Sulle pensioni il governo alimenta un distruttivo vita mea mors tua fra generazioni, denuncia la segretaria generale Cgil, Susanna Camusso: Ai giovani dobbiamo dare una prospettiva non provvedimenti che mirano a cancellare la dimensione sociale, lo stare bene delle persone

Il 2 dicembre la Cgil lancia una mobilitazione per difendere le pensioni e il futuro del Paese. Prenderà il via in contemporanea in cinque città – Roma, Torino, Bari, Palermo, Cagliari – con l’obiettivo di favorire la partecipazione a livello territoriale. Il nodo è la proposta avanzata dal governo Gentiloni sulle pensioni, proposta che è stata rigettata dalla Cgil e che è stata invece accettata da Cisl e Uil, anche se fa marcia indietro rispetto alle promesse dell’anno scorso. Nel settembre del 2016 il governo era infatti disponibile ad avviare un percorso che portasse all’attivazione di una pensione di garanzia per i giovani e per le donne valorizzando il lavoro “di cura”, ma oggi la trattativa segna un passo indietro su questi temi, mentre sono solo 14mila gli esentati dall’aumento a 67 anni nel 2019. Per capire meglio il quadro della situazione Left ha incontrato la segretaria generale della Cgil Susanna Camusso.

Perché la Cgil ha detto no?
Ci sono due fondamentali motivi: il primo è che quando si assumono degli impegni vanno rispettati, altrimenti diventano irrilevanti gli accordi che si raggiungono. Questo, su un piano del rigore del comportamento e delle scelte. In secondo luogo al termine di quella che è stata a lungo chiamata la “fase due” i risultati auspicati non ci sono stati. Il sindacato deve tenere in considerazione questo fatto dirimente. È stata una occasione di cambiamento andata perduta. Dal governo è giunto un messaggio sbagliato. Manca il senso di una prospettiva in cui anche quelli che vengono sbandierati come elementi di crescita e di nuova condizione positiva dell’economia possano avere ricadute sociali significative. La proposta del governo non fa che rimarcare l’enorme distanza che c’è fra la lettura che viene data dagli eventi e il sentire delle persone, che si percepiscono ancora dentro la crisi.

Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, dice che il piano del governo riserva attenzione ai giovani. Ma spostare sempre più in avanti l’asticella dell’età pensionabile aiuta i giovani?
Non li aiuta e non è utile a nessuno produrre divisione fra generazioni. C’è dietro una vecchia idea che sia necessario dividere il mondo di chi è più debole. Perché proprio di questo stiamo parlando: si continua a contrapporre gli interessi di qualcuno a quelli di qualcun altro, ma guarda caso tutto questo avviene nell’alimentazione costante di una guerra fra poveri. C’è di più. Non è giusto mettere al centro i giovani in una logica solo congiunturale. La logica deve essere, invece, quella di costruire una prospettiva. Io penso che quella lanciata dal governo non sia affatto una comunicazione attrattiva per i giovani. Penso sia profondamente sbagliata perché si basa sull’idea che si possa cancellare la dimensione sociale, il welfare, lo star bene delle persone. Non puoi prospettare una situazione fatta di contingenza e di dipendenza dalla stabilità finanziaria: un mantra che non si confronta mai né con le condizioni ambientali, né con quelle sociali; una litania che ha creato le condizioni per l’arricchimento di pochi e l’impoverimento di tanti.

Al corteo contro la violenza sulle donne, lo scorso 25 novembre a Roma, una manifestante aveva un cartello con una scritta: “Anche andare in pensione a 67 anni è una violenza sulle donne”.
Non c’è dubbio che le donne abbiano pagato il prezzo più alto…

L’intervista di Simona Maggiorelli a Susanna Camusso, segretario generale Cgil, prosegue su Left in edicola


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