Nasce con l’intenzione di far conoscere autori come Petrov-Vodkin o Kustodiev (aduggiati dai grandi protagonisti dell’avanguardia russa) la mostra Revolutija Da Chagall a Malevich, da Repin a Kandinsky, che porta in Italia opere delmuseo di Stato di San Pietroburgo. Dal 12 dicembre al 13 maggio al MAMbo di Bologna sono esposte una settantina di opere prestate dallo storico museo russo. L’obiettivo dei due curatori - il vice direttore Evgenia Petrova e Joseph Kiblitsky - oltre a mettere in luce autori meno noti è raccontare le vivaci dinamiche di gruppo che animavano la ricerca, nei primi decenni del Novecento percorsi da una molteplicità di correnti in competizione per conquistare la ribalta e far diventare egemone la propria visione: fra loro cubo-futuristi, primitivisti, costruttivisti, suprematisti, fautori di un realismo magico alla Chagall oppure astrattisti che inseguivano l’utopia dell’arte totale come Kandinskij che, tuttavia, conservava solide radici nella tradizione folclorica russa. Nella effervescente dialettica di quegli anni, nei giorni della rivoluzione e poi ancora negli anni Venti e Trenta, sono moltissime le artiste con un ruolo di primo piano anche nella elaborazione teorica di una nuova estetica, improntata all’«uomo nuovo».
La mostra bolognese lo ricorda anche proponendo alcune celebri opere di Natalia Goncharova, tra le fondatrici del movimento raggista, come il celebre Ciclista 1913, che risente dell’influenza del futurismo italiano. La mostra Revolutija ha anche l’obiettivo di puntare i riflettori sugli antefatti della rivoluzione, raccontando la vicenda di artisti come Ilja Repin che, insieme a poeti, artisti e intellettuali, aveva preso parte alla rivoluzione democratico-borghese, socialisteggiante, del 1905 (brutalmente repressa dallo zar), come racconta l’opera intitolata 17 ottobre 1905, terminata nel 1911. Al Mambo sarà esposta insieme a Che libertà! del 1903, un dipinto in cui un uomo e una donna corrono a perdifiato lungo il mare. Gli abiti militari di lui e quelli eleganti di lei non impediscono ai due di tuffarsi nella gioia di una conquistata nuova libertà.
Per quanto il registro espressivo sia ancora realistico, nell’uso libero del colore si possono cogliere lontane assonanze con l’uso originalissimo che ne fece Kandinskij andando alla ricerca di timbri emotivi interiori. Accanto a sue “improvvisazioni” pittoriche, in mostra ci saranno fotografie e collage di Rodčenko e poi un video che ricrea progetto di Tatlin per il monumento della III Internazionale: una torre più grande della Eiffel e dell’Empire state building e con un «asse dinamico asimmetrico», come un cilindro in grado di ruotare intorno al proprio asse.
Molto ampia sarà anche la parte della mostra dedicata a Malevich. Ricostruendo il percorso che dall’avanguardia più ardita lo portò a tornare a raffigurare casette, quando ormai erano tempi di regime. Nei due anni precedenti alla rivoluzione del 1917 aveva abbandonato il realismo per un astrattismo che inneggiava alla pura sensibilità. Il quadrato, la croce e il cerchio (opere che saranno presenti al MAMBo) diventarono le sue nuove icone E «nella mostra 010 del dicembre 1915 - ricordano i curatori - il quadrato fu da lui esposto in un angolo della sala in alto, come si usava per le icone sacre nelle case della vecchia Russia». Per continuare il percorso
Nasce con l’intenzione di far conoscere autori come Petrov-Vodkin o Kustodiev (aduggiati dai grandi protagonisti dell’avanguardia russa) la mostra Revolutija Da Chagall a Malevich, da Repin a Kandinsky, che porta in Italia opere delmuseo di Stato di San Pietroburgo. Dal 12 dicembre al 13 maggio al MAMbo di Bologna sono esposte una settantina di opere prestate dallo storico museo russo. L’obiettivo dei due curatori – il vice direttore Evgenia Petrova e Joseph Kiblitsky – oltre a mettere in luce autori meno noti è raccontare le vivaci dinamiche di gruppo che animavano la ricerca, nei primi decenni del Novecento percorsi da una molteplicità di correnti in competizione per conquistare la ribalta e far diventare egemone la propria visione: fra loro cubo-futuristi, primitivisti, costruttivisti, suprematisti, fautori di un realismo magico alla Chagall oppure astrattisti che inseguivano l’utopia dell’arte totale come Kandinskij che, tuttavia, conservava solide radici nella tradizione folclorica russa. Nella effervescente dialettica di quegli anni, nei giorni della rivoluzione e poi ancora negli anni Venti e Trenta, sono moltissime le artiste con un ruolo di primo piano anche nella elaborazione teorica di una nuova estetica, improntata all’«uomo nuovo».
La mostra bolognese lo ricorda anche proponendo alcune celebri opere di Natalia Goncharova, tra le fondatrici del movimento raggista, come il celebre Ciclista 1913, che risente dell’influenza del futurismo italiano. La mostra Revolutija ha anche l’obiettivo di puntare i riflettori sugli antefatti della rivoluzione, raccontando la vicenda di artisti come Ilja Repin che, insieme a poeti, artisti e intellettuali, aveva preso parte alla rivoluzione democratico-borghese, socialisteggiante, del 1905 (brutalmente repressa dallo zar), come racconta l’opera intitolata 17 ottobre 1905, terminata nel 1911. Al Mambo sarà esposta insieme a Che libertà! del 1903, un dipinto in cui un uomo e una donna corrono a perdifiato lungo il mare. Gli abiti militari di lui e quelli eleganti di lei non impediscono ai due di tuffarsi nella gioia di una conquistata nuova libertà.
Per quanto il registro espressivo sia ancora realistico, nell’uso libero del colore si possono cogliere lontane assonanze con l’uso originalissimo che ne fece Kandinskij andando alla ricerca di timbri emotivi interiori. Accanto a sue “improvvisazioni” pittoriche, in mostra ci saranno fotografie e collage di Rodčenko e poi un video che ricrea progetto di Tatlin per il monumento della III Internazionale: una torre più grande della Eiffel e dell’Empire state building e con un «asse dinamico asimmetrico», come un cilindro in grado di ruotare intorno al proprio asse.
Molto ampia sarà anche la parte della mostra dedicata a Malevich. Ricostruendo il percorso che dall’avanguardia più ardita lo portò a tornare a raffigurare casette, quando ormai erano tempi di regime. Nei due anni precedenti alla rivoluzione del 1917 aveva abbandonato il realismo per un astrattismo che inneggiava alla pura sensibilità. Il quadrato, la croce e il cerchio (opere che saranno presenti al MAMBo) diventarono le sue nuove icone E «nella mostra 010 del dicembre 1915 – ricordano i curatori – il quadrato fu da lui esposto in un angolo della sala in alto, come si usava per le icone sacre nelle case della vecchia Russia».