Proseguono le difficili trattative tra governo centrale ed Esercito di liberazione nazionale. Sono sempre di più i colombiani che hanno capito che con l'accordo con le Farc del 2016 anno sono stati svenduti pezzi interi di Paese a grossi potentati economici

Era il mese di febbraio quando il comandante in capo dell’Eln Bernardo Tellez aveva annunciato con un comunicato radio che nel Narino (sud- ovest della Colombia) si sarebbe realizzato uno sminamento umanitario. Sì la proposta di desminado umanitario emersa dalle consultazioni popolari all’interno del progetto di cooperazione Dupla paz, portato avanti da Oikos onlus di Udine, è stata accettata dall’esercito di liberazione nazionale che si dichiara disponibile a sedere ai tavoli di pace di Quito (Ecuador), proprio con chi ha formulato la proposta. Il 13 agosto 2017 durante una riunione partecipata da oltre 950 persone Oikos e Isais (il partner colombiano della ong friulana ndr) raccolgono gli argomenti da portare al tavolo all’attenzione del governo colombiano e dell’Eln.
Dopo oltre 12 anni di attese l’Eln sembra intenzionato a discutere e accettare di realizzare lo sminamento umanitario delle zone minate del centro ovest del Narino e a parlarne con le Istituzioni. Dopo 12 anni si potrebbe riattivare quel patto locale di Pace che portò Samaniego (città di 50mila abitanti incastonata fra le ande del Narino) fra il 2005 e il 2007 a essere l’unica città della Colombia in stato di Pace. La data in cui Eln e governo vengono invitati al tavolo di Quito è il 18 settembre 2017. La conferma arriva puntuale dai guerriglieri solo 4 giorni prima con slittamento dell’appuntamento di un solo giorno: il 19 settembre è la data dello storico incontro. Un folto gruppo interetnico parte alla volta di Quito da Samaniego: ci sono 11 friulani, di cui sei giovanissimi volontari, un gruppo di amici di Oikos e un videomaker friulano, una ragazza di Padova, un giornalista di una televisione spagnola (Tele Murcia). Ai nostri si aggiungono il responsabile di Isais – Harold Montufar Andrade ex sindaco di Samaniego) con un paio di membri dello staff e 4 rappresentanti di altrettante comunità indigene. L’appuntamento è di quelli importanti.

Si parte in diciotto nel primo pomeriggio, si arriva alla frontiera con l’Ecuador in auto dopo tre ore e mezza di strade sterrate che arrivano sino a oltre 3000 metri di quota. I paesaggi sono mozzafiato e la luce del sole calante avvolge di magico le verdi montagne del sud della Colombia. Il Volcan Galera guarda tutti dall’alto dei suoi 4200 metri. Si passa il confine di Rumichaca a piedi sotto un tramonto magico e quasi irreale. Il cielo è violetto, l’orizzonte arancione contrasta con il verde intenso della vegetazione ecuadorenha. Un’oretta di dogana per il controllo passaporti ci fa apprezzare sempre di più il crollo delle barriere fra gli Stati europei e ci fa riflettere sulla pazzia di chi vuole erigere nuovi muri. Bisogna raggiungere Tuncan, dei minibus fanno servizio taxi, ne noleggiamo 2 e in 20 minuti siamo al terminal delle corriere. Da lì ora mancano solo 5 ore per Quito, dove la mesa de paz ci aspetta per le 15 del giorno seguente. Non ci sembra vero, il megabus per Quito è fornito di ogni comodità: sedili reclinabili, comodi e larghi e, udite udite, wifi gratis che va come una bomba. Le infrastrutture in questi paesi lasciano a desiderare ma la tecnologia arriva forte e chiara. Arriviamo in una silenziosissima Quito verso mezzanotte. Troviamo un buon ostello, il cuore batte forte e si fa fatica a dormire. Quota 2880 metri non aiuta a rilassarsi. Non ci troviamo né a Nord né a Sud, siamo nell’ombelico del mondo.

Il giorno dopo al mattino Harold, il nostro partner colombiano, ci impone la visita alla casa del hombre per vedere la grande mostra del pittore Guayasamin. “Se non hai conosciuto le opere di Guayasamin non puoi dire di essere stato a Quito” ci dice. Nessuno di noi lo conosce – bestie ignoranti che siamo – ma il modo di dipingere il dolore del Sud America ci conquista tutti, le sue pitture sono emozionanti e danno tanta carica … nelle sue opere il Condor dell’America Latina alla fine riesce a piegare il Toro del conquistador spagnolo, oltre alla carica c’è anche una buona dose di speranza. Un pasto al volo, c’è poco tempo, bisogna andare all’appuntamento con i comandanti dei guerriglieri.

Chi si aspetta soldati con bavaglio e uniforme armati fino ai denti si sbaglia. Ci accolgono cinque persone piuttosto distinte. Sono tutti vertici nazionali dell’esercito insorgente (come amano definirsi) dell’Eln , nato dal movimento studentesco colombiano e animato da intellettuali di un certo spessore, spesso di fede cattolica  combinata con una evidente ispirazione guevariana (ma il Che era ateo ndr). Il più giovane di loro non ha quarant’ anni ed è il responsabile della comunicazione, due sono donne di carnagione meticcia, belle ed eleganti, dal carattere forte fiere di far parte del movimento di guerriglia. “In questo Paese, con tutti questi governi che si sono succeduti nella recente storia della Colombia, l’unico modo per poter cambiare le cose è la guerriglia,  fatta con le bombe” racconta in seguito Silvana in un’intervista rilasciata alla nostra troupe. Sono discorsi che tristemente rimandano indietro le nostre menti agli anni Settanta in Italia… i due più anziani (di sicuro ultrasessantenni) hanno lo sguardo più rassegnato, le rughe testimoniano fatica e una non troppo serena constatazione che nemmeno con la guerriglia le cose sono cambiate. In Colombia sono ancora i meno abbienti e i piccoli agricoltori quelli che soffrono. Il comandante Aureliano (sì proprio questo il suo nome di battaglia) è molto colpito dalla presenza di una così folta rappresentanza di italiani. All’incontro erano state espressamente invitate dal governatore del Narino anche le nostre rappresentanze istituzionali regionali che, come da copione, non si sono degnate nemmeno di fornire una risposta… peccato la presenza (più volte invocata) di un rappresentante istituzionale nostrano avrebbe ulteriormente rafforzato il ruolo della delegazione e dato maggiore spessore internazionale al tavolo… peccato , per l’ennesima volta la nostra classe dirigente si dimostra piuttosto autoreferenziale e sostanzialmente provincialotta, incapace di interpretare il senso più bello della solidarietà internazionale… Ma non pretendiamo troppo e andiamo oltre.

Il comandante Aureliano è un campione di sintesi e di chiarezza. Spiega molto bene il loro ruolo di guerriglieri e la loro posizione all’interno di un conflitto che, nonostante i proclami successivi all’accordo fra governo e Farc, è ancora lontano dall’essere risolto. L’Eln è una forza insorgente nata per tutelare i piccoli agricoltori e i meno abbienti, di fronte a governi reazionari che hanno da sempre appoggiato latifondo e multinazionali. L’Eln non ci sta a firmare accordi di pace a porte chiuse, lo vogliono fare alla luce del sole, in contesti assembleari di partecipazione. A distanza di un anno sono sempre di più i colombiani che hanno capito che con l’accordo fra governo e Farc dello scorso anno sono stati svenduti pezzi interi di Paese a grossi potentati economici… anche la pace ha i suoi costi e qualche sponsor ci vuole.

Aureliano mette in chiaro quali sono le condizioni per poter firmare un accordo di pace a livello nazionale e l’attivazione di forme di partecipazione democratica è il primo punto all’ordine del giorno. Ma sulla partecipazione democratica il governo ovviamente non ci sente… le trattative saranno ancora lunghe.

Hanno chiesto al governo di fermare l’escalation dell’attività armata dei nuovi gruppi paramilitari (i gruppi armati di destra nati a difesa dei latifondi e poi, sotto la guida di Salvatore Mancuso, diventati i principali gestori del narcotraffico). Dal giorno della firma con le Farc sono oltre 150 i leader comunitari morti ammazzati, ma il governo non può ammettere di essere in grado di fermare i paramilitari, sarebbe come ammettere alla luce del sole di avere una certa influenza sugli stessi… le trattative saranno ancora lunghe.

Noi dobbiamo fare la nostra parte e chiediamo a gran voce quanto richiesto dalle 950 persone presenti alla riunione di Samaniego il 13 agosto: riattivare il patto locale di pace di Samaniego, interrottosi nel 2007, e soprattutto dare avvio concreto allo sminamento umanitario (che altro non è che uno sminamento portato avanti dai guerriglieri in collaborazione con la società civile). Lo chiede con forza Oikos, lo chiede con forza Isais, lo chiedono con forza le rappresentanze indigene presenti al tavolo e la gente del centro ovest del Narino. Il comandante Aureliano conferma la volontà dell’Eln a dare avvio al desminado umanitario e il tema – garantisce – sarà il primo argomento sul tavolo del quarto round di dialoghi con il governo colombiano previsti per il mese di ottobre. I rappresentanti delle comunità indigene tuonano che non ne vogliono più sapere né dell’esercito regolare, nè dei paramilitari (piaga mai sanata in Colombia) né di avere la protezione degli eserciti di guerriglia… “Ve ne dovete andare dalle nostre terre e lasciarci in pace, la nostra gente è stufa”, tuona in modo energico una rappresentante indigena Awa della millenaria comunità del Sande. Sì perché la guerriglia capitanata da Aureliano e i suoi non guarda in faccia nessuno e per finanziarsi continua a praticare estorsioni e a taglieggiare gli stessi piccoli agricoltori che dice di voler proteggere, continua nei sequestri di persona e continua a seminare morte…. certo non in modo brutale come i paramilitari ci dicono , ma anche l’Eln continua a fare le sue vittime.

Il livello di riflessione politica del comandante Aureliano è di assoluto spessore, è quasi ammaliante la semplicità con cui ti spiega le cose. E’ uno di quei vecchi rivoluzionari che quando ti parla è talmente chiaro che anche se non conosci bene lo spagnolo il messaggio ti arriva comunque, forte e chiaro. Ma mentre lo ascolti e credi che le loro motivazioni siano tutt’altro che censurabili beh… devi ricordarti che l’Eln continua a fare le sue vittime, a taglieggiare i contadini, a sequestrare innocenti figli del popolo, a rivendicare il controllo armato dei territori, a piazzare bombe in mezzo alla gente – l’ultima non più di un mese fa… proprio in centro a Samaniego. Tutto questo non torna, non batte, mi dispiace ma stride fortemente con la carica di idealità e la lucida e ricca riflessione rivoluzionaria di Aureliano, Consuelo, Carlos e Silvana. Gli occhi stanchi e le rughe di Aureliano sanno che dopo 54 anni di guerriglia armata e centinaia di migliaia di vittime le condizioni dei meno abbienti, di coloro per cui hanno voluto fare la rivoluzione, non sono migliorate…. anzi il livello di corruzione istituzionale è cresciuto, le espropriazioni e gli sfollamenti aumentati, le concessioni minerarie alle multinazionali decuplicate, l’influenza delle compagnie petrolifere americane sull’economia del paese sono più forti che mai. Si dice che gli stessi accordi di pace dell’Havana fra governo e Farc siano stati benedetti dalla Texaco, anch’essa stufa di vedersi bombardare le stazioni petrolifere di Barranquilla nel Nord del Paese. Dopo 54 anni di lotte e di guerra il Narino è ancora oggi produttore del 67% di tutta la cocaina prodotta in Colombia, il 30% di tutta la cocaina prodotta a livello mondiale……….. la cocaina, il principale sponsor dell’infinita guerra civile colombiana.

Il clima della riunione, durata oltre 4 ore, continua ad essere quello della cordialità e dell’ascolto. Sì perchè Aureliano ci tiene a dimostrare che, a differenza del Governo antagonista, lui ascolta tutti…… e prende appunti, oh se ne prende. Riempie un taccuino intero, si annota ogni parola e ringrazia generosamente tutti per la disponibilità e, perchè no, per il coraggio dimostrato nell’essere determinati ad incontrare i comandanti di un esercito di guerriglia insorgente.

Si continua a parlare di democrazia, di partecipazione, di diritti umani, di sviluppo economico e sociale ma soprattutto agricolo, di soluzioni alternative alla coltivazione della coca e Aureliano promette il suo impegno a fare di tutto per dare seguito al desminado umanitario. Ci sentiamo in dovere di credergli e rimaniamo in attesa dei fatti. Loro capiscono benissimo le sofferenze della gente e per questo hanno dichiarato un cessate il fuoco di 4 mesi, sino al 12 gennaio 2018. Ma questo cessate il fuoco non sancisce la fine del conflitto – ci tiene a rimarcare – sancisce l’inizio di un processo di pace, che avrà ovviamente la sua durata e dovrà essere trasparente, per il bene di tutte le parti in causa.

manca solo un punto dell’ordine del giorno da affrontare e lo prende in mano Harold (storico sindaco di Samaniego promotore del patto locale di pace del 2005) che spiega che per avvicinare le popolazioni l’Eln deve anche saper dare notizie dei propri cari scomparsi alle famiglie che hanno ormai perso la speranza di vederli tornare a casa. E’ così che chiede lumi su due giovani desaparecidos….. Aureliano lo convoca in coda alla riunione in una stanzetta, a porte chiuse questa volta, e gli spiega il tragico destino dei due giovani di cui vengono chieste informazioni…los mataron , non si sa chi e perchè, si sa come e quando, le uniche informazioni di cui l’Eln dispone.

La speranza di vedere la risoluzione del conflitto non muore ma quanta gente dovrà ancora morire prima di avere davvero la pace, quella vera? La delegazione italiana è rientrata alla base, ottobre è arrivato ed entro fine mese dovremo sapere se l’Eln attiverà finalmente lo sminamento umanitario nel Narino dopo 12 anni di negoziazioni.

L’esperienza è stata forte, intensa e non sempre facile da decifrare. Sono troppe le variabili in campo per pretendere di capire tutto e poter dare giudizi, sono troppe le variabili in campo per poter sperare in soluzioni di pace in breve tempo, sono troppi gli interessi in gioco (minerari e del narcotraffico su tutti) per poter pensare che tutta questa violenza possa finire tra breve. La Colombia ancora non è pacificata …ma come dicono i colombiani “siamo entrati nella fase del post conflitto… e durerà almeno 20 anni” Giovanni Tonutti per Oikos