«Oggi è un giorno importante, uno di quelli che ricordi da vecchio». Esordisce così Piotta, al secolo Tommaso Zanello, cantante, musicista rapper, produttore e anche scrittore, a commento del fatto che il suo brano “7 Vizi Capitale” è divenuto sigla di Suburra, la serie televisiva italiana in onda dallo scorso 6 ottobre (diretta da Placido, Molaioli e Capotondi, tratta dall’omonimo film, a sua volta ispirato al romanzo di De Cataldo e Bonini) distribuita da Netflix, in programma anche in tutto il mondo. A stupirlo è proprio tutta questa visibilità, anche se il cantautore romano, che da sempre canta di Roma, di visibilità, soprattutto sui social, ne ha. Divenuto famoso col tormentone di “Supercafone”, brano anni Novanta, accompagnato da coreografia e video virali, l’artista è in auge da quasi trent’anni. Vantando collaborazioni cinematografiche e musicali, con molte realtà rapper, Piotta/Tommaso è anche scrittore e dj radiofonico e ha creato l’etichetta “La grande onda”. Il 13 ottobre viene pubblicato un doppio cd. Con la testa al nuovo album e il cuore alla città eterna che vede versare in drammatiche condizioni, Piotta, che da tempo ha abbandonato la “er”, ci racconta di questo suo momento particolare.
Sei reduce da una lunga tournée, sei stato anche oltre oceano. Adesso la sigla, poi l’uscita del doppio. Che momento stai vivendo?
Il tour è andato bene, calcolando che non era supportato dall’uscita di un nuovo album. Adesso ripropongo, insieme alla sigla/brano “7 Vizi capitale”, un doppio cd. Conterrà sia “Nemici”, uscito nel 2015, che il precedente “Odio gli indifferenti”. “Nemici” ha avuto un ottimo riscontro e una buona visibilità, il precedente aveva avuto meno visibilità perché ero in una fase di cambiamento, anche a livello musicale. Non ho grandi sponsor, anzi ho la mia etichetta e non c’è il passaggio nelle radio mainstream. Volevo che “Odio gli indifferenti”, album che a me piace tantissimo per suoni, contenuti, ospiti, avesse la visibilità che merita.
Titolo evocativo, quello della sigla di “Suburra”, serie ambientata nella “tua” Roma, su cui non rinunci mai di parlare. Spesso dici che non ti preoccupa tanto come è ridotta, ma come risollevarla.
Sarei non sano di mente, se non fossi preoccupato; credo di dire oggettivamente, perché è sotto gli occhi di tutti, quello che è lo stato delle cose. Per la mia età, per aver fatto un bel percorso di vita, a Roma, cui sono legatissimo, devo tanto perché permea molte delle mie canzoni. Da quelle che erano le prospettive, di me adolescente e giovane studente, e poi ventenne universitario e poi trentenne e poi via dicendo, io vedo che adesso siamo nella fase discendente. Il gap con le altre città è così grande che poi non basta più una generazione a risolvere un problema.
Hai mai provato, da cittadino, a interpellare le istituzioni, a dire la tua?
Sinceramente no, ma non perché adesso c’è la sindaca Raggi. Anche nel passato ho avuto un rapporto con le istituzioni piuttosto algido, forse anche loro nei miei confronti: diciamo che mi ritengo avulso dai meccanismi istituzionali. Non perché sia un ribelle a tutti i costi, ma faccio l’artista e oltre al lato creativo c’è questa dimensione un po’ più solitaria. So di far parte di una collettività e di dare il mio contributo, ma ci tengo ad avere la mia libertà. In certi contesti avere a che fare con le istituzioni significa fare un compromesso, perché la politica è un punto di incontro, e in quanto tale non è il tuo. Quindi, l’artista è più utile per denunciare, raccontare certe cose; fare politica non è il mio ruolo. Poi, anche se arrivasse una giunta con capacità miracolose, ai confini della realtà, non basterebbe nemmeno quella per cambiare le cose. Per esempio, intervenire sulle infrastrutture, occorre un preciso tempo tecnico, per cui già una generazione l’hai fatta fuori, non potrà beneficiarne. “7 Vizi Capitale” è un po’ un quadro di tutta questa situazione: un brano notturno, scuro, malinconico. C’è Caravaggio come luce… Comunque, mi piacerebbe vedere ripartire questa città e non vedere continuamente amici che partono!
Se fossi sindaco, anche solo per un giorno, quale sarebbe la prima cosa che faresti?
Io non saprei gestire una città, ci vuole coraggio anche solo pensarlo. Però sarebbe necessario valorizzare tutto ciò che di storico abbiamo, al di là del turismo: è troppo poco sfruttato, per quello che, gratuitamente, Roma offre a tutti noi che la viviamo tutti i giorni. Non parlo di sfruttarla nel senso brutto del termine, ma di valorizzarla. La serie “Suburra” è bellissima e vedere Roma, di notte, fotografata in un certo modo, già solo questo è una ricchezza enorme, che pochissime città nel mondo possono offrirti. Successivamente, bisognerebbe investire il guadagno in quello che non c’è a livello di infrastrutture.
Soprattutto sui social, la tua la dici sempre, anche in maniera ironica, non ti tiri mai indietro.
Comunicare mi è sempre piaciuto, anche prima che esistessero i social. Per la mia generazione sono qualcosa di eccitante, purché dentro alcuni limiti. A volte mi chiedono come facevamo a comunicare e io rispondo che si usciva di casa, si andava per strada, e già c’era un’apertura verso il mondo esterno, poi arrivava il contatto, a volte fisico, cominciavi a osservare, che è diverso da guardare, e capivi da un dettaglio, da quel piccolo particolare che sì, in quella persona si riconoscevano i tuoi stessi interessi e allora si cominciava a dialogare. Personalmente, il mezzo che ho scelto per comunicare è quello della musica, soprattutto nella dimensione del concerto, che è il massimo, altro che youtube.
Dopo l’uscita di questo doppio album, quali sono i tuoi progetti?
Mi chiuderò in studio con le persone con cui collaboro per finire il nuovo album, che vedrà la luce l’anno prossimo e sarà accompagnato da un tour mirato.
Qual è la cosa che ti piace di più fare a Roma, anche per prenderti un po’ di pausa dalla musica?
Prendere lo scooter, salirci sopra, casco ok, maglietta leggera, soprattutto se è estate. Non pensare quasi a niente e lasciarsi andare in giro per Roma, sia le zone a cui sono molto più legato: villa Ada, villa Paganini; ma anche la periferia, dove ho molti amici o fratelli, come il Quadraro vecchio, Torpignattara. La città meno turistica e più vissuta ogni giorno.
Il cantautore romano si dice «preoccupato» per la situazione in cui si trova la “sua” città. Il luogo della sua formazione e della sua ispirazione. «Se io fossi sindaco? Valorizzare il suo patrimonio storico, al di là del turismo»