Mary ricorda ancora il prete della sua parrocchia con le mani sul suo sedere. Ha scoperto poi che è «finito in prigione, per aver assalito altri ragazzini». La donna che oggi sorride tra gli scranni del potere londinese all’epoca aveva 16 anni.
Sono coraggiose, sono britanniche, sono laburiste. Quello che stanno facendo in inglese si dice speak out, letteralmente “parlare fuori”, cioè “parlare apertamente”, per far sentire la propria voce. Si chiamano Mary Creagh e Jess Phillips e vogliono che tutte le donne rompano il silenzio, si facciano avanti, proprio come hanno deciso di fare loro, che sono state molestate, violate, assalite nel corso della loro vita.
A Mary è successo più volte, anche da piccola, al parco giochi. A Jess è successo da grande, è stata aggredita dal suo capo, quando aveva 20 anni, quando non era ancora MP, Member of the Parliament: «e adesso parlo per le donne che don’t have power to», per le donne che non hanno il potere di farlo. Come lei non ne aveva allora. «Ero nei miei twenties, nei miei 20 anni. Lavoravo al bar. Ricordo di essere andata ad una festa, ricordo che siamo poi andati a casa di qualcuno, che il mio capo era lì. Mi ero addormentata sul divano, mi sono svegliata quando si stava togliendo la cintura e si stava infilando nei miei pantaloni, mentre ero completamente immobilizzata dalla paura. Lui aveva 25 anni più di me». Il giorno dopo è dovuta tornare a lavorare. Non ne ha fatto parola fino ad oggi, da donna adulta. Serena, convinta che la denuncia sia l’unica giustizia possibile, anche se è successo molto tempo fa, perché – dice -, non deve accadere a nessuno, mai più.
In Gran Bretagna sono in corso le prove tecniche affinché le cose cambino davvero. La politica inglese sa lottare insieme. O almeno, quattro donne hanno dimostrato di poterlo fare. Le parole di denuncia di Mary e Jess si sono unite a quelle di altre due moschettiere contro i sex attackers, assalitori sessuali. In un moto di solidarietà e coerenza, sono state appoggiate anche dalle loro avversarie politiche. Le conservatrici Theresa Villiers e la baronessa Anne Jenkin hanno testimoniato di avance sessuali e molestie ricevute durante la carriera, specialmente quando si avviavano ad entrare in politica. La Jenkin, fondatrice di Woman2win, una campagna per favorire le quote femminili in politica, è stata molestata quando era una segretaria 22enne di un politico.
La parola che le quattro donne scelgono per descrivere questi eventi è precisa: attacco. Attacco al bar, ad una festa, ad un evento politico. Attacco: quando un membro del Parlamento ha afferrato una di loro nelle parti intime mentre era chiusa nella sua auto. “Un attacco allo school playground”, una molestia compiuta al parco giochi per bambini. Aveva sette anni allora, Mary, ma ora ne ha 49 e può sfidare e rompere il muro dei timori. «Mi hanno tolto la biancheria intima, sono stata assalita da 12 ragazzi, tutti più grandi di me».
I loro racconti sono un catalogo di assalti che non vogliono più lasciare segreti, impuniti. La Creagh, già ex segretaria per l’Ambiente, ha uno scopo. Ha detto «che il silenzio deve diventare anormale» per i casi di violenza sessuale, stupro, molestia. Dawn Butler, nominata da Corbyn lo scorso 31 agosto come ministro ombra per le donne e l’uguaglianza, ha chiesto che venga messo in piedi uno staff parlamentare per approfondire la questione, supportare le deputate, supportare le cittadine.
I loro aguzzini sono ancora liberi, i reati ormai indimostrabili o estinti, ma adesso a doversi liberare sono le altre donne. Tutte le donne inglesi. È questo il calvario da sfidare, è questa la giustizia per cui lottare. Questa la battaglia concreta, decisiva. È stata la lunga onda dello scandalo di Harvey Weinstein a scatenare tutto questo? Se lo chiede la stampa inglese. Non importa, un processo è iniziato, le voci sole stanno diventando coro.