Più di trent’anni fa un uomo in Svezia ha preso la sua fidanzata per i capelli e l’ha tirata contro l’armadio. Ha usato così tanta forza che un ciuffo di capelli gli è rimasto tra le mani. La ragazza aveva poco più di 20 anni. Era un’attivista del partito socialdemocratico svedese. Quando decise di lasciarlo, lui si presentò con un coltello nella sua stanza, le tagliò la maglia e la pelle intorno alla gola, la lasciò in stato di shock e se ne andò. La ragazza, cresciuta nella campagna nordica svedese, figlia di un falegname, non frequentò mai l’università. La ragazza ora ha 63 anni ed è il ministro degli Esteri svedese.
Margot Wallstrom è una provocatrice. È una donna, che spesso si trova in riunioni dei ministri stranieri dove i suoi colleghi sono tutti uomini, e ha deciso di virare politicamente verso quella che chiama “una politica degli esteri femminista”, dove l’eguaglianza è alla base di ogni relazione internazionale.
“Ho poco tempo e non ne ho da sprecare ai cocktail party, non è il lavoro di un politico” ha detto la Wallstrom. Internet: ecco dove capire meglio “da dove arriva questa visione ostile, misogina delle donne”. “Perché sopportiamo tutto questo? Perché permettiamo che ci parlino in questo modo?” chiede Margot. Prima di diventare ministro degli Esteri è stata autrice di una legge sulla prostituzione che penalizzava il cliente e non la prostituta, dopo essere stata a lungo in Congo e Sierra Leone ad ascoltare le storie delle donne stuprate dai soldati.
Il suo attivismo, che prevale sulla real politik, ha antagonizzato potenti giocatori in Svezia, un Paese tra i più grandi esportatori di armi al mondo. Non è un segreto che non le piaccia Trump e da quando il presidente americano ha smesso di appoggiare finanziariamente i gruppi di aiuto alle famiglie che decidono di abortire, la Norvegia e Margot hanno offerto di sopperire ai fondi tagliati. Poi il vicino di casa degli Stati Uniti, il Canada, ha deciso di adottare la sua idea, annunciando “un programma d’assistenza internazionale femminista”.
Si è battuta all’Onu contro il nucleare, ha riconosciuto ufficialmente la Palestina, si è scagliata contro uno dei maggiori partner commerciali della Norvegia, l’Arabia Saudita, un miliardo e tre milioni di export svedese verso il Paese arabo non l’hanno fermata. Ha criticato Riad per il trattamento riservato alle donne e la mancata libertà di parola, suggerendo all’Arabia di ritirare il suo ambasciatore. Allora ad attaccarla sono stati i colossi commerciali della Ericsson e H&M. “Dei codardi, comunque non è successo niente, zero risultati” dice. Per far riprendere le relazioni c’è voluta la lettera del re svedese Carlo XVI al re Salman. Lei ha rilanciato dicendo che si batterà per non far vendere nessun’arma a Paesi che non rispettano i diritti umani, come le Filippine. “Io preferirei, in generale, che non producessimo armi, che esportassimo altro, ma sapevo che svolgendo questo ruolo, era parte di quello che dovevo accettare”.
Un altro dei suoi avversari potenti è stato il segretario americano della Difesa, James Mattis, che ha inviato una lettera al governo svedese quando Margot ha tentato di ratificare il trattato Nato sul nucleare, nonostante la Svezia non ne faccia parte. “Non permetteremo a nessuno di fare il prepotente con noi, devono smetterla con i loro ritornelli” gli americani, dichiarò pubblicamente lei in risposta. In patria non ha una vita facile, esperti e colleghi la criticano, accusandola di mettere a repentaglio la sicurezza commerciale e di non fare gli interessi finanziari svedesi. “Quando la gente l’accusa di essere non-diplomatica, sorridendo lei dice di essere d’accordo” scrive il Nyt.
L’ultima sua battaglia riguarda la Turchia. Molti turchi in Svezia hanno detto di essere stati minacciati da organizzazioni vicine al governo di Ankara, per aver espresso opinioni critiche sul regime. Il Riksenheten för säkerhetsmål, l’autorità giudiziaria per la sicurezza, ha cominciato ad investigare sui turchi cittadini del Paese scandinavo e raggiunti dal Paese d’origine, che è riuscito ad ottenere i loro dati in maniera fraudolenta. La ministra lo scorso luglio ha criticato il Governo apertamente e lo fa da luglio, quando il consulente Ali Gharavi è finito in prigione insieme ad altri attivisti per i diritti umani svedesi.
A volte Margot ripensa a Benny, il ragazzo del coltello. “Era disperato, era una dimostrazione di potere”. Dice che quando lasciò la sua stanza, lei era cambiata, meno ingenua. Pochi mesi dopo l’accaduto, entrò in Parlamento. Aveva 25 anni. Sposò un carpentiere di nome Hakan, hanno avuto due figli. Quando le donne stuprate le raccontano cosa è successo, lei ricorda quel senso di impotenza. “È un’esperienza degradante, quando sei sotto il controllo e il potere di un’altra persona”. Benny ha comunque cambiato, dice lei, il suo modo di vedere il mondo.