Nel 1989 si celebravano in diretta Rai i funerali di Jerry Masslo. Oggi la parola d’ordine è “invasione”. E la politica che si dice di sinistra discute all’infinito di ius soli senza accorgersi che è il razzismo ad aver ottenuto la cittadinanza. Lo sguardo acuto dello scrittore algerino sull’Italia impaurita dallo straniero

All’inizio degli anni 90 avevo come vicina una signora anziana. Una romagnola che aveva fatto la bracciante tutta la vita. Durante le belle giornate passava ore davanti alla porta seduta su una sedia con un rotocalco in mano. Eva Duemila, mi ricordo. La signora non aveva mai visto un nero in carne ed ossa in vita sua. Ne aveva visto senza dubbio qualche immagine sul suo rotocalco preferito, ne aveva senz’altro visto qualcuno in tv ma mai così di fronte come quella volta in cui venne a trovarmi il mio amico senegalese Modou. Lei lo guardò e ovviamente cercò di nascondere il proprio stupore.

La sera disse con sua figlia, la quale mi riferì la conversazione: «Oggi ho visto un nero, ma era così nero, talmente nero che aveva persino le pieghe del collo nere!». Una frase che è un vero e proprio trattato di sociologia. Vedendo il senegalese Modou, le si presentò la sua vita davanti, il duro lavoro nei campi e le dure lotte per ottenere un briciolo di diritti. Duro lavoro e diritti conquistati che hanno fatto l’Italia. Si presentò alla sua mente l’abbronzatura dei contadini d’estate nei campi in canottiera, forse si ricordò suo marito, anche lui contadino, scomparso tanti anni prima: il collo abbronzato ma le pieghe rigorosamente bianche. In un lampo, in una frase, la vecchia contadina raccontò la sua storia e la diversità che si materializzava così davanti a lei, con disarmante semplicità «oggi ho visto il diverso, lo riconosco, so chi sono io, so chi è lui e ho le parole per dirlo».

Qualche mese prima, nell’agosto 1989, una banda di criminali assassinò, a Villa Literno, il sudafricano Jerry Masslo. L’Italia scopre, con questo omicidio, i suoi immigrati sfruttati nei campi di pomodoro al Sud, nelle fabbriche al Nord. L’Italia sotto shock si scopre terra di immigrazione dopo essere stata a lungo terra di emigrazione e decise di dire no al razzismo e alla xenofobia. Ci furono funerali di Stato per Jerry Masslo. La Rai mandò in onda quei funerali in diretta e qualche mese dopo una grossa manifestazione: no al razzismo, no alla xenofobia. Mai più crimini razzisti. Sotto una foto che ritrae Achille Occhetto che stringe la mano a un immigrato africano, L’Unità datata 8 ottobre 1989 scrive: «Superata anche la più ottimistica previsione. A centinaia di migliaia sono venuti a Roma ed hanno sfilato per più di tre ore, fianco a fianco, bianchi e neri per dire “no” a tutti i razzismi e per chiedere al governo misure urgenti perché violenza e discriminazioni siano cancellate dalla nostra società civile e democratica».

Inverno 2015, un signore di Ravenna scrive un post sul proprio profilo Facebook che dice più o meno: «Quando muore Tahar Lamri che ci porta tanti immigrati nella nostra città, farò una grande festa. Siete tutti invitati». Scrissi un post. Nei commenti qualcuno disse “denuncialo”. Io non lo volevo denunciare altrimenti non avrei scritto un post. Quel signore lesse i commenti. Si prese paura. Mi cercò. Mi implorò di non denunciarlo. Gli dissi che non avevo nessuna intenzione di farlo. Ma lui non mi ascoltava, ripeteva ossessivamente: non denunciarmi, ho una figlia piccola. Era sinceramente terrorizzato. Da allora scrive post pieni di elogi per gli immigrati. Ogni tanto mi capita di incrociarlo. Ci salutiamo, come se niente fosse. Ottobre 2017, la trasmissione Quinta colonna di Rete4 fa una diretta da Ravenna. Tema come sempre….

La cover story di Tahar Lamri prosegue su Left in edicola


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