Chissà se un giorno qualcuno avrà la voglia di mettere il naso (e magari anche le mani) negli accordicchi delle concessioni autostradali che anche quest’anno, puntuali come una festività obbligata, hanno beneficiato di un ricco regalo di governo sulla base di piani economici che qui da noi, chissà perché, sembra impossibile riuscire a visionare.
Il tragicomico balletto vede da una parte i concessionari giustificarsi dicendo che gli aumenti “non dipendono da loro ma dalle direttive nazionali” mentre dall’altra, avvinghiati come ci si avvinghia per ballare un lento, il governo risponde che “gli aumenti dipendono dai piani d’investimento delle concessionarie” che (guarda un po’) sono coperti da segreto di Stato. Avete letto bene: le carte che riguardano la gestione delle nostre strade (già lautamente pagate con soldi pubblici) non sono consultabili nonostante l’authority dei Trasporti abbia chiesto più volte di renderli pubblici e nonostante negli altri Paesi europei siano facilmente controllabili (in Francia sono addirittura pubblicati online, per dire).
Così non sapremo mai perché costerà il 53% in più percorrere il tratto stradale che porta da Aosta a Morgex, non sapremo nulla sul +13,9% della Milano Serravalle e niente ci sarà spiegato sul 12,8% di aumento della Strada dei Parchi. Niente, come se il prezzo della mobilità (in un Paese in cui il pessimo trasporto pubblico forza all’uso dell’automobile circa l’80% dei pendolari) fosse una questione che interessa solo lo Stato e la nebulosa giungla dei concessionari (che da noi sono 27, altro pessimo record europeo).
Nonostante i ricorsi e i controricorsi la querelle tra Stato e gestori delle autostrade tutti gli anni si risolve in un’amichevole intesa che pesa tutta sulle tasche dei contribuenti senza nessuna spiegazione logica: le autostrade sono l’ennesima bolla in cui le posizioni di rendita fruttano senza che nessuno s’incuriosisca troppo. E chissà se qualcuno si ricorda della sventolata minaccia di numerosi licenziamenti che i gestori hanno usato per ottenere l’innalzamento al 40% della quota di lavori eseguibili “in house” (cioè senza gara, senza trasparenza) nonostante le norme anticorruzione consigliassero il contrario.
E così anche gestire un’autostrada vuota (come le geniali autostrade lombarde volute da Formigoni) alla fine diventa un affare. Ovviamente per loro. Sempre per loro.
Buon mercoledì.