastiche danno ai nostri politici consigli interessati in materia di governo.

Non si sa nemmeno che quello Stato era uno dei più inefficienti e illiberali d’Europa: lacuna grave soprattutto oggi, quando le gerarchie ecclesiastiche danno consigli ai nostri politici in materia di economia e diritti umani.

E non si sa che quel papa era risolutamente contrario all’Unità d’Italia: lacuna grave soprattutto oggi, quando la Conferenza Episcopale Italiana rivendica le radici cristiane del Paese.

Non si sa neppure che quel papa negava i diritti civili a tutti i cittadini non cattolici (ebrei, protestanti e non credenti): lacuna grave soprattutto oggi, quando il cardinal Ruini definisce «una splendida lezione» un discorso che ha rischiato di creare uno scontro di civiltà con l’islam.

Infine, non si sa che quel papa si espresse contro la democrazia, la libertà di espressione e la libertà religiosa: lacuna grave soprattutto oggi, quando la Chiesa cattolica rivendica spazi sempre più ampi di intervento, dai mezzi di informazione alle grandi questioni bioetiche, con ciò scivolando pericolosamente verso una configurazione in senso “etico” dello Stato.

È triste constatare come si sia caduti in basso. Ma la disinformazione, del resto, coinvolge anche la conoscenza della storia stessa della laicità. Pochi sanno che il concetto occidentale di laicità è nato in Italia, con Dante e Marsilio. E quasi nessuno, nello stesso mondo laico, è al corrente che anche il concetto di libertà religiosa ha un’origine italiana: ma i nomi di Lelio e Fausto Sozzini non sono inseriti nei libri di testo scolastici, non sono citati nei tanti incontri interculturali, non sono nemmeno ricordati dalla toponomastica dei municipi (forse perché dedicare strade agli eretici è ancora oggi alquanto problematico).

Tutto questo per dire che c’è un gigantesco problema di memoria storica. Vi è certamente, in tutto questo, una gravissima responsabilità della classe politica: che, da sola, non sarebbe però bastata a creare un baratro così profondo. Probabilmente le gerarchie ecclesiastiche hanno operato efficacemente. Forse si è sopravvalutata troppo la (presunta?) laicità del popolo italiano. Ma quel che è sicuro è che, per invertire la tendenza, non possiamo limitarci solo a pur doverose rivendicazioni e celebrazioni: dobbiamo anche operare concretamente, giorno per giorno, per la concreta applicazione del supremo principio costituzionale della laicità dello Stato.

Raffaele Carcano, Uaar.it