Ci sono due diversi ordini di condizioni che premono sulla Sinistra in seguito all’esito disastroso del voto siciliano e all’attacco fascista ad Ostia: a) la Sinistra è un nome al quale non corrisponde più un sistema di valori; b) bisogna unire la Sinistra costi quel che costi, perché dall’altra parte c’è il populismo. Il nesso tra questi due argomenti, e il significato di ciascuno di loro, rivela una confusione radicale, che le parole degli opinionisti e dei “leader morali” non valgono a risolvere. L’appello a unire i pezzi della Sinistra mette in evidenza che della Sinistra non si ha più una cognizione chiara, che essa è diventata ormai una Sinistra simbolica, anzi quasi entità metafisica. Eppure da questo guscio vuoto dovrebbe venire la salvezza dell’Italia.
La Sinistra è poco più che una lista di personaggi che girano il Paese, pontificano e polemizzano nei talk-show, commentano instancabili sui social. Leader che si appellano a un popolo generico, che non ha alcun colore e che corrisponde agli elettori. Il personalismo della Sinistra è tanto invasivo e invadente da esaltare la scarsità di idee e di chiarezza sul “chi siamo” e “che cosa vogliamo fare”. Le politiche fin qui fatte dal governo di centro-sinistra non sono molto diverse nel segno da quelle fatte dai governi Berlusconi; in alcuni casi hanno aggravato (garanzie dei lavoratori) e continuato (scuola e sanità) quelle vecchie scelte. Quindi, unire la Sinistra non sembra discendere da alcuna specificità di programma, né quindi di idee che dovrebbero servire a guidare l’azione di governo. Eppure l’unione va fatta. E la ragione sta non in quel che si dovrebbe fare una volta al governo, ma per fermare il nemico. Si tratta come vedremo di una strategia….
Il personalismo che prende piede a Sinistra nasconde pochezza d’idee. Il Partito democratico ha costruito uno statuto che lo vincola al segretario, anche se non convince più nemmeno i suoi. Restano solo le macerie prodotte da un centrosinistra che ha fatto sue le istanze di Berlusconi