Dunque a leggere i giornali par di capire che per questa settimana, i prossimi mesi e se ci riusciranno fino al tempo delle prossime elezioni la bolla delle “fake news” verrà usata dalla politica come tagliola da agitare in faccia all’avversario, con buona pace di tutti noi che ancora ci illudiamo di ascoltare soluzioni reali a problemi reali del Paese reali.
Sia chiaro, il tema delle notizie false (o meglio ancora delle credenze popolari trasformate in fatti) è qualcosa su cui urge una riflessione da parte dei media e della politica (la scorsa settimana a metà tra la provocazione, la satira e l’installazione artistica, scrissi un finto editoriale su Salvini e alcuni commenti sono uno spaccato di questo tempo); resta però da capire se la deontologia della stampa e della politica possa essere messa in discussione oppure se ne vuole semplicemente fare una questione di tifo.
Mi spiego. Ieri Renzi ha parlato del problema delle fake news (con un simpatico scivolone in cui ha detto «abbiamo sgamato gli stessi codici dietro alcuni siti» riferendosi a un’inchiesta di Repubblica, che quel «abbiamo» lascia intendere in accordo con lo stesso Renzi) e tutti i giornali hanno scritto che sarebbe arrivata una nuova legge. Titoli dappertutto: “Renzi, buona legge contro le fake news”. Finché lo stesso Renzi ha detto: «Vi diciamo che ogni 15 giorni in Pd presenterà dei rapporti ufficiali sulla rete di tutte le schifezze che troviamo, non chiediamo interventi normativi». Quindi? Niente legge. Titoli falsi. Fake news.
Oppure vale la pena ricordare cosa successe in occasione del referendum: decine di pagine Facebook improvvisamente cambiarono argomento e si misero a fare campagna per il sì. Qui c’è un articolo di Vice che racconta la vicenda.
Il tema delle “fake news” si inserisce tra una stampa e una politica che già naturalmente hanno fatto di tutto per screditarsi. Se vogliamo aprire il dibattito, avanti pure. Ma vale la pena partire da qui.
Buon lunedì.