Regista di opere pensate in ogni dettaglio diceva che il cinema o è documento o è sogno. E questa era la grande sfida, la scelta coraggiosa che ammirava in Tarkovskij. La sua arte in dieci parole chiave

Nel segno di Bergman. A cent’anni dalla nascita del regista svedese sono tantissime le rassegne e le occasioni per rivedere le sue opere. La prima è già dietro l’angolo. Dal 18 gennaio al 4 marzo nel Palazzo delle esposizioni a Roma si svolgerà la rassegna Bergman 100, omaggio al grande maestro. Con cadenza giornaliera verranno proposti al pubblico molti suoi lavori. Nato il 14 luglio del 1918 a Uppsala è stato regista, sceneggiatore, drammaturgo, scrittore, direttore artistico di alcuni dei più prestigiosi teatri svedesi e produttore cinematografico.

Creatività inesauribile: quarantatré lungometraggi, sedici film per la televisione, sei cortometraggi, regie per il teatro e la lirica, regie radiofoniche e alcune sceneggiature riprese dai suoi epigoni. Bergman non è solo un discorso sul modo di fare cinema, l’audace singolarità delle storie messe in scena, la personale capacità di rappresentazione del visibile e dell’invisibile o la formidabile direzione artistica degli attori, ma un universo complesso, percorso da autocritiche feroci, progressioni, crisi, slittamenti, in cui estetica e visione del mondo, sehnsucht e streben, purezza geometrica delle forme e tensione dolorosa degli affetti, rarefazione e concretezza fisica raggiungono straordinarie accensioni e sconvolgenti picchi emotivi. Cercare di perimetrarne la genialità o anche solo sintetizzarne la densità semantica è un’operazione fallimentare in partenza. Solo un po’ di spazio ad alcune…

L’articolo di Daniela Ceselli prosegue su Left in edicola


SOMMARIO ACQUISTA