Anche il quotidiano di Confindustria partecipa alla campagna mediatica e politica contro l'immigrazione?

In un articolo dal titolo “Reati di stranieri, l’allerta del Viminale” che volendo potete trovare sul sito del Sole24ore, il quotidiano di Confindustria nel riportare i dati relativi ai reati imputati a stranieri residenti in Italia si è dimenticato di suddividere per nazionalità le percentuali riportate nel documento del ministero dell’Interno.

«I numeri sui reati parlano da soli» sostiene l’autore dell’articolo per dare forza al suo ragionamento (e alle percentuali). «Sul totale delle “segnalazioni riferite a persone denunciate/arrestate” nel periodo 1° agosto 2016-31 luglio 2017 (dati del Viminale “non consolidati”), pari a 839.496, quelle che riguardano stranieri sono 241.723. La percentuale è del 28,8%. Poco differente dal 30% dei dodici mesi precedenti. Il punto decisivo non è tanto la comparazione nel tempo: c’è un calo generale dei reati e gli stranieri non fanno differenza. Sgombrata ogni tentazione politica strumentale, resta il peso specifico della criminalità straniera. Rapportato il numero di denunce/arresti alla popolazione residente, nel caso degli stranieri siamo al 4,78% contro l’1,07% degli italiani. Se consideriamo anche gli extracomunitari non residenti la percentuale si può abbassare. Ma non di molto. Resta il fatto, per citare i numeri più alti, che il 55% dei furti con destrezza è di origine di soggetti stranieri. Così come il 51,7% dello sfruttamento della prostituzione e della pornografia minorile. Il 45,7% delle estorsioni, il 45% dei furti in abitazione e il 41,3% di ricettazioni».

Mettere tutta la popolazione straniera nello stesso calderone in contrapposizione a quella italiana,  come fa il Sole24ore, assomiglia molto alla logica xenofoba del “noi e loro”. Una logica binaria tesa ad alzare muri (e chiudere porti) tra l’Italia e il resto del mondo in nome di una inesistente superiorità culturale oltre che purezza della razza di mussoliniana memoria.

Non sappiamo se il Sole24ore abbia fatto confusione di proposito, anzi sicuramente no. Di certo questa cosa di dividere per due – italiani da una parte, stranieri dall’altra – è un “giochino” che ha già funzionato nel caso degli stupri. Ricordate i titoli dei soliti media, nei giorni seguenti allo stupro di Rimini? “Il 40% delle violenze sulle donne in Italia sono compiute da stranieri”, più o meno tutti citavano così (con Repubblica in testa, del resto il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari è recidivo). Acchiappando click e guadagnandosi la ola del ventre molle del Paese.

Considerando che la nostra popolazione è composta solo per l’8% da immigrati, la percentuale messa in evidenza tentava di confermare la validità dell’idea di chi sostiene che la (presunta) invasione di extracomunitari vada fermata a tutti i costi perché gli stranieri sono tutti delinquenti.

I sostenitori di quella ignobile propaganda dal canto loro si sono guardati dal suddividere le statistiche per nazionalità di appartenenza e riportare tutto nei binari della realtà. Sarebbe emerso che, sempre riguardo gli stupri denunciati, il 61 % viene compiuto da italiani, a seguire, l’8.6% da cittadini romeni (che sono comunitari), il 6% da marocchini, l’1,6 % da tunisini e poi via via percentuali da prefisso telefonico. Il che restituisce un’istantanea del fenomeno criminale un pochino diversa da quella che raccontano i fan del “60-40”, non trovate?

I responsabili di questa ignobile campagna mediatica e politica si sono guardati bene, altresì, di ricordare al lettore poco attento che la responsabilità penale è personale. Perché questa omissione? Di fronte a questa misera gara a chi la spara più grossa, giocata sulla pelle dei migranti e delle donne (in estrema sintesi, più dell’incolumità e delle conseguenze per la donna nel dibattito pubblico diventa importante la nazionalità e il colore della pelle dello stupratore), è lecito ipotizzare che l’alterazione della verità sia considerata da costoro necessaria per prendere voti e visibilità. Ed eccoli senza alcun pudore allisciare il pelo ai fautori della in-cultura razzista che si esplica nell’attribuire a un’intera etnia la responsabilità e/o la propensione a delinquere del singolo appartenente a quella etnia. Salvo poi evitare accuratamente di fare questi stessi “nessi logici” se l’autore del reato è un cittadino italiano o… un carabiniere.

Scrivevo già per Avvenimenti ma sono diventato giornalista nel momento in cui è nato Left e da allora non l'ho mai mollato. Ho avuto anche la fortuna di pubblicare articoli e inchieste su altri periodici tra cui "MicroMega", "Critica liberale", "Sette", il settimanale uruguaiano "Brecha" e "Latinoamerica", la rivista di Gianni Minà. Nel web sono stato condirettore di Cronache Laiche e firmo un blog su MicroMega. Ad oggi ho pubblicato tre libri con L'Asino d'oro edizioni: Chiesa e pedofilia. Non lasciate che i pargoli vadano a loro (2010), Chiesa e pedofilia, il caso italiano (2014) e Figli rubati. L'Italia, la Chiesa e i desaparecidos (2015); e uno con Chiarelettere, insieme a Emanuela Provera: Giustizia divina (2018).