Ogni discussione sui diritti, qualsiasi diritto, è interessante perché più di tutto racconta le persone che ne parlano. C’è chi li difende a spada tratta, con la mente e il cuore larghissimi, consapevole che un diritto non può mai fare male se non va a ledere quelli degli altri. Sono persone che profumano di buono, di solito: di quel buono che qualcuno vorrebbe mandare fuori moda e invece è il profumo della compassione, dell’essere capaci di patire insieme anche i patimenti che ci appaiono più distanti.
Poi ci sono quelli convinti che cedere un diritto a qualcuno sia un loro nuovo dovere o una pericolosa innovazione. Di solito sono coloro che non hanno chiaro che spesso i diritti sono quelli degli altri poiché se c’è il bisogno di stabilirli è perché riguardano una minoranza che altrimenti difficilmente potrebbe avere voce. Spesso gli oppositori ai diritti (degli altri) hanno bisogno di capire, imparare ad ascoltare e essere ascoltati. È comunque una bella sfida per chi crede nel dialogo. Sempre.
Poi ci sono quelli che di diritti non sanno proprio parlare: non lo sanno fare perché sono assolutamente incapaci di elaborare soluzioni e allora fremono nel distruggere quelle proposte dagli altri. Non sanno parlare di diritti perché sono incapaci di capire, imparare ad ascoltare e essere ascoltati e allora preferiscono suonare le corde peggiori rinunciando a parlare all’intelligenza o al sentimento e preferendo fare il solletico ai tendini, allo stomaco o agli organi più banali dei loro elettori. E siccome non sanno parlare di diritti provano a farsi notare proponendo di togliere quelli esistenti, giusto per farsi notare, solo per alzare un po’ di polvere.
Ieri Salvini, Meloni e compagnia cantante hanno esagerato (al solito) con la becera propaganda e hanno proposto (prima di fare una timida marcia indietro) di togliere le unioni civili. In parole povere: hanno proposto di cancellare famiglie che già esistono.
Ed è una tragica comicità. Da irresponsabili.
Buon martedì.