Fin dalla scelta del nome, omaggio a Cattaneo e Vittorini, nel disgregato e cupo scenario degli anni Settanta, fu un segnale di cambiamento. Il docufilm sarà presentato il 16 ottobre alle Vie dei festival

Il Politecnico, una storia romana degli anni Settanta, il film-documentario di Amedeo Fago, realizzato in collaborazione con il dipartimento Architettura e progetto della Sapienza di Roma, già proiettato in anteprima al MAXXI a luglio  sarà presentato il 16 ottobre nella rassegna Le vie dei Festival (al cinema Greenwich di Roma, alle 21).

E’ interessante che nella post modernità, così attenta e precisa nel riferire profili e caratteristiche dei non-luoghi , questo lavoro, condotto con garbo e una punta di nostalgia, unisca più voci e volti, per ricostruire le vicende di un “luogo” dall’identità precisa, che ha contribuito alla storia culturale della città e, nell’arco di dieci anni, si è rivolto a tutti indistintamente, assumendo originali connotati di multidisciplinarietà, polivalenza funzionale, crossmedialità.

Un luogo che rappresenta, ad oggi, una delle più significative ricerche sul dialogo tra diversi linguaggi artistici in tutta la loro potenzialità e libertà espressiva. Ex officina di un fabbro, disseminata in origine da reti, letti e scarpe; spazio dalle forme e dai volumi suggestivi, se non proprio labirintico, come un tempo ne esistevano forse solo a New York; situato nel quartiere Flaminio, il Politecnico è stato fondato dall’autore Fago con architetti come Sergio Bianconcini, Paolo Mazzocchi, a cui si aggiungeranno Gianni Giovagnoni, Giovanna de Sanctis, ma anche Mario Prosperi con la sua ricerca teatrale, Monti con le sue fotografie, Giancarlo Guastini e Bruno Restuccia con i loro anticonformistici panel di visioni cinematografiche e quella passione per il Bmovie americano, Corman in primis, allora del tutto inusuale. La costumista Lia Morandini è la voce più singolare nel comunicare l’energia, la voglia di fare, il dinamismo del gruppo fino all’apertura del ben noto bistrot. La scelta del nome è un omaggio alle riviste letterarie di Cattaneo e Vittorini, ma anche desiderio di proporre, nel disgregato e cupo scenario degli anni  Settanta, un segnale di cambiamento: la propensione dell’autore e dei suoi amici a immaginare esperienze di condivisione, scambio e fruizione dell’arte, e, al tempo stesso, di amalgamare, senza circoscriverli, gesti eversivi simil-dada e spinte creative; rivoluzione, libertà ed emancipazione; socializzazione delle cineteche e impegno politico; forme estetiche nuove e consumi di massa.
Solo un bel sogno circoscritto ad un’epoca? Forse. Se lo chiedono anche gli attori in campo, ma di certo valeva la pena tracciarne la memoria.

Ascolta la puntata di Hollywood party in cui è intervenuto il regista Amedeo Fago presentando il suo nuovo lavoro