Secondo il politologo tra i fondatori di Podemos, la sinistra ha un problema di cosmo-visione: se non riesce a ripensarsi e a sviluppare un pensiero nuovo, potrà solo continuare a resistere agli attacchi del modello neoliberista.

Politologo e professore di Scienza Politica e dell’Amministrazione presso l’Universidad complutense de Madrid, Juan Carlos Monedero, 54 anni, è stato nel gennaio del 2014 uno dei fondatori di Podemos. Alle spalle ha un’esperienza di osservatore e analista per Izquierda Unida e per il Venezuela di Chávez. Insieme a Pablo Iglesias e Íñigo Errejón, ha costruito il partito che sta cambiando la Spagna, occupando la segreteria del Processo costituente e del Programma di Podemos. Nell’aprile del 2015, dopo una dura campagna di stampa contro di lui, ha deciso di dimettersi, ma continua a militare e ad offrire analisi necessarie per capire come la sinistra possa ritrovare la bussola. È autore di diversi libri, uno tradotto anche in Italia: Corso urgente di politica per gente decente (Feltrinelli, 2015).

L’internazionalismo ha futuro?
In un contesto di concorrenza dentro il mondo del lavoro tanto negli stati nazionali come in tutta l’Unione europea, credo che l’internazionalismo renda molto difficile il coordinamento che ha avuto la sinistra dopo la Seconda guerra mondiale. Soprattutto perché oggi non si riconosce l’avversario, che prima era identificato con una destra che si era fatta fascista. Pesa di più l’interesse particolare che porta a posizioni egoiste e individualiste e non il male che ci fa il modello neoliberista. Si fa molta fatica ad identificarlo come il responsabile di tutto quel che succede.

Quali sono i compiti urgenti per la sinistra?
Identificare il “nemico” in un modo chiaro. Rompere la selettività strategica dello Stato che converte l’idea della rappresentazione in uno strumento potente delle minoranze. E stabilire….

L’intervista di Steven Forti a Juan Carlos Monadero prosegue su Left in edicola


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