Il piccolo siriano è rimasto ferito gravemente dopo un bombardamento a Goutha. La sua foto è diventata un simbolo e ha innescato una campagna virale. Ma oltre alla solidarietà servono aiuti concreti per una popolazione sotto assedio. Che muore di fame, di bombe e di malattia

Tre mesi e un occhio solo. Vicino Damasco, a Ghouta est. Non si conosce ancora il suo cognome, ma il bambino si chiama Karim ed è siriano. Dietro di lui, nel passato, ci sono le macerie di una casa che era sua ma ormai non vedrà mai più. La madre di Karim ha tentato di salvarlo portandolo da Al Qisa ad Hammouria, ma è morta sotto le bombe.

La foto del bambino ferito l’ha scattata il freelance Amer al-Mohilbany. Ora il mondo con la mano si copre un occhio per solidarietà, per dargli voce con un’immagine che da sola racconta la sua storia a pochi mesi di vita. #SolidarityWithKarim e #StandWithKarim sono hashtag ormai virali. Dalla Siria al mondo: fino alla redazione tedesca del Bild, all’Ida, associazione medica turca, a partire da tutti i bambini di Ghouta sotto assedio.

Karim ha il cranio inciso da una cicatrice, massacrato per colpa degli esplosivi governativi. Quando sua madre è morta il 29 ottobre, è stato trasferito all’ospedale, ma anche la struttura sanitaria è stata bombardata. Il ritratto del piccolo che ora tutti conoscono è un nuovo volto dei tanti che hanno rappresentato l’orrore commesso sui minori nei sei anni di conflitto in Siria.

Ghouta invece resiste dal 2013 sotto assedio, con i suoi 400mila abitanti intrappolati. Secondo la Croce Rossa, la situazione nell’area «è arrivata a un punto critico, la vita sta diventando lentamente impossibile», cinquecento persone sono in attesa di essere evacuate per le cattive condizioni di salute in cui versano. Manca benzina e acqua, medicine e vestiti caldi per l’inverno.

Per Karim le foto ritratto di solidarietà aumentano. Ne ha fatto uno anche Bana al Abed, una rifugiata siriana i cui video e blog sono stati visti ben oltre i confini della città di Aleppo in cui vive, dove i ribelli hanno combattuto contro le truppe di Assad nel 2016. Lo ha fatto soprattutto Matthew Rycroft, rappresentante permanente britannico alle Nazioni Unite. L’assedio a Ghouta est non permette che i rifornimenti di cibo e medicine arrivino in città, allo stesso tempo non permette l’evacuazione dei civili feriti dall’interno verso l’esterno.

«È solo a trenta minuti da Damasco, è una questione di vita o di morte» ha detto Rycroft, ribadendo che la Russia dovrebbe influenzare il governo siriano per accettare il piano di trasferimento e rifornimento. E dopo, per Karim, si è coperto l’occhio con la mano.