Più di Trump e l’ambasciata Usa, i problemi per i palestinesi di Gerusalemme sono altri. In primis, la lesione quotidiana dei più elementari diritti: si materializza in ispezioni di ogni sorta, persino dentro le camere da letto. Ecco le testimonianze raccolte dallo scrittore algerino

«Molti parlano di colpo fatale portato al processo di pace dalla decisione di Donald Trump di trasferire l’ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme. Ma quale processo di pace? C’è mai stato un processo di pace? È pura ipocrisia», dice perentorio Walid, palestinese di Silwan, un quartiere di Gerusalemme est, raggiunto via Skype.

Walid, amaro, aggiunge: «Parliamo invece della sofferenza quotidiana dei palestinesi di Gerusalemme di cui nessun mai parla. Di geopolitica tutti parlano, ma della vita quotidiana c’è la totale omertà. Prima del 1947, la totalità di Gerusalemme era palestinese. Dopo il piano di partizione della Palestina delle Nazioni unite, lo stesso anno, l’Onu ha dato a Gerusalemme lo status di zona internazionale. Israele ha invaso Gerusalemme ovest e ha stabilito una frontiera di fatto chiamata Linea verde, cacciando migliaia di palestinesi da questa parte della città. Nel 1967, Israele ha occupato e poi annesso Gerusalemme est. L’occupazione e l’annessione di Gerusalemme est sono illegali secondo il diritto internazionale. I palestinesi che vivono a Gerusalemme est non hanno la cittadinanza israeliana. Dopo l’annessione, lo Stato israeliano ha effettuato un censimento di questa zona e ha concesso la residenza permanente a tutte le persone che si trovavano lì in quel momento. Le persone costrette dalla guerra a fuggire dalla città, hanno perso irrimediabilmente e da un giorno all’altro, il loro diritto di risiedervi. Nella loro città. La vita dei residenti permanenti (ufficialmente chiamati “residenti stranieri”), dipende dal cosiddetto “Center of life policy” introdotto nel 1995. I palestinesi devono provare costantemente che vivono in modo continuativo a Gerusalemme: devono radunare, conservare e esibire un mucchio di documenti, bollette della luce e dell’acqua, moduli di iscrizione a scuola, ricette mediche, ecc. pena la revoca della residenza».

Ma non basta racimolare e presentare questi documenti. «Una volta trasmessi al ministero dell’Interno – prosegue Walid – questi documenti vengono esaminati scrupolosamente e poi vengono organizzate dall’amministrazione visite a sorpresa per ulteriori accertamenti. Queste visite possono essere particolarmente crudeli: gli importi relativi al consumo di elettricità vengono scrupolosamente passati al vaglio, gli ispettori possono…

L’articolo di Tahar Lamri prosegue su Left in edicola


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