Secondo l'ultimo report della Fondazione Rowntree la popolazione britannica in povertà è il 22 per cento. Problemi per i minori e gli anziani. Il paradosso è che anche chi lavora non ce la fa

Più lavoro non vuol dire meno povertà. È la triste conclusione della lezione inglese: l’occupazione non ha fatto da scudo alla fame nella Gran Bretagna moderna. Lo dice l’ultimo report della Fondazione Joseph Rowntree, la Jrf. I conservatori avevano torto e la povertà dei britannici sta toccando vette inaspettate. All’orizzonte non si intravede un arresto alla tendenza: la povertà continua a crescere senza fermarsi dal 2010.

La povertà della popolazione riguardava il 24% dei cittadini nel 1995, il 21% nel 2014. In questo 2017 che va concludendosi è di nuovo al 22%. Sono 500mila i bambini inglesi che ogni giorno vanno a scuola affamati, perché i genitori non possono permettersi di nutrirli. La povertà infantile inglese è passata dal 33% del 1996 al 27% nel 2010, oggi si è assestata salendo fino al 30%. Per i pensionati non va meglio: due decenni fa la povertà di categoria raggiungeva il picco del 30%, nel 2012 era del 13%, ma ora è di nuovo al 16% e continuerà a salire. Sono le conseguenze finanziarie del declino economico mondiale, ma tutto è peggio del previsto sull’isola, dicono gli esperti. Perché? Perché il lavoro non fornisce più le opportunità di una volta. Il lavoro non aiuta quelli all’ultimo gradino della scala sociale a risalire il guado: per tasse, fitti e mutui altissimi, salari minimi e assistenza assente.

L’aumento della povertà inglese è in larga misura conseguenza dei tagli al welfare sociale e ai benefit gratuiti che, negli anni, la coalizione dei Conservatori ha tagliato, seguendo rigidamente una dottrina di tagli ed austerity. Con le nuove decisioni prese dal Cancelliere Philip Hammond, che si è rifiutato di tagliare le tasse il mese scorso, questi numeri non faranno altro che aumentare e chi vive in condizioni di povertà vedrà peggiorare la sua situazione. Eppure il governo inglese non fa altro che rivendicare che l’occupazione è in aumento e sempre più persone hanno trovato un impiego. Proprio per questo la povertà è dunque peggiore di quanto si potesse immaginare: lavorare non basta per sopravvivere, lavorare non basta a non essere poveri.

Come spiega il report della Jrf, 2,7 dei quattro milioni di bambini inglesi poveri hanno almeno un genitore con un lavoro. Dei 13,9 milioni di poveri del Regno Unito almeno 3,7 milioni hanno un lavoro. Ovvero un quarto della popolazione indigente lavora, eppure, nonostante questo, la condizione non migliora. È la qualità e la quantità del lavoro ad essere diminuita: se nel 1995, 20 anni fa, chi aveva un lavoro part time faceva parte di una fetta del 5% dei cittadini, oggi quella fetta si è allargata fino al 20%. Conclude il report che nella Gran Bretagna del Ventunesimo secolo, la povertà non è conseguenza dell’assenza di lavoro, ma di lavoro che non paga abbastanza e non fornisce le opportunità dovute.