Ho recentemente letto con interesse il libretto di Carlo Rovelli L’ordine del tempo (Adelphi). Libro che, malgrado l’argomento estremamente complesso, è un best seller da molti mesi. Rovelli spiega in modo molto semplice alcuni complicatissimi concetti che sono argomento della sua ricerca sulla gravità quantistica a loop. Essa è un insieme di teorie matematiche tramite le quali i fisici tentano di descrivere e spiegare la struttura dell’universo tenendo insieme l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo. Tutto ciò che insomma è fuori dalla nostra esperienza quotidiana. L’infinitamente piccolo è il campo della meccanica quantistica, la teoria che descrive ad esempio la struttura dell’atomo e i processi subatomici. L’infinitamente grande è il campo della relatività generale, la teoria elaborata da Einstein che descrive la struttura e il funzionamento dell’universo. Quali sono le caratteristiche fondamentali di queste due teorie? Molto grossolanamente la meccanica quantistica ci dice che la realtà materiale non è continua. A livello microscopico tutte le realtà fisiche si comportano in maniera quantizzata, ossia ogni misura di grandezze fisiche che andiamo a fare avrà in generale valori discreti, non potranno esistere valori arbitrari delle diverse grandezze. Dall’altra parte abbiamo la relatività generale che afferma che lo spazio e il tempo (che vanno considerati come un unicum chiamato spazio-tempo) non sono realtà immutabili, ossia indifferenti a quello che accade in essi, ma vengono modificati - nel senso che vengono “piegati” come fossero un tappeto elastico - dalla materia e dall’energia in essi contenuta. In effetti è possibile pensare che lo spazio-tempo senza che esista materia ed energia in esso non ha alcun senso. Cioè non potrebbe esistere. Il campo di ricerca di Rovelli consiste proprio nell’elaborare una teoria che metta insieme questi due settori della fisica. Le sue ricerche lo hanno portato a scoprire che anche il tempo e lo spazio hanno le caratteristiche di essere realtà che hanno una natura quantistica, ossia possono assumere valori discreti. Ma la cosa più affascinante che emerge dalla teoria è che le equazioni che regolano le interazioni della materia e dell’energia nello spazio tempo, non necessitano di esplicitare la variabile tempo. Se la teoria è corretta, ovvero è una rappresentazione esatta della realtà, allora si può pensare che il tempo nell’universo è una grandezza non necessaria per descrivere la realtà. Il tempo, per la fisica, è una realtà come un’altra. Non ha un posto privilegiato nell’universo, come invece ci potrebbe venire da pensare dalla nostra limitata prospettiva. Allora viene necessario domandarsi: che cosa è il tempo che noi percepiamo e del cui scorrere siamo certi senza necessità di guardare l’orologio? Qui il discorso si fa più complicato. Non tanto per la fisica ma perché abbiamo a che fare con la nostra percezione, di esseri umani, del tempo. Cosa che ha evidentemente a che fare con la nostra possibilità e capacità di pensare. Intanto, il tempo come lo intendiamo noi esseri umani, che cos’è per la fisica? Il tempo è la crescita di entropia, ossia la crescita del disordine. L’entropia è la grandezza fisica che misura quanto è “disordinato” un determinato sistema fisico. La possibilità di “disordinarsi” corrisponde alla possibilità di una trasformazione spontanea, di una evoluzione verso una realtà più “disordinata”, diversa dalla precedente. La trasformazione corrisponde sempre ad un passaggio di energia che modifica il sistema aumentando complessivamente l’entropia. Un processo in cui l’entropia aumenta si dice essere irreversibile quando il processo inverso è altamente improbabile (in sostanza non può accadere) come fenomeno spontaneo. Per questo l’aumento di entropia è ciò che identifica lo scorrere del tempo per come noi lo intendiamo. Gli organismi biologici sono complessi sistemi termodinamici che si mantengono in equilibrio assumendo energia a bassa entropia e scaricando all’esterno energia a più alta entropia. L’entropia bassa che viene assunta serve per mantenere ad un valore costante l’entropia interna all’organismo che altrimenti tenderebbe spontaneamente a crescere portando alla morte. Tutto ciò vale naturalmente anche per l’essere umano. Vale anche per la sua mente? È questa in fondo la vera domanda che si fa Rovelli con questo libro. Cos’è la mente umana? Perché l’essere umano ha un’idea di tempo? E in che cosa questa idea di tempo è diversa da quella degli animali (anch’essi hanno una memoria e hanno una cognizione dei concetti di causa ed effetto)? E come si concilia con l’irrilevanza del tempo per la fisica? Rovelli afferma che noi esseri umani «disegniamo linee nel mondo, che lo dividono in parti; … le “cose” come i “concetti” sono punti fissi nella dinamica neuronale, indotti da strutture ricorrenti negli input sensoriali ... (La nostra identità) è il riflesso dell’idea di noi che cogliamo nei nostri simili». L’obiezione è immediata: la linea non esiste in natura. Come può un processo neuronale dedurne l’esistenza da una realtà se in quella realtà quella cosa non esiste? Inoltre l’affermazione che la nostra identità deriva da ciò che noi deduciamo che gli altri vedono in noi, al di là di ogni altra considerazione, elimina completamente la realtà del bambino. Prima che egli possa immaginare l'idea che gli altri hanno di lui passano certamente molti mesi. Che cos’è in quei mesi il bambino? Se non ha un’identità allora non è un essere umano! Manca l’idea che il pensiero umano non è solo quello razionale. D’altra parte io credo che l’idea di fondo di Rovelli è corretta: per conoscere la realtà più profonda dell’universo, la natura più vera del tempo e dello spazio, è necessario conoscere in maniera profonda la realtà della mente dell’uomo. Per fare questo però è necessario superare le affermazioni della Bibbia, dei neuroscienziati e anche dei filosofi, come il citato Heidegger, che dimenticano, o meglio annullano completamente, che l’inizio della vita e della mente umana, è alla nascita, come teorizzato in Istinto di morte e conoscenza da Massimo Fagioli. E che perlomeno per un anno di vita l’essere umano non ha il pensiero razionale e tuttavia è un essere umano perché ha un’identità ben precisa. L’identità della nascita. L’inizio del tempo dell’essere umano è alla nascita, quando il primo stimolo luminoso, il primo fotone, determina la reazione della sostanza cerebrale, prima mai stimolata dalla luce. La reazione è la fantasia di sparizione: il mondo non esiste. Ma dato che evidentemente il mondo resta là dov’è, questa sparizione è una fantasia, è una operazione della mente. È un pensiero, il primo pensiero dell’essere umano! Questo pensiero è la fantasia di tornare alla situazione precedente, quando non c’era lo stimolo aggressivo, la luce. Ma dato che questo è il primo pensiero, il pensiero del prima non può essere un ricordo. È quindi una fantasia che è determinata dalla realtà biologica del corpo come realizzazione di una esperienza avuta senza pensiero, il rapporto con il liquido amniotico del feto nell’utero. Fagioli la chiama memoria-fantasia. È una memoria perché è un pensiero su una realtà passata (il prima). È una fantasia perché non può essere un ricordo, la mente non esisteva ancora ma era esistente la sensibilità del corpo. Essa diventa certezza dell’esistenza di una realtà umana con cui poter avere rapporto - la “certezza che esista un seno” che è il poi ovvero l’idea che ci sarà un rapporto con un altro essere umano - perché simile a quella avuta prima di nascere e del tutto opposta alla realtà non umana aggressiva della luce e dell’aria. La nascita è l’annullamento del presente che fa la creazione della memoria del passato e la fantasia del futuro. La dinamica della nascita è la matrice di ogni possibilità di conoscenza. È il fondamento di ogni rapporto con gli altri che poi si avrà nella vita. Ed è anche la base della creatività umana. È ciò che fa l’idea del prima e del poi. È ciò che fa la memoria e la fantasia umana. Se vogliamo pensarla in termini fisici, la nascita umana, ovvero la comparsa della realtà psichica, è la ribellione della biologia umana all’ineluttabile destino della crescita di entropia del mondo materiale. È la nascita del tempo dell’essere umano. 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L'editoriale di Matteo Fago è tratto da Left in edicola

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Ho recentemente letto con interesse il libretto di Carlo Rovelli L’ordine del tempo (Adelphi). Libro che, malgrado l’argomento estremamente complesso, è un best seller da molti mesi. Rovelli spiega in modo molto semplice alcuni complicatissimi concetti che sono argomento della sua ricerca sulla gravità quantistica a loop. Essa è un insieme di teorie matematiche tramite le quali i fisici tentano di descrivere e spiegare la struttura dell’universo tenendo insieme l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo. Tutto ciò che insomma è fuori dalla nostra esperienza quotidiana.
L’infinitamente piccolo è il campo della meccanica quantistica, la teoria che descrive ad esempio la struttura dell’atomo e i processi subatomici.
L’infinitamente grande è il campo della relatività generale, la teoria elaborata da Einstein che descrive la struttura e il funzionamento dell’universo.
Quali sono le caratteristiche fondamentali di queste due teorie?

Molto grossolanamente la meccanica quantistica ci dice che la realtà materiale non è continua. A livello microscopico tutte le realtà fisiche si comportano in maniera quantizzata, ossia ogni misura di grandezze fisiche che andiamo a fare avrà in generale valori discreti, non potranno esistere valori arbitrari delle diverse grandezze. Dall’altra parte abbiamo la relatività generale che afferma che lo spazio e il tempo (che vanno considerati come un unicum chiamato spazio-tempo) non sono realtà immutabili, ossia indifferenti a quello che accade in essi, ma vengono modificati – nel senso che vengono “piegati” come fossero un tappeto elastico – dalla materia e dall’energia in essi contenuta. In effetti è possibile pensare che lo spazio-tempo senza che esista materia ed energia in esso non ha alcun senso. Cioè non potrebbe esistere. Il campo di ricerca di Rovelli consiste proprio nell’elaborare una teoria che metta insieme questi due settori della fisica.
Le sue ricerche lo hanno portato a scoprire che anche il tempo e lo spazio hanno le caratteristiche di essere realtà che hanno una natura quantistica, ossia possono assumere valori discreti. Ma la cosa più affascinante che emerge dalla teoria è che le equazioni che regolano le interazioni della materia e dell’energia nello spazio tempo, non necessitano di esplicitare la variabile tempo.

Se la teoria è corretta, ovvero è una rappresentazione esatta della realtà, allora si può pensare che il tempo nell’universo è una grandezza non necessaria per descrivere la realtà. Il tempo, per la fisica, è una realtà come un’altra. Non ha un posto privilegiato nell’universo, come invece ci potrebbe venire da pensare dalla nostra limitata prospettiva.
Allora viene necessario domandarsi: che cosa è il tempo che noi percepiamo e del cui scorrere siamo certi senza necessità di guardare l’orologio?
Qui il discorso si fa più complicato. Non tanto per la fisica ma perché abbiamo a che fare con la nostra percezione, di esseri umani, del tempo. Cosa che ha evidentemente a che fare con la nostra possibilità e capacità di pensare.
Intanto, il tempo come lo intendiamo noi esseri umani, che cos’è per la fisica? Il tempo è la crescita di entropia, ossia la crescita del disordine.
L’entropia è la grandezza fisica che misura quanto è “disordinato” un determinato sistema fisico. La possibilità di “disordinarsi” corrisponde alla possibilità di una trasformazione spontanea, di una evoluzione verso una realtà più “disordinata”, diversa dalla precedente. La trasformazione corrisponde sempre ad un passaggio di energia che modifica il sistema aumentando complessivamente l’entropia.
Un processo in cui l’entropia aumenta si dice essere irreversibile quando il processo inverso è altamente improbabile (in sostanza non può accadere) come fenomeno spontaneo. Per questo l’aumento di entropia è ciò che identifica lo scorrere del tempo per come noi lo intendiamo.

Gli organismi biologici sono complessi sistemi termodinamici che si mantengono in equilibrio assumendo energia a bassa entropia e scaricando all’esterno energia a più alta entropia. L’entropia bassa che viene assunta serve per mantenere ad un valore costante l’entropia interna all’organismo che altrimenti tenderebbe spontaneamente a crescere portando alla morte.
Tutto ciò vale naturalmente anche per l’essere umano. Vale anche per la sua mente? È questa in fondo la vera domanda che si fa Rovelli con questo libro. Cos’è la mente umana? Perché l’essere umano ha un’idea di tempo? E in che cosa questa idea di tempo è diversa da quella degli animali (anch’essi hanno una memoria e hanno una cognizione dei concetti di causa ed effetto)? E come si concilia con l’irrilevanza del tempo per la fisica?
Rovelli afferma che noi esseri umani «disegniamo linee nel mondo, che lo dividono in parti; … le “cose” come i “concetti” sono punti fissi nella dinamica neuronale, indotti da strutture ricorrenti negli input sensoriali … (La nostra identità) è il riflesso dell’idea di noi che cogliamo nei nostri simili».
L’obiezione è immediata: la linea non esiste in natura. Come può un processo neuronale dedurne l’esistenza da una realtà se in quella realtà quella cosa non esiste? Inoltre l’affermazione che la nostra identità deriva da ciò che noi deduciamo che gli altri vedono in noi, al di là di ogni altra considerazione, elimina completamente la realtà del bambino. Prima che egli possa immaginare l’idea che gli altri hanno di lui passano certamente molti mesi. Che cos’è in quei mesi il bambino? Se non ha un’identità allora non è un essere umano! Manca l’idea che il pensiero umano non è solo quello razionale.

D’altra parte io credo che l’idea di fondo di Rovelli è corretta: per conoscere la realtà più profonda dell’universo, la natura più vera del tempo e dello spazio, è necessario conoscere in maniera profonda la realtà della mente dell’uomo. Per fare questo però è necessario superare le affermazioni della Bibbia, dei neuroscienziati e anche dei filosofi, come il citato Heidegger, che dimenticano, o meglio annullano completamente, che l’inizio della vita e della mente umana, è alla nascita, come teorizzato in Istinto di morte e conoscenza da Massimo Fagioli. E che perlomeno per un anno di vita l’essere umano non ha il pensiero razionale e tuttavia è un essere umano perché ha un’identità ben precisa. L’identità della nascita. L’inizio del tempo dell’essere umano è alla nascita, quando il primo stimolo luminoso, il primo fotone, determina la reazione della sostanza cerebrale, prima mai stimolata dalla luce. La reazione è la fantasia di sparizione: il mondo non esiste. Ma dato che evidentemente il mondo resta là dov’è, questa sparizione è una fantasia, è una operazione della mente. È un pensiero, il primo pensiero dell’essere umano! Questo pensiero è la fantasia di tornare alla situazione precedente, quando non c’era lo stimolo aggressivo, la luce. Ma dato che questo è il primo pensiero, il pensiero del prima non può essere un ricordo. È quindi una fantasia che è determinata dalla realtà biologica del corpo come realizzazione di una esperienza avuta senza pensiero, il rapporto con il liquido amniotico del feto nell’utero.

Fagioli la chiama memoria-fantasia. È una memoria perché è un pensiero su una realtà passata (il prima). È una fantasia perché non può essere un ricordo, la mente non esisteva ancora ma era esistente la sensibilità del corpo. Essa diventa certezza dell’esistenza di una realtà umana con cui poter avere rapporto – la “certezza che esista un seno” che è il poi ovvero l’idea che ci sarà un rapporto con un altro essere umano – perché simile a quella avuta prima di nascere e del tutto opposta alla realtà non umana aggressiva della luce e dell’aria.
La nascita è l’annullamento del presente che fa la creazione della memoria del passato e la fantasia del futuro.
La dinamica della nascita è la matrice di ogni possibilità di conoscenza. È il fondamento di ogni rapporto con gli altri che poi si avrà nella vita. Ed è anche la base della creatività umana. È ciò che fa l’idea del prima e del poi. È ciò che fa la memoria e la fantasia umana. Se vogliamo pensarla in termini fisici, la nascita umana, ovvero la comparsa della realtà psichica, è la ribellione della biologia umana all’ineluttabile destino della crescita di entropia del mondo materiale.

È la nascita del tempo dell’essere umano.

L’editoriale di Matteo Fago è tratto da Left in edicola


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