Ecco il quadro di una strage silenziosa che stranamente non fa notizia, ma che è segno di una grave crisi della libertà di stampa nel mondo. Anche perché accade in luoghi “sicuri” come nel caso di Daphne Capuana Galizia uccisa da un'autobomba a Malta per le sue inchieste scottanti

In dieci anni, ottocento morti ammazzati. Cioè uno ogni quattro giorni. Cifre che ricorda sempre il 2 novembre, giornata internazionale Unesco, per mettere fine all’impunità dei crimini contro i giornalisti. Per tutti i reporter che hanno smesso di vivere per il lavoro che avevano deciso di compiere.

La mano di chi ha posto fine alla loro vite non è stata fermata in nove casi su dieci. Peggio: le indagini non procedono e l’oblio avanza. Degli 805 giornalisti uccisi nel mondo dal 1992, 695 sono morti senza che i loro aguzzini venissero mai indagati o arrestati. Non solo perché la loro voce venga ascoltata, ma anche perché su di loro non cali silenzio, con l’arma più potente, quella dell’impunità, l’Unesco ha deciso di lanciare questa campagna.

Secondo il Committee to Protect Journalist, l’CPJ, nel 2017 sono morti 48 giornalisti, 93 nel 2016. Si muore non solo in zone e tempo di guerra – Iraq, Afghanistan, Messico – , ma anche in Paesi e stagioni di pace: è accaduto a Malta solo qualche settimana fa, alla giornalista Daphne Caruana Galizia, che aveva accuratamente analizzato i Maltafiles per inchiodare le autorità dell’isola alle loro responsabilità. È accaduto nel 2015 a Parigi, nella redazione di Charlie Hebdo.

Per far proseguire le indagini o per farle iniziare, – affinché non sia accaduto tutto invano mentre cercavano di documentare tragedie, violazioni dei diritti umani, crimini -, l’International day to end impunity for crimes committed against journalist è nato anche per commemorare ogni novembre la vicenda più sanguinosa della storia del giornalismo, quella che per l’CPJ è diventata “l’evento più mortale” della storia dei reporter, ovvero il massacro di Maguindanao. Nella città di Ampatuan, la mattina del 23 novembre 2009, 34 giornalisti vennero uccisi nelle Filippine, «il posto più pericoloso del mondo dove esercitare la professione di reporter, secondo solo all’Iraq».

In Italia, ricordiamo il lavoro di Ossigeno per l’informazione, fondato dal giornalista Alberto Spampinato. Il portale raccoglie tutti i casi di minacce nei confronti di giornalisti, dagli sconosciuti collaboratori nei territori agli inviati dei grandi giornali. Dal 2006 al 30 settembre 2017 sono 3406 i giornalisti minacciati in Italia.