La discriminazione nei confronti degli atei non si arresta. Anzi. In alcune zone del mondo è diventata addirittura sistematica secondo il Freedom of thought report 2017 pubblicato dalla Iheu. Proprio mentre si registra un forte aumento demografico della popolazione non-credente a livello globale

Un ampio meccanismo di discriminazione nei confronti dei non-credenti è all’opera a livello globale»: è questo il dato fondamentale che emerge dal Freedom of Thought Report 2017, nelle parole del suo editor, Bob Churchill.
Presentato lo scorso 5 dicembre al Parlamento Europeo di Bruxelles, il report è pubblicato dalla International Humanist and Ethical Union (Iheu), organizzazione che annovera tra i suoi obiettivi principali proprio la difesa dei diritti dei non-credenti nel mondo. Diritti che negli ultimi anni sono stati bersaglio di un pesante attacco da parte di società e governi più o meno fondamentalisti, in molte zone del mondo. Il tutto nonostante si registri, a livello globale, un generale aumento demografico della popolazione non-religiosa, come vedremo più avanti.
Lo scenario tracciato dalla Iheu nel suo report è preoccupante. Il primo dato che desta scalpore è il seguente: negli ultimi 12 mesi sette paesi nel mondo hanno perseguitato attivamente atei e umanisti. Parliamo di omicidi, linciaggi, rapimenti; di caccia alle streghe governative; di condanne a morte per “apostasia”.

In India, ad esempio, la notte del 14 marzo un giovane razionalista di 31 anni, H Farook, è stato ucciso da quattro assalitori, i quali, secondo le indagini della polizia, avrebbero voluto punirlo per aver criticato la religione su Facebook e in un gruppo Whatsapp del quale era amministratore. Ad aprile, in Pakistan, uno studente di soli 23 anni, Mashal Khan – nickname su Facebook: “the Humanist” – è stato letteralmente massacrato da centinaia di compagni d’università davanti agli occhi inermi della polizia e alle decine di smartphone che hanno ripreso il massacro in presa diretta – i video sono ancora visibili online. La colpa di Mashal? Aver condiviso sui social messaggi ritenuti «blasfemi», come blasfema era forse la scritta che ancora campeggia sul muro della sua stanza: «la libertà è un diritto di ogni individuo». Lo scorso agosto, poi, in Malesia, il governo ha annunciato una vera e propria caccia all’ateo dopo che una foto del meet-up Atheist Republic di Kuala Lumpur è diventata virale online, con tanto di conferenza stampa del ministro Shahidan Kassim che ha invitato le autorità malesiane a «scovare» (hunt down) questi gruppi, poiché, a suo dire, gli atei andrebbero «contro la Costituzione e i diritti umani».

Altro dato importante del report della Iheu: in 12 paesi l’apostasia – ovvero l’atto di abbandonare o cambiare religione – è punibile con la pena di morte. Questi Paesi sono…

L’articolo di Giovanni Gaetani prosegue su Left in edicola


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