La campagna elettorale è ormai iniziata e si gioca una partita sporca strumentalizzando stupri e immigrazione. Ma le attiviste di Non una di meno sparigliano le carte e si preparano al contrattacco. In vista della grande manifestazione nazionale del 25 novembre

Le opposte chiavi di lettura che media e politica hanno adottato per parlare del caso degli stupri di Rimini, per i quali sono state arrestate quattro persone di origine africana, e di quello di Firenze, dove gli accusati sono due italianissimi carabinieri, hanno messo in luce quanto gli usi strumentali del corpo delle donne e dei migranti siano radicalmente intrecciati. Due fatti simili, due letture diverse, ma in ballo ci sono migliaia di voti da mettere in cascina, quale che sia il prezzo da pagare. C’è pero chi se ne è accorto, e lo denuncia con forza.

«Quando è utile ai fini razzisti, allora la donna è una “povera vittima indifesa” da proteggere dall’immigrato, maschio, brutto, stupratore delle “nostre” donne, retorica utilizzata dalla destra ma anche da alcune delle forze cosiddette “di sinistra”; quando invece ad essere indagati sono membri delle forze dell’ordine, allora la discussione scivola incredibilmente sulle responsabilità delle donne, sulla loro imprudenza, sulle loro condotte, sui rischi dello sballo del sabato sera».

A parlare è Tatiana Montella, avvocato e attivista romana del collettivo Degender Communia e di Non una di meno: un movimento vivace, femminista, che muove una feroce critica a queste strumentalizzazioni, tiene insieme lotte diverse, e ha dimostrato di essere in grado di riempire piazze in tutto il mondo. Dopo aver portato nel cuore di Roma 200mila persone lo scorso 26 novembre, e dopo lo sciopero dell’8 marzo che ha cnoinvolto circa 40 Paesi, Montella spiega quali sono prossimi obiettivi del movimento e qual è il segreto di tale successo.

«Una delle carte vincenti è stata sicuramente la capacità di assecondare la volontà di mobilitazione delle donne, a partire da questioni sulle quali da tempo si era sedimentata una necessità diffusa di reagire: il femminicidio, il diritto alla salute e all’aborto, l’uso strumentale del corpo delle donne. Il movimento è stato in grado di tradurre questa necessità in azioni concrete».

Tutto ciò, in una prospettiva che supera non solo i confini nazionali, ma anche quelli generazionali…

L’intervista a Tatiana Montella prosegue su Left in edicola


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