Eredi di un padre assassino e di una madre assassinata, sono orfani due volte. E sono orfani speciali, rimasti soli con modalità che lasciano il segno. Se ne contano oltre 1.600 in Italia. Spettatori silenti di un crimine tanto efferato, sono la parte dimenticata che ha pagato il prezzo più alto. Vittime collaterali alle quali, oggi, lo Stato restituisce una presenza, garantendone diritti finora negati. Perché dal 21 dicembre scorso, con la licenza definitiva del Senato – 165 favorevoli, 5 contrari e un astenuto – sono finalmente tutelati dalla legge in favore degli orfani per crimini domestici. Nata dal lavoro di Anna Maria Busia, avvocato e consigliera regionale della Sardegna, la riforma è frutto di una battaglia di sensibilizzazione intrapresa seguendo un caso concreto, quello di Vanessa Mele, la cui mamma è stata uccisa, a Nuoro nel dicembre del 1998, per mano del marito. «Ho pensato e scritto materialmente le modifiche al codice civile e penale sul tema, osservando l’insorgere di una serie di problematiche: per il mantenimento di Vanessa (che all’epoca dei fatti, aveva sei anni), per il suo affido, per il risarcimento dei danni», racconta a Left, Busia. Che continua: «In sedici anni abbiamo intrapreso una decina di procedimenti penali per ottenere queste cose. Perché, prima che io redigessi queste norme, nel nostro sistema penale non era previsto l’automatismo dell’esclusione dall’asse ereditario». Evidenti storture, burocrazia lenta e anni passati senza risposte fanno scoprire ad Anna Maria Busia «una costante di questi uxoricidi: nessuno vuole provvedere al mantenimento dei figli rimasti. Perché, è noto a tutti, ormai, che raptus non è, alla base c’è un piano distruttivo e quindi una volontà che ha a oggetto anche i beni famigliari». D’ora in poi, però, annullare con la più cieca violenza il nucleo di affetti e di sicurezze avrà delle conseguenze certe e le pretese dei padri uxoricidi saranno fermate senza l’intervento del giudice. Dall’approvazione di questa legge, infatti, il pubblico ministero procederà automaticamente al sequestro conservativo dei beni per evitare, nel frattempo, il depauperamento del patrimonio, e alla loro confisca a condanna avvenuta. Saranno garantiti un automatismo anche dell’indegnità a succedere e la sospensione immediata, non corrisposta nemmeno in via provvisoria, della pensione di reversibilità. Sarà riconosciuto subito il 50 per cento del presumibile danno, accertato successivamente. Ai figli vittime di crimini domestici verrà assicurato il gratuito patrocinio per i procedimenti penali e civili derivanti dal reato subìto, potranno cambiare il cognome ed essere affidati, privilegiando la continuità delle relazioni affettive consolidatesi tra il minore e i parenti fino al terzo grado, snellendo tutte le forme, istituti farraginosi, di affido e di adozione. Siccome «siamo di fronte ad una situazione eccezionale – spiega Annamaria Busia – perché questi minori si portano dentro una violenza estrema e crescono con un'idea di rapporto che va trattata adeguatamente», la legge prevede, pure, un’assistenza gratuita medico-psicologica, a carico del Sistema sanitario nazionale, per tutto il tempo necessario al recupero. Così come «devono essere supportati i genitori affidatari, carichi anche loro di dolore, per poter sostenere i bambini feriti da quella inaudita violenza». E, oltre ai risultati giuridici raggiunti, questa legge rompe quel solidissimo tabù culturale che è la negazione dell’esistenza della violenza domestica. «Sono convinta – conclude Anna Maria Busia – che questa riforma porti due cose: la prima, il cambiamento dell’impostazione del nostro sistema penale che è tutto orientato alla punizione del reo senza considerare le vittime mentre questo complesso di norme è finalizzato proprio a occuparsi di loro; poi, un’efficacia deterrente perché a chi ha in mente di pianificare, premeditandolo, questo genere di omicidio si presenta un ostacolo in più consistente nel vedere che, nonostante il suo disegno criminale, nulla cambierebbe». La battaglia di Vanessa è vinta: dove è servita una causa legale per diseredare l’assassino di sua madre, adesso, agli altri orfani speciali, ci pensa la legge.

Eredi di un padre assassino e di una madre assassinata, sono orfani due volte. E sono orfani speciali, rimasti soli con modalità che lasciano il segno. Se ne contano oltre 1.600 in Italia. Spettatori silenti di un crimine tanto efferato, sono la parte dimenticata che ha pagato il prezzo più alto. Vittime collaterali alle quali, oggi, lo Stato restituisce una presenza, garantendone diritti finora negati. Perché dal 21 dicembre scorso, con la licenza definitiva del Senato – 165 favorevoli, 5 contrari e un astenuto – sono finalmente tutelati dalla legge in favore degli orfani per crimini domestici. Nata dal lavoro di Anna Maria Busia, avvocato e consigliera regionale della Sardegna, la riforma è frutto di una battaglia di sensibilizzazione intrapresa seguendo un caso concreto, quello di Vanessa Mele, la cui mamma è stata uccisa, a Nuoro nel dicembre del 1998, per mano del marito.

«Ho pensato e scritto materialmente le modifiche al codice civile e penale sul tema, osservando l’insorgere di una serie di problematiche: per il mantenimento di Vanessa (che all’epoca dei fatti, aveva sei anni), per il suo affido, per il risarcimento dei danni», racconta a Left, Busia. Che continua: «In sedici anni abbiamo intrapreso una decina di procedimenti penali per ottenere queste cose. Perché, prima che io redigessi queste norme, nel nostro sistema penale non era previsto l’automatismo dell’esclusione dall’asse ereditario». Evidenti storture, burocrazia lenta e anni passati senza risposte fanno scoprire ad Anna Maria Busia «una costante di questi uxoricidi: nessuno vuole provvedere al mantenimento dei figli rimasti. Perché, è noto a tutti, ormai, che raptus non è, alla base c’è un piano distruttivo e quindi una volontà che ha a oggetto anche i beni famigliari».

D’ora in poi, però, annullare con la più cieca violenza il nucleo di affetti e di sicurezze avrà delle conseguenze certe e le pretese dei padri uxoricidi saranno fermate senza l’intervento del giudice. Dall’approvazione di questa legge, infatti, il pubblico ministero procederà automaticamente al sequestro conservativo dei beni per evitare, nel frattempo, il depauperamento del patrimonio, e alla loro confisca a condanna avvenuta. Saranno garantiti un automatismo anche dell’indegnità a succedere e la sospensione immediata, non corrisposta nemmeno in via provvisoria, della pensione di reversibilità. Sarà riconosciuto subito il 50 per cento del presumibile danno, accertato successivamente. Ai figli vittime di crimini domestici verrà assicurato il gratuito patrocinio per i procedimenti penali e civili derivanti dal reato subìto, potranno cambiare il cognome ed essere affidati, privilegiando la continuità delle relazioni affettive consolidatesi tra il minore e i parenti fino al terzo grado, snellendo tutte le forme, istituti farraginosi, di affido e di adozione.

Siccome «siamo di fronte ad una situazione eccezionale – spiega Annamaria Busia – perché questi minori si portano dentro una violenza estrema e crescono con un’idea di rapporto che va trattata adeguatamente», la legge prevede, pure, un’assistenza gratuita medico-psicologica, a carico del Sistema sanitario nazionale, per tutto il tempo necessario al recupero. Così come «devono essere supportati i genitori affidatari, carichi anche loro di dolore, per poter sostenere i bambini feriti da quella inaudita violenza».

E, oltre ai risultati giuridici raggiunti, questa legge rompe quel solidissimo tabù culturale che è la negazione dell’esistenza della violenza domestica. «Sono convinta – conclude Anna Maria Busia – che questa riforma porti due cose: la prima, il cambiamento dell’impostazione del nostro sistema penale che è tutto orientato alla punizione del reo senza considerare le vittime mentre questo complesso di norme è finalizzato proprio a occuparsi di loro; poi, un’efficacia deterrente perché a chi ha in mente di pianificare, premeditandolo, questo genere di omicidio si presenta un ostacolo in più consistente nel vedere che, nonostante il suo disegno criminale, nulla cambierebbe».

La battaglia di Vanessa è vinta: dove è servita una causa legale per diseredare l’assassino di sua madre, adesso, agli altri orfani speciali, ci pensa la legge.