Cento anni dopo la rivolta, una rilettura da un punto di vista particolare: quello delle donne. Dopo aver concesso loro diritti civili, Lenin ritornò sui suoi passi, senza capire che la questione femminile era vitale per il comunismo. E non servì a nulla la battaglia politica della coraggiosa Kollontaij

Cento anni fa il mondo fu sconvolto in dieci giorni. Finalmente, nel bel mezzo della guerra mondiale mentre ci si massacrava nella prima carneficina di massa, uomini e donne soggiogati per secoli al regime assolutista zarista osavano alzare la testa e chiedere pace, terra e potere ai Soviet. Lenin era giunto dalla Svizzera col treno qualche mese prima e aveva diffuso le sue Tesi d’aprile. Dopo il febbraio del 1917, nell’ottobre di quel fatidico anno sembrava finalmente che tutti gli esseri umani fossero uguali per davvero: non più distinzioni di censo e di sangue, le donne potevano votare e lavorare come gli uomini e i contadini avere le terre e barattare i loro prodotti. Rispetto al mondo intero, il grande orso asiatico pareva aver fatto balzi di millenni e, grazie a quei dieci giorni, fu introdotto il matrimonio civile, le donne potevano conservare anche il loro cognome e i figli illegittimi avere gli stessi diritti di quelli legittimi. Le donne vedevano i loro diritti rispettati al pari di quelli dei maschi e questo bastò per sconvolgere il mondo intero e una cultura che per millenni aveva ritenuto il genere femminile un minus, esseri assolutamente difettivi. A Mosca ragazzi e ragazze si riversavano nelle strade e nelle piazze e l’amore, oltre che l’arte e la fantasia, volavano liberi, al di là degli antichi steccati e dei passati divieti e moralismi. Ma l’ondata di novità durò assai poco: già nel 1918 contadine e operaie dovevano sopportare i duri problemi della fame e del lavoro, mentre i bolscevichi erano assorbiti dalla guerra civile contro le forze anti rivoluzionarie dei Bianchi, dalla politica economica e dal socialismo di guerra. La questione femminile cadde ben presto in secondo piano, anzi Lenin temeva che a dare troppa attenzione alle donne, esse avrebbero finito per cadere in posizioni estremiste e separatiste. Al tempo stesso però il partito comunista non poteva fare a meno di loro e fu per questo che Lenin dette l’incarico ad Aleksandra Kollontaij, la prima donna con la carica di ministro, di organizzare un grande congresso nazionale a cui parteciparono più di mille donne e da cui nacque lo Żenotdel, un organismo per la promozione della partecipazione delle donne alla vita pubblica, per le iniziative sociali e la lotta contro l’analfabetismo. Grazie alle battaglie di Aleksandra vennero ….

L’articolo di Elisabetta Amalfitano prosegue su Left in edicola, nello speciale “Rivoluzione russa, cento anni dopo”


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