«Ho imparato come nascono i bambini da un magazine che si chiamava Happy Home. Era stato pubblicato dal dipartimento pakistano del Ministero della Popolazione, che doveva incoraggiare le persone ad avere meno figli». Mohammed Hanif, l'autore di queste righe, vincitore di svariati premi prestigiosi destinati agli scrittori di lingua inglese, aveva dieci anni all'epoca e si ricorda l'illustrazione su quel giornale.

«Un uomo, una donna, due bambini paffuti sono seduti intorno ai fornelli e mangiano. Ho concluso allora che i bambini venivano concepiti mangiando, intorno ai fornelli. Quando i risultati del censimento della popolazione in Pakistan sono stati resi noti il mese scorso, sembravano indicare che il messaggio di Happy Home era stato frainteso da molti». La popolazione pakistana conta oggi 207 milioni di persone. È aumentata del 57% dall'ultimo censimento datato 1998. Il Pakistan è diventato così il quinto stato più popoloso del mondo.

«In 150 anni, ha detto il fisico Pervez Hoodbhoy, il Paese sarà come una stanza dove tutti potranno solo stare in piedi». Dove non c'è spazio. Dove non stanno crollando solo le limitate risorse e i carenti servizi. «Un ottavo dei bambini che al mondo non vanno a scuola, sono in Pakistan. E le conversazioni su come si fanno i figli non sono cambiate molto dai tempi di Happy Home, quaranta anni fa». Nonostante gli avvertimenti sull'esplosione demografica, nel Paese non si parla ancora di controllo delle nascite, «perché parlare di controllo demografico, vuol dire parlare di sessualità e non puoi farlo né in tv, né alla radio, né nei villaggi, né in Parlamento». Le pubblicità di preservativi sono vietate e «sesso rimane una parola sporca. Come se pronunciarlo e farlo fossero la stessa cosa», scrive Hanif: «Noi non parliamo di sesso nemmeno con la persona con cui lo facciamo».

Per i poveri del Paese, la stragrande maggioranza della popolazione, i bambini sono fonte di reddito, cominciano a lavorare a 5 o 6 anni. Il governo pakistano poteva coinvolgere il clero per sfatare il mito della contraccezione, considerata anti-islamica, ma non l'ha fatto. Potevano fare lo stesso con il vaccino contro la polio, che per molti «era solo una copertura di una cospirazione americana per sterilizzare i pakistani. Poi il governo ha mandato gli imam in tv per spiegare che non era desiderio di Allah rendere zoppa la nuova generazione».

«Ho imparato come nascono i bambini da un magazine che si chiamava Happy Home. Era stato pubblicato dal dipartimento pakistano del Ministero della Popolazione, che doveva incoraggiare le persone ad avere meno figli». Mohammed Hanif, l’autore di queste righe, vincitore di svariati premi prestigiosi destinati agli scrittori di lingua inglese, aveva dieci anni all’epoca e si ricorda l’illustrazione su quel giornale.

«Un uomo, una donna, due bambini paffuti sono seduti intorno ai fornelli e mangiano. Ho concluso allora che i bambini venivano concepiti mangiando, intorno ai fornelli. Quando i risultati del censimento della popolazione in Pakistan sono stati resi noti il mese scorso, sembravano indicare che il messaggio di Happy Home era stato frainteso da molti». La popolazione pakistana conta oggi 207 milioni di persone. È aumentata del 57% dall’ultimo censimento datato 1998. Il Pakistan è diventato così il quinto stato più popoloso del mondo.

«In 150 anni, ha detto il fisico Pervez Hoodbhoy, il Paese sarà come una stanza dove tutti potranno solo stare in piedi». Dove non c’è spazio. Dove non stanno crollando solo le limitate risorse e i carenti servizi. «Un ottavo dei bambini che al mondo non vanno a scuola, sono in Pakistan. E le conversazioni su come si fanno i figli non sono cambiate molto dai tempi di Happy Home, quaranta anni fa». Nonostante gli avvertimenti sull’esplosione demografica, nel Paese non si parla ancora di controllo delle nascite, «perché parlare di controllo demografico, vuol dire parlare di sessualità e non puoi farlo né in tv, né alla radio, né nei villaggi, né in Parlamento». Le pubblicità di preservativi sono vietate e «sesso rimane una parola sporca. Come se pronunciarlo e farlo fossero la stessa cosa», scrive Hanif: «Noi non parliamo di sesso nemmeno con la persona con cui lo facciamo».

Per i poveri del Paese, la stragrande maggioranza della popolazione, i bambini sono fonte di reddito, cominciano a lavorare a 5 o 6 anni. Il governo pakistano poteva coinvolgere il clero per sfatare il mito della contraccezione, considerata anti-islamica, ma non l’ha fatto. Potevano fare lo stesso con il vaccino contro la polio, che per molti «era solo una copertura di una cospirazione americana per sterilizzare i pakistani. Poi il governo ha mandato gli imam in tv per spiegare che non era desiderio di Allah rendere zoppa la nuova generazione».