Chi aveva combattuto per la giustizia e l’aveva ottenuta, ha pagato nell’Ucraina 2018 con la morte. I funerali dell’attivista e avvocato di 38 anni, Irina Nozdrovska, di cui Left ha già scritto, si sono svolti ieri nel sul villaggio natale, Demydiv, in Ucraina.
Irina è riuscita a vedere l’omicida di sua sorella Svetlana – investita nel settembre 2015 – dietro le sbarre, ma non vedrà l’arresto del suo assassino, che l’ha pugnalata e gettata da un ponte senza vestiti nel paesino a nord di Kiev, dove abitavano i suoi genitori. Il suo corpo tumefatto e pallido galleggiava nel fiume della capitale quando è stato ritrovato pochi giorni fa, il primo giorno del nuovo anno. Quando Dmytro Rossoshansky, nipote del giudice della corte Sergey Kurprienko, è stato arrestato, gli è stato dato il tempo di tornare sobrio per testimoniare, grazie a una tangente pagata alla polizia. La tangente è stata pagata da un uomo che lavorava per suo zio, il giudice della corte del distretto. Dmytro, che consumava abitualmente stupefacenti, era ubriaco alla guida quando ha investito Svetlana e invece di chiamare la polizia, davanti al suo corpo, aveva digitato il numero di suo zio.
Irina si era battuta anche per far cambiare la corte che lo avrebbe giudicato. «Vincerò questo caso a costo della mia vita» aveva detto, prima che la sentenza contro Dmytro fosse emessa il 27 dicembre 2017. Irina aveva vinto, l’omicida di sua sorella sarebbe rimasto dietro le sbarre, ma è stato il padre di Dmytro, Yuri, a toglierle la vittoria, la giustizia e la vita, almeno secondo i giudici che lo hanno arrestato come sospetto. Ora i due Rossoshansky sono nella stessa prigione per l’omicidio di due sorelle della famiglia Nozdrovska.
Irina, che è diventata un simbolo della lotta per la giustizia nel Paese, è nei titoli di tutti i media e televisioni dello Stato di Poroshenko che non riesce a controllare il sistema della giustizia del suo Paese, nonostante i 718 milioni di dollari di aiuti dati dall’Unione Europea per stabilire e organizzare una corte anti-corruzione, che nel Paese rimane dilagante. Secondo un recente sondaggio, solo lo 0,5 % della popolazione ucraina ha fiducia nei suoi giudici e nel sistema della giustizia.
La nuova corte anti corruzione avrebbe dovuto mettere fine alla “giustizia telefonica”, retaggio di quel mondo sovietico, in cui bastava la telefonata di un politico per uscire dal carcere senza pena. Al funerale di Irina, dove anche chi non la conosceva di persona ha partecipato, sua figlia ha detto: «mia madre era una combattente, e voleva che lo fossi anche io».